Umberto Eco
Che cos'è un intellettuale?
A questa domanda, non c'è bisogno di gironzolare tra le definizioni concordate. Basta ascoltare la voce profonda e illuminante di Umberto Eco, la cui risposta attraversa il tempo con la forza dell'evidenza:
Come definirebbe il termine intellettuale?
Con la lucidità di un uomo saggio, Eco spazza via i luoghi comuni:
"Se per intellettuale intendiamo chiunque lavori con la testa e non con le mani, allora un impiegato di banca sarebbe un intellettuale, e Michelangelo non lo sarebbe".
Questa osservazione, graffiante e luminosa, ribalta le prospettive. Oggi, con la generalizzazione dei computer, tutti potrebbero rivendicare il titolo di intellettuali. Ma, per Eco, la distinzione non si basa né sulla professione né sulla classe sociale.
"Per me, un intellettuale è colui che produce nuova conoscenza mobilitando la sua creatività."
Così, il campo dell'intellettuale si allarga a orizzonti inaspettati. L'agricoltore che, con un gesto visionario, immagina un nuovo innesto capace di generare nuovi frutti, è un autentico creatore di conoscenza. D'altra parte, il professore di filosofia, per quanto erudito possa essere, che si limita a ripetere, anno dopo anno, lo stesso corso su Heidegger, è privato di questo titolo.
La chiave di questa differenza? Creatività critica.
"Il pensiero critico, la capacità di mettere in discussione ciò che facciamo o di inventare modi migliori per farlo, è l'unica vera misura dell'attività intellettuale".
Attraverso queste parole, Eco ci ricorda che l'intellettuale non si accontenta di conoscere, osa, inventa e sposta i confini del possibile. Non si nasconde dietro verità antiche, ma le rimodella, le mette alla prova del presente.
Attraverso questa definizione palpitante di umanità, Umberto Eco offre a ciascuno di noi la possibilità di essere un intellettuale. Perché la creatività e il pensiero critico non sono appannaggio di nessuno, appartengono a tutti coloro che, un giorno, hanno il coraggio di ragionare oltre i sentieri tracciati.
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