domenica 15 dicembre 2024

Omero l'altissimo poeta

 

Atena reprime la furia di Achille


Giovanni Maria Vian, In principio fu il jazzista dell'epica: viaggio nei classici a partire da Omero, Domani, 14 dicembre 2024

Trasformati e adattati in modo incessante, i classici dell’antichità greco-romana restano “classici”. Esercitando un’attrattiva permanente che cresce con la lettura diretta dei testi. 


... [Debitamente] narrata, ricca di citazioni e di illustrazioni spesso poco conosciute, è la via percorsa da Piero Boitani (Il grande racconto dei classici, il Mulino). Più classicamente – è il caso di dire – in successione storica. All’interno di un arco temporale quasi millenario: dai poemi omerici ai testi della letteratura latina antica, con un’attenzione rilevante alla filosofia, dove all’inizio, secondo Bruno Snell, «non è possibile separare radicalmente l’illuminismo razionale dall’illuminazione religiosa».

All’inizio c’è Omero. Non si trova «presso i greci alcuno scritto considerato più antico». Ad ammetterlo, nell’anno 93, è lo storico ebreo Flavio Giuseppe, pur convinto – come molti autori del giudaismo ellenistico e molti scrittori cristiani – dell’antichità e della priorità di Mosè, e quindi dei testi sacri ebraici. Eppure persino Omero, il classico per antonomasia, aveva i suoi classici, costituiti da innumerevoli tradizioni orali.

L'ERROL GARNER DELLA POESIA EPICA 

Al culmine, Omero. Poeta realmente esistito, e autore di entrambi i grandi poemi, oppure nome dietro il quale sono state riunite tradizioni orali molto diverse? Se gli antichi non dubitavano della sua esistenza storica, la questione omerica nasce nell’età ellenistica contrapponendo i due schieramenti detti degli unitari e dei separatisti, ma si radicalizza dal 1664 quando per la prima volta si sostiene che Omero non fosse mai esistito. Sfumate si fanno via via le ipotesi dei filologi e dei critici contemporanei che studiano l’oralità.

Razionale e trascinante, del tutto persuasivo, «basato su una consuetudine e un amore di lunga data», è l’ultimo libro di Lane Fox (Omero e l’Iliade, Einaudi) dedicato al «più grande poema epico della letteratura mondiale»; anzi, il «più grande in assoluto». Superiore «persino all’Odissea», come già nel I secolo l’anonimo autore del trattato Sul sublime adombra nel paragonare l’Omero del secondo poema «al sole quando tramonta: è ancora ugualmente grande, ma meno ardente».

Omero, secondo Lane Fox, iniziò a declamare l’Iliade tra il 750 e il 740 avanti Cristo, che via via perfezionò oralmente, e diversi anni dopo, tra il 735 e il 725, compose l’Odissea. Il classicista oxoniense accosta Omero a un pianista jazz maestro dello swing – «mi piace pensare a lui come all’Erroll Garner della poesia epica, un autore il cui capolavoro fu infine trascritto nel corso di una performance appositamente eseguita» – e spiega la grandezza di Omero con le qualità che gli assegnò Clive S. Lewis: il perenne splendore e la spietata intensità emotiva.


Caratteristiche che Silvia Romani (Omero, ovvero delle armi e del vero amore, il Mulino) presenta nel VI libro dell’Iliade, il poema della guerra evocato dai versi di Carducci all’inizio dello struggente Sogno d’estate: «Tra le battaglie, Omero, nel carme tuo sempre sonanti». Trecento duelli – li ha contati Hans van Wees – che si succedono in un crescendo di orrore e, appunto, di intensità emotiva.

Come nella «più bella dichiarazione d’amore di ogni tempo», quella di Andromaca («Così Ettore tu sei per me padre e madre veneranda, fratello, tu sei il mio sposo fiorente»). O nello straziante destino di Astianatte, che Omero non ha bisogno di raccontare. I suoi ascoltatori lo conoscevano benissimo, e del bimbo nelle Troiane di Euripide la nonna Ecuba immagina l’epitaffio: «Qui giace un bambino che i Greci un tempo uccisero perché avevano paura; che vergogna per la Grecia tutta questa iscrizione!».

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