«Ma i nostri piani sul dopo sfiducia sono molto diversi», ha detto Faure mentre Barnier cadeva: Mélenchon punta alla caduta di Macron (sempre più impopolare), e viene persino accusato pubblicamente dai socialisti di pensare solo a vincere le presidenziali. Non sarebbe forse, questo, un orizzonte auspicabile anche per i socialisti? «Non ci riuscirà mai», afferma Raphaël Glucksmann, e altri con lui.
In nome della responsabilità di liberare il paese dal caos (creato da Macron), i socialisti chiedono di dialogare coi macroniani, sperando di ottenere un proprio premier; gli ecologisti guidati da Marine Tondelier si associano alla prospettiva del dialogo. Macron tenta di dividere anche loro: al primo giro di consultazioni del dopo Barnier, lascia a casa gli ecologisti e negozia coi socialisti isolatamente.
Mélenchon avverte: «Se si accordano con Macron per un governo, il Fronte continuerà senza loro; noi non governiamo con una destra alla deriva». Ma i negoziati continuano: socialisti, ecologisti e comunisti puntano a un accordo di non censura, un governo che non cada.
Si arriva così a questo martedì pomeriggio: all’Eliseo sono convocati tutti tranne Le Pen e Mélenchon. Mentre quest’ultimo e i socialisti si scambiano accuse, le destre vanno al rialzo: il repubblicano Laurent Wauquiez esclude governi con programmi frontisti, mentre Macron si coordina con l’alleato-ombra Sarkozy. «Le cose procedono ma il dado non è tratto», conclude prima di cena Faure.
L’Eliseo intanto blinda lo status quo: «Niente scioglimenti d’aula prima del 2027», fa sapere in serata, scommettendo sull’accordo “di non censura”. Macron ha già ottenuto di sbriciolare la sinistra: ora ha i negoziati dalla parte del manico. E il paradosso è che sono stati i socialisti (con il fantasma dell’hollandismo) a cederglielo.
Françoise Fressoz, Nuovo primo ministro: "Dopo sette anni di oscuramento la sinistra riformista si muove", Le Monde, 10 dicembre 2024
https://www.lemonde.fr/politique/article/2024/12/10/apres-sept-ans-d-effacement-la-gauche-reformiste-bouge_6439306_823448.html
Le crisi sono acceleratori della storia. Senza la caduta del governo di Michel Barnier e l'onda d'urto che ha provocato, il Partito Socialista (PS) non avrebbe osato portare a termine l'operazione ad alta quota che ha intrapreso venerdì 6 dicembre: dopo aver votato in blocco per la censura contro il governo sabaudo Accusati di essere a capo di un " governo sinistro in collusione con l'estrema destra" , i dirigenti del PS sono andati a offrire i loro servizi a Emmanuel Macron per sbloccare la situazione .
Olivier Faure, capo del partito, ha esordito aprendo ampiamente la partita dicendosi disponibile a discutere con i macroniani e con la destra sulla base di "concessioni reciproche" in vista della formazione di un governo che si basi su un Contratto a tempo determinato. Ha proposto, in segno di buona volontà, il congelamento della riforma delle pensioni, anziché la sua abrogazione, il che equivale a minare il fronte comune che si era formato a sinistra contro il passaggio alla pensione a 64 anni.
Poi, di fronte alla re
azione stupita dei suoi compagni, alla reazione preoccupata degli ambientalisti e alla reazione ulcerata di La France insoumise (LFI), Olivier Faure ha riformulato il suo approccio precisando che le sue truppe “non parteciperanno in nessun caso ad un governo guidato da un primo ministro di destra”.
Dopo sette anni di oscuramento, la sinistra riformista si sta muovendo. Sta cercando di riconquistare la sua autonomia grazie alla crisi politica. Ha partecipato senza battere ciglio in termini di censura, ma è riluttante a convalidarne altre che minerebbero la sua cultura di governo in un Paese sempre più tormentato e sempre più critico nei confronti del Parlamento. Non intende in alcun modo servire da stampella per Emmanuel Macron che, nella famiglia socialista, appare ancora come un “traditore”, ma rifiuta tuttavia di restare prigioniero delle mire degli insoumis. Cerca di liberarsi da Jean-Luc Mélenchon senza rompere con il resto della sinistra.
La partita è complessa, ma, per la prima volta, si è aperta una finestra di opportunità per cercare di bloccare l'accelerazione dei tempi che quest'ultimo cerca di imporre quando chiede le dimissioni immediate del Presidente della Repubblica e l'organizzazione del un’elezione presidenziale anticipata di cui sarebbe, a sinistra, l’unico protagonista. Gli altri non sono d’accordo, e in particolare le diverse scuderie che pretendono di incarnare la socialdemocrazia – Faure, Hollande, Cazeneuve, Delga, Glucksmann… Tutti hanno bisogno di tempo per rafforzarsi e cercare di unificarsi. Il 2027 resta il loro orizzonte e, per la prima volta, possono pesare in questa direzione, perché il centrosinistra, dopo aver rischiato l’emarginazione, è tornato ad essere uno spazio strategico, quello su cui i prossimi governi dovranno aprirsi se vogliono evitare la censura.
