Nel 2023 Cecilia Sala ha spiegato la differenza tra paura e panico per i reporter di guerra, in un'intervista Carlotta Vagnoli nel format Basement Café, realizzato da Lavazza.
"C'è una differenza fondamentale tra paura e panico. La paura, in certe situazioni, è utile perché ti protegge, aiuta a concentrarti, a migliorare udito e vista, riducendo il rischio di farti del male, ti evita il pericolo. Il panico, invece, ti rende più pericolosa per te stessa rispetto alla situazione in cui ti trovi". (Il Giornale d'Italia)
Lorenzo Santucci, La colpa di dar voce alle donne iraniane. Cecilia Sala, le storie, l'arresto senza accuse, l'isolamento a Evin
Huffington Post, 27 dicembre 2024
Nell'ultimo post su Instagram, Cecilia Sala racconta di aver "incontrato una persona a cui ho voluto bene da lontano per anni. Si chiama Zeinab Musavi, è la stand up comedian più famosa d’Iran. È stata arrestata per le parole, pronunciate da una maschera, uno dei personaggi dei suoi sketch". È datato 18 dicembre, un giorno prima che la giornalista italiana venisse arrestata e rinchiusa in una cella di isolamento nel carcere di Evin, il simbolo della repressione del regime iraniano, senza alcun capo d'accusa.
Contattato da Huffpost, il direttore di Chora Media, Mario Calabresi, premette subito che c'è un vincolo al massimo riserbo per non interferire con il lavoro delle autorità, ma ci tiene a sottolineare è che nella trasferta iraniana di Cecilia Sala “non c'è stata improvvisazione: non è una freelance, ma è regolarmente assunta da Chora, viaggia con tutte le cautele ed è entrata in Iran in accordo con le autorità, in modo regolare e trasparente”. Può sembrare una banalità, ma non lo è. Certo, in alcuni posti del mondo, di cui la Repubblica islamica fa parte, le precauzioni per la stampa non sono mai abbastanza. Malgrado la giovane età (29 anni), Sala ha già un lungo curriculum di terre di crisi e di conflitto raggiunte per raccontare le sue storie: Venezuela, Cile, Iran, Sudan, Ucraina, Israele, sono soltanto alcune delle crisi che la giornalista romana ha seguito in prima persona, sul campo.
Cecilia Sala era atterrata a Teheran il 12 dicembre con un visto di otto giorni. Il suo arrivo viene testimoniato con una foto postata sui social, con tanto di dedica: "Mi era mancato il tuo smog". Chi ha lavorato con lei, sa quanto l'Iran le fosse entrato dentro, anche e soprattutto per il coraggio della sua gente, in particolar modo quello dimostrato dalle donne, raccontato nei suoi podcast, nei reportage e anche nel suo libro "L'incendio" (Mondadori). A spingerla di nuovo in Iran è il momento storico che sta vivendo il paese. La resistenza della popolazione sta costringendo il regime ad alcune concessioni, come il passo indietro della legge sull'hijab, per paura che scatenasse la disobbedienza civile, il permesso medico concesso alla più celebre prigioniera del carcere di Evin, la premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, oppure il rilancio della cantante senza velo Parastoo Ahmadi, oppure ancora con la riapertura di GooglePlay e Whatsapp che erano stati bloccati due anni fa, dopo l'uccisione di Mahsa Amini.
Otto giorni per raccogliere storie, Cecilia Sala aveva già dedicato all'Iran tre puntate del suo podcast quotidiano – Stories, prodotto da Chora Media - e aveva altro materiale. La prima, “Una conversazione sul patriarcato a Teheran”, con protagonista la ventunenne Diba, giovane studentessa dai capelli tinti di rosso, scappata di casa due anni fa contro la volontà del padre durante le proteste che hanno scosso l'Iran. La seconda, “L’album di famiglia dell’Asse della resistenza”, a casa di Hossein Kanaani, uno dei fondatori dei pasdaran, per raccontarle il nuovo Medio Oriente alla luce dell'indebolimento dei vari proxy dell'Iran. La terza, “Lei fa così ridere che le hanno tolto Instagram. Teheran comedy”, è la storia della giovane Musavi, silenziata e condannata dal governo per le sue battute considerate blasfeme. L’episodio era uscito sulle varie piattaforme quarantotto ore prima della partenza dell’aereo che avrebbe dovuto riportare Sala in Italia, il 20 dicembre, su cui non è mai salita.
“Sarebbe dovuta rientrare a Roma il 20 dicembre, ma la mattina del 19, dopo uno scambio di messaggi, il suo telefono è diventato muto”, si legge nel comunicato di Chora Media che ricostruisce i fatti dell'ultima settimana. “Conoscendo Cecilia – scrivono dalla sua redazione – che ha sempre mandato le registrazioni per le puntate del podcast con estrema puntualità anche dal fronte ucraino nei momenti più difficili, ci siamo preoccupati e, insieme al suo compagno, il giornalista del Post Daniele Rainieri, abbiamo allertato l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri. Abbiamo chiamato i suoi contatti iraniani, ma nessuno sapeva dove fosse finita. La mattina di venerdì non si è imbarcata sul volo di ritorno e la situazione si è fatta ancora più angosciante. Poche ore più tardi il suo telefono si è riacceso: Cecilia ha chiamato sua madre e le ha detto che era stata arrestata, portata in carcere e che aveva avuto il permesso di fare una breve telefonata. Non ha potuto dire altro”. Alla domanda su dove si trovasse e quale fosse la ragione dell’arresto, ha risposto: “Non posso”.
Da allora le autorità italiane si sono attivate per capire cosa fosse successo e per far tornare a casa la giornalista. Stamattina, otto giorni dopo il fermo, l’ambasciatrice in Iran Paola Amadei ha potuto vederla per constatare le sue condizioni. Le ha portato le ha portato vestiti, cibo, libri e prodotti per l'igiene personale, e sta facendo il possibile perché gliele facciano avere, mentre si lavora per il suo rilascio. "Sta bene, è detenuta in isolamento in una situazione tranquilla", spiega il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che invita tutti alla "massima riservatezza" sulla vicenda. Manca un capo d'accusa. “Fin dal primo giorno, da quando è arrivata la notizia dell’inaccettabile arresto, tutto il governo si è mosso per farla liberare”, sottolinea il ministro della Difesa, Guido Crosetto, “ogni persona che poteva e può essere utile per ottenere questo obiettivo si è messa al lavoro. Le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare ma solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello”, ha aggiunto promettendo che "si sta seguendo ogni strada”.
Nel mettere insieme le poche informazioni a disposizione, viene messo in evidenza un elemento. Nelle due chiamate che Sala ha potuto effettuare, una alla madre e una al compagno e collega Daniele Raineri, ha riferito di stare bene, di non essere ferita. Tuttavia, alcune parole pronunciate sembravano essere tradotte dall’inglese, suonavano innaturali nella lingua italiana. Da qui l’impressione che la giornalista sia stata costretta a leggere un testo già scritto. "Cecilia è una giornalista forte e coraggiosa ma è sconvolta di stare in carcere", spiega Calabresi.
Il fatto che Sala sia stata portata a Evin è altrettanto rilevante. Il carcere, che si trova nell’omonimo quartiere di Teheran, è noto per essere il luogo in cui vengono rinchiusi gli oppositori del regime degli ayatollah. A finirci dentro sono dissidenti politici, attivisti di ogni genere ma anche comuni cittadini - nel 2022 anche la travel blogger italiana Alessio Piperno -, molti dei quali arrestati durante l’ondata di proteste scaturita dalla morte di Masha Amini. Il 15 ottobre 2022 lo scoppio di un incendio sembrava l’inizio di una rivolta carceraria ma, come scritto anche da Amnesty International, sembrava essere un modo utilizzato dalle autorità per perpetrare uccisioni, torture e altre violenze. È in quell’inferno che è stata rinchiusa Sala, al momento senza un’accusa se non quella di svolgere il proprio ruolo di giornalista.
Giuliano Ferrara, Vita, donna e libertà: Cecilia Sala e le sue sorelle d'avventura
Il Foglio, 30 dicembre 2024
belfagor: L'inutile esercito siriano (machiave.blogspot.com)
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