martedì 31 dicembre 2024

Guccini



Aldo Cazzullo, La Locomotiva? Non era violenta. Incredibile, ho un amico cardinale
Corriere della Sera, 31 dicembre 2024


 È vero che negli anni più bui del terrorismo lei evitava di cantare la Locomotiva nei concerti? «No. Perché avrei dovuto?».
Non ha mai avuto timore che qualcuno ne fosse suggestionato?

«E prendesse una locomotiva per gettarsi contro un treno?».

No. Che prendesse le armi.

«Certo che no. È una canzone politica, ma è prima di tutto una suggestione letteraria. È ispirata al fascino del movimento anarchico di fine 800 e inizio 900. Figure come Gaetano Bresci e Carlo Cafiero, pronte a morire per il loro ideale, l’uguaglianza tra gli uomini, e certo anche a dare alla morte; come Luigi Licheni, che uccide l’imperatrice Sissi con una lima».

Come ha scritto la Locomotiva?

«In venti minuti. Eppure è lunghissima: tredici strofe. Ma ogni volta che ne finivo una, mi venivano in mente le rime di quella successiva. All’ultima ero stremato. Una canzone nata fortunata».

Successo immenso.

«L’hanno pure tradotta in catalano: La locomotora. Nel 1977, poco dopo la morte di Franco, mi capitò di cantarla a Barcellona, in un bar sulle Ramblas. Si fermò ad ascoltarmi un gruppo di giovani baschi. Quando citai “la fiaccola dell’anarchia”, impazzirono».

Succedeva anche in Italia, nei concerti: tutti

in piedi a salutare a pugno chiuso.

«Ma io non pensavo al comunismo, pensavo ad “Addio Lugano bella” di Pietro Gori, a “Nel fosco fin del secolo morente” di Luigi Molinari, che per quella canzone finì in carcere, con l’accusa di aver acceso i moti in Lunigiana del 1893… Anni in cui i poveri facevano letteralmente la fame, anche sulle mie montagne».

... L’altra strofa della Locomotiva che infiammava il pubblico era: «E sembra dire ai contadini curvi quel fischio che si spande in aria, “fratello non temere che corro al mio dovere, trionfi la giustizia proletaria!”». Negli anni 70 molti giovani pensarono che la rivoluzione, che il partito comunista non voleva più fare, l’avrebbero fatta loro.

«Togliatti per due volte aveva chiarito che in Italia, dove erano arrivati gli americani, la rivoluzione era impossibile. Lo disse quando tornò dall’Unione Sovietica: la svolta di Salerno. E lo ripeté quando gli spararono, il 14 luglio 1948: “Non perdete la testa”. Erano anni cupi, più ancora degli anni di piombo. Nel dopoguerra la polizia sparava regolarmente su operai e contadini in sciopero. Nel 1950 lo fece a Modena, Togliatti adottò la sorella di una delle vittime».

Marisa Malagoli.

«Era il 9 gennaio quando la polizia aprì il fuoco sugli operai delle Fonderie che protestavano contro i licenziamenti. Avevo nove anni; chiusero le scuole e ci rimandarono a casa. I morti di Reggio Emilia invece sono del 1960. Nel gruppo dei brigatisti di Reggio c’erano parenti di ex partigiani. Una follia, figlia dell’ideologia. Ci vuole ben altro, per sollevare un popolo... E io, come ci siamo già detti, non sono mai stato comunista».


Musiche di Luigi Molinari
1894

Nel fosco fin del secolo morente,
sull'orizzonte cupo e desolato,
già spunta l'alba minacciosamente
del dì fatato.

Urlan l'odio, la fame ed il dolore
da mille e mille facce ischeletrite
ed urla col suo schianto redentore
la dinamite.

Siam pronti e dal selciato d'ogni via,
spettri macàbri del momento estremo,
sul labbro il nome santo d'Anarchia,
insorgeremo.

Per le vittime tutte invendicate,
là nel fragor dell'epico rimbombo,
compenseremo sulle barricate
piombo con piombo.

E noi cadrem in un fulgor di gloria,
schiudendo all'avvenir novella via:
dal sangue spunterà la nuova istoria
dell'Anarchia.


Musiche di Pietro Gori

1894
Addio, Lugano bella,
o dolce terra pia,
cacciati senza colpa
gli anarchici van via

e partono cantando
con la speranza in cor.

Ed è per voi sfruttati,
per voi lavoratori,
che siamo ammanettati
al par dei malfattori;

eppur la nostra idea
non è che idea d'amor.

Anonimi compagni,
amici che restate,
le verità sociali
da forti propagate:

è questa la vendetta
che noi vi domandiam.

Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna,
repubblica borghese,
un dì ne avrai vergogna

ed oggi t'accusiamo
di fronte all'avvenir.

Banditi senza tregua,
andrem di terra in terra
a predicar la pace
ed a bandir la guerra:

la pace tra gli oppressi,
la guerra agli oppressor.

Elvezia, il tuo governo
schiavo d'altrui si rende,
di un popolo gagliardo
le tradizioni offende

e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.

Addio, cari compagni,
amici luganesi,
addio, bianche di neve
montagne ticinesi,

i cavalieri erranti
son trascinati al nord.

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