Negoziare la loro influenza
La visione è eccessivamente ottimistica. È più probabile che, dopo aver manifestato la loro assunzione di autonomia, i socialisti, senza entrare nel governo o unirsi formalmente ad una coalizione, cercheranno di negoziare la loro influenza, testo per testo, come suggerito da Boris Vallaud, presidente del gruppo socialista l'Assemblea nazionale.
Chi dice risveglio della sinistra moderata dice possibilità di allargamento del centro. A 73 anni, François Bayrou spinge quindi le sue pedine verso Matignon. "Se posso aiutare, lo farò", ha dichiarato domenica il capo di MoDem a France Bleu. Contrario dal 2007 alla distinzione sinistra-destra, il cui indebolimento ha continuato a misurare attraverso le rispettive emarginazioni del PS e LR, promotore di una corrente politica centrale che sarebbe la sintesi di un'alleanza tra democristiani, socialdemocratici e i liberali progressisti, il presidente del MoDem lascia perorare i suoi amici .
Lo spazio della sinistra moderata è finalmente ambito da Gabriel Attal, che domenica ha assunto la guida di Renaissance, promettendo di fare un bilancio “senza pretese” degli ultimi sette anni. Non si sono ancora spente le ultime luci dell’ultimo quinquennio di Macron e l’ex primo ministro ci tiene a delineare una dottrina che coniughi impegno europeo, riconoscimento del lavoro come base del modello sociale, difesa della laicità e promessa di un aggiornamento sulle questioni sovrane. Il macronismo potrebbe essere morto, ma non lo è lo spazio in cui ha preso forma.
Giovanni Carpinelli, Postilla finale
Ci sono tre tipi di compromesso: uno si può considerare equo, onorevole; un altro è assimilabile a una resa, con un vincitore e uno sconfitto; un terzo tipo si potrebbe definire asimmetrico e si produce quando uno dei due contraenti in maniera plateale ricava dall'accordo vantaggi maggiori rispetto alla controparte, che tuttavia non esce a mani vuote dallo scambio.
Il
compromesso onorevole si ha quando i vantaggi conseguiti dalle due parti sulla base dell'accordo raggiunto più o meno si equivalgono. In questo
caso il rapporto di forza tra i contraenti non muta dopo l'accordo. Ciascuno mantiene la sua fondamentale capacità di agire per il futuro in difesa dei propri interessi.
Il
compromesso catastrofico invece si verifica quando una delle due
parti si sottomette alla volontà dell'altra, uscendo decisamente sconfitta dall'accordo e perdendo in tal modo la possibilità di sviluppare una sua autonoma strategia nel tempo successivo. In questo caso il compromesso è assimilabile a una resa,
maschera una resa.
Il compromesso asimmetrico si verifica quando una delle due parti ottiene qualche concessione ma esce nettamente svantaggiata dallo scambio. Può darsi che nella situazione data non ci sia tra le possibilità esistenti una scelta migliore. Tuttavia in questo caso il compromesso appare come una scommessa rischiosa per la parte che risulta sminuita dall'accordo, in quanto può
rappresentare la premessa per una ulteriore sconfitta o perdita di
posizioni.
Tutto questo per dire che l'esito probabile della vicenda attuale in Francia sembra proprio destinato a rappresentare un tipo di compromesso asimmetrico. I socialisti hanno promesso la non censura, ossia non dovrebbero fare in modo da causare in un tempo breve la caduta del governo. Al dunque, ciò vuol dire che non puntano sulla destituzione di Macron. Quest'ultimo potrebbe ora nominare un primo ministro centrista che a sua volta dovrebbe mostrarsi disponibile a un negoziato sul programma di governo. E qui si arriva al nodo: se le concessioni sul terreno delle scelte politiche saranno tali da non modificare veramente l'andazzo precedente, i socialisti avranno venduto l'anima per un piatto di lenticchie. Certo, volevano evitare che si arrivasse in tempi brevi a uno scontro tra Mélenchon e Le Pen in una elezione presidenziale anticipata. Tuttavia, se il prezzo da pagare per questo risultato dovesse rivelarsi troppo oneroso per loro, non potrebbero neppure consolarsi puntando su una loro vittoria nelle successive elezioni presidenziali: a quel punto la riapertura dei giochi provocherebbe di sicuro la comparsa di altre ipotesi centriste diverse da quella di un Macron duplicato. Sarebbe l'ora dei vari Edouard Philippe, Gabriel Attal, François Bayrou, o di altri simili. Non dei socialisti Olivier Faure o Raphael Glucksmann. In linea di massima.
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