Palomar, l’apertura al mondo
O tosco che per la città del foco
vivo ten vai così parlando onesto
Dante, Inferno, X, 22-23
C’è stato un tempo in cui la Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci aveva un blog. All’inizio, ci fu chi parlò di un nuovo inizio, sia pure con intenti di tipo divulgativo: Palomar ospiterà, nei nostri auspici, contributi diversi, provenienti sia dalla redazione dell’Istituto, sia da molti (speriamo) collaboratori, che fin da ora invitiamo a commentare i post pubblicati e a inviarci contributi da postare. I contenuti a cui pensiamo sono analisi originali e “laiche” di situazioni, fenomeni, processi economico-sociali e delle istituzioni che regolano l’economia e la società. Ma vogliamo ospitare anche testimonianze di esperienze dal mondo del lavoro o di altre organizzazioni e soggetti, proposte di politiche pubbliche in campo economico e sociale, segnalazioni o recensioni di libri, film o altri testi interessanti da condividere o criticare (Posto, dunque sono, 8 settembre 2012). I molti collaboratori non ci sarebbero mai stati, in realtà. A fungere da colonna portante del blog sarebbe stato, di fatto, l’autore della presente rievocazione, Giovanni Carpinelli, che aveva pure scritto un suo testo di benvenuto ai lettori: senza perdersi negli spazi eterei dell'accademia c'è modo di attenersi a delle certezze provvisorie e, su quella base, aprire il dialogo con gli altri, i diversi, gli eterogenei. E' quello che i partiti per ora non sanno più fare, sono troppo autoreferenziali e, se non cambiano, potrebbero pagare caro questo vizio acquisito (Palomar e il suo doppio, 18 settembre 2012). Parliamo ora del blog come si è venuto sviluppando dal 2012 in poi. L’anno del decollo è il 2016. Le visualizzazioni raggiungono allora la cifra di 266mila; un solo post che riproduce un articolo di Concita De Gregorio su Vendola ottiene 225.600 visualizzazioni. Un altro picco viene toccato nel 2020, quando le visualizzazioni sono in tutto 340.959. Anche in questo caso buona parte del risultato è dovuta a un solo articolo, Mi ricorderò di voi di Paolo Rumiz. D’altra parte, il blog non si limitava certo a pubblicare solo pezzi tratti dai giornali. Molti post riguardavano temi culturali, storici o sociologici di un certo respiro. Ruotavano intorno alla rilettura di un classico, soffermandosi su un preciso argomento, l’amore, Dio, la luna, il determinismo, la morte, un quadro, una poesia. Alcuni post riguardavano brani famosi della Divina Commedia, uno in particolare su “Era già l’ora che volge il disio ai navicanti” ebbe un tale successo da essere citato al primo posto dal motore di ricerca Google come illustrazione di quei versi. Un altro dedicato a “Qui si parrà la tua nobilitate” è tuttora presente nel blog e annovera 18.165 visualizzazioni. Nel sito del blog si trova una statistica dei post pubblicati per categorie. La politica occupa il primo posto, con 371 pezzi. Segue la storia con 260, la comunicazione si ferma a 243, la società a 241, la cultura a 229, il mito a 164, la letteratura a 161, l’economia a 148, l’arte a 125, l’Europa a 118, l’ideologia a 111, la filosofia a 109, il lavoro a 103, il diritto a 99, la religione a 93. Abbiamo citato prima il tema di Dio. Un articolo su questo tema appunto, Dio abita in noi, ebbe 2538 visualizzazioni. Ci fu una buona decina di collaboratori esterni, tra i quali si ricordano in particolare Dunia Astrologo, Mariolina Bertini, Angela Biancofiore, Simone Lorenzati e Claudio Vercelli. Alcuni lettori dettero il segno di una presenza attenta e vigile.
L’orientamento di Palomar voleva essere progressista e laico. La tradizione comunista era vista con rispetto, ma non era in nessun modo sacralizzata. In apparenza la politica aveva un grande peso all’interno del materiale pubblicato nel blog. Ma il suo impatto sui lettori era assai debole. I post di natura politica erano tra quelli meno letti in genere, come risulta dalle statistiche delle visualizzazioni. Il successo di Palomar era dovuto invece ai contenuti di natura culturale. Nel Partito democratico, fra l’altro, gli intellettuali a quel punto contavano sempre meno. In una intervista riprodotta da Palomar, il 12 ottobre 2015, Massimo Cacciari sosteneva: Parliamoci chiaro. Quelli della prima Repubblica saranno stati anche fetenti, ma erano colti, leggevano libri. Ho conosciuto Chiaromonte, Amendola, Moro. Ricordo che con Fanfani si parlava di Max Weber e della scienza amministrativa. “Questi qua hanno avuto la play station”- replicava il giornalista Antonello Caporale. E Cacciari di rimando aggiungeva: Non c'è passione, manca la cultura, la competenza. Il post si intitolava Massimo Cacciari e lo spettacolo avvilente della politica: ebbe 1239 visualizzazioni.
