Marco Maurizi, La filosofia e il suo altro. Adorno lettore di Hegel
Dialegesthai, 4 aprile 2001
La filosofia e il suo altro. Questa frase esprime, in sintesi e in tutta la sua paradossalità, il contributo più importante di Adorno alla filosofia come disciplina. La filosofia e il suo altro: pensare, attraverso il pensiero, ciò che pensiero non è. Per Adorno il compito più importante che la filosofia deve prefiggersi è certo quello di pensare l’alterità e la differenza; tale assunto, per altro oggi pacifico ai più, assume in Adorno un aspetto tragico. All’interno della prospettiva adorniana, infatti, sembra quasi impossibile pensare radicalmente l’altro, sfuggire all’incantesimo che chiude il pensiero in se stesso. Ciò che venne visto come il carattere infinitamente positivo del pensiero dall’idealismo, il suo radicarsi nell’Identità, diviene in Adorno condanna, incapacità di uscire dalla gabbia che il pensiero tesse attorno alle cose. E tuttavia, questa la scommessa di Adorno, al pensiero, e solo al pensiero, è affidato il compito di salvare l’alterità radicale e, alla fine, di renderla possibile. Lo schema di questa possibile salvezza è curiosamente custodito tra le pagine del pensatore moderno che più di ogni altro è stato accusato di assoggettare la differenza ad un ordine violento ed onnipervasivo: Hegel.
Se si volesse riassumere drasticamente il debito di Adorno nei confronti di Hegel si avrebbe a disposizione una sola parola: quella “dialettica” che accompagnò il pensiero di Adorno dal libro sull’Aufklärung del 1941 fino alla fine della sua vita. Se ora volessimo illuminare in parte il modello adorniano di dialettica saremmo costretti a prendere in esame l’interpretazione che Adorno dà di Hegel in tutta la sua portata. Altrettanto importante, infatti, dell’eredità hegeliana nel linguaggio e nel modo di concepire la filosofia per Adorno è comprendere come e perché Adorno si distacca da Hegel proponendo uno schema alternativo di dialettica. Da un punto di vista strettamente gnoseologico la concezione adorniana della dialettica manifesta un profondo debito anche nei confronti di Kant, la sua teoria della conoscenza si muove costantemente tra questi due poli, riconoscendo — con Hegel — l’intreccio costitutivo di soggetto e oggetto e — con Kant — la persistente presenza di un residuo che impedisce al soggetto di ridurre a sé l’oggetto.
Th.W. Adorno, Negative Dialektik, in Gesammelte Schriften, Suhrkamp Verlag, Frankfur am Main 1986, Vol. 6, p. 145.
Di fatto la dialettica non è né soltanto metodo né qualcosa di reale nel senso dell’intelletto ingenuo. Non un metodo: infatti la cosa inconciliata, cui manca proprio quell’identità, che il pensiero surroga, è contraddittoria e si chiude ad ogni tentativo di una sua interpretazione. Essa, e non l’impulso organizzativo del pensiero, spinge verso la dialettica. Non un semplicemente reale: infatti la contraddizione è una categoria della riflessione, il confronto pensante tra concetto e cosa. Dialettica come procedimento significa pensare in contraddizioni in forza della contraddizione esperita nella cosa e contro di essa. Contraddizione nella realtà, essa è contraddizione contro questa. Ma tale dialettica non si può conciliare con Hegel. Il suo movimento non tende all’identità nella differenza di ogni oggetto dal suo concetto; piuttosto essa ha in sospetto l’identico. La sua logica è logica della disgregazione, nella forma costruita e oggettivizzata dei concetti, che il soggetto conoscente ha immediatamente di fronte a sé. La loro identità con il soggetto è la non verità. Con essa la preformazione soggettiva del fenomeno si insinua davanti al non identico, all’individuum ineffabile.
Marco Maurizi, La filosofia e il suo altro. Adorno lettore di Hegel - Dialegesthai (mondodomani.org)
Theodor W. Adorno, Minima moralia, traduzione di Renato Solmi, Einaudi, Torino 1954, pp. 147-152.
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