Il tema era sentito: la politica ormai tendeva sempre più a ruotare su sé stessa e suscitava un interesse decrescente tra il pubblico. Nel suo piccolo, Palomar rappresentava un tentativo di andare oltre, ristabilendo un rapporto tra la politica, una certa politica, e la cultura. Era questa la sfida da esso affrontata e a suo modo vinta. Ammettiamo pure che il successo di post come quelli su Vendola (De Gregorio) e sulle catastrofi impunite (Rumiz) fosse dovuto alla capacità di cogliere un umore diffuso. Il grosso dei contenuti presenti nel blog non era di questa natura. Intanto c’era tutto un settore di omaggio alla memoria della sinistra e dell’Istituto Gramsci medesimo. I necrologi di Jorg Luther (982 visualizzazioni) e di Nicola Tranfaglia (692) avevano questa funzione. Altri post furono dedicati a figure come Iginio Ariemma, Adalberto Minucci, Giorgio Ardito, Gian Mario Bravo. Più significativo fu un articolo su Ilaria Capua, vista come una vittima della cattiva politica. Fu pubblicato nel 2017 ed ha avuto finora 40.627 visualizzazioni. Veniamo ora alla cultura più largamente intesa. Si è detto che a un tema come il mito furono dedicati 164 post. Almeno tre riguardavano episodi e aspetti dell’Odissea: Ulisse e il viaggio (3893 visualizzazioni), Le sirene (1041), Nausicaa (757). Quanto alla filosofia un post sull’amore secondo Spinoza ebbe 1615 visualizzazioni.
Il blog chiuse dopo 9 anni di ininterrotta attività. Il 13 agosto 2021 un post (Una pausa di riflessione) annunciava:
Care lettrici e cari lettori di Palomar. Per qualche settimana ci prendiamo una pausa di riflessione: riteniamo necessario un momento per ripensare il nostro blog, i suoi obiettivi e i suoi destinatari e tornare da voi con un progetto nuovo. Per il momento, buona estate a tutte e tutti voi che ci seguite. La redazione
L'Istituto ritenne che il blog, sia in termini di efficacia come strumento social che per le sue finalità, dovesse essere ripensato e riorganizzato. Era necessario rilanciare il progetto strutturando una vera e propria redazione, capace di seguire e pianificare i contenuti. Palomar non ritrovò i suoi lettori, ma la promessa contenuta nell'ultimo post fu onorata. Il nuovo sito dell'Istituto, attivo dal 2023, dedicava e dedica tuttora una sezione a un altro blog, che era qualcosa di diverso rispetto a Palomar ma che pure proseguiva nel percorso tracciato.
Forse il modo migliore per concludere questo scritto sta nel dedicare una certa attenzione a un post che risulta essere l’articolo più popolare dell’ultimo anno e che fu pubblicato il 16 novembre 2017. Ha avuto 12.757 visualizzazioni in tutto. Ha per titolo Calvino, la sfida al labirinto. Italo Calvino, l’autore del romanzo Palomar. veniva nel post associato a Norberto Bobbio. Di Calvino veniva richiamato un brano tratto da un articolo del 1962. Metteva in luce la doppia natura del labirinto, e il labirinto era poi una metafora del nostro rapporto con ciò che ci circonda:
... Da una parte c'è l'attitudine oggi necessaria per affrontare la complessità del reale, rifiutandosi alle visioni semplicistiche che non fanno che confermare le nostre abitudini di rappresentazione del mondo; quello che oggi ci serve è la mappa del labirinto la più particolareggiata possibile. Dall'altra parte c'è il fascino del labirinto in quanto tale, del perdersi nel labirinto, del rappresentare questa assenza di vie d'uscita come la vera condizione dell'uomo. … È la sfida al labirinto che vogliamo salvare, è una letteratura della sfida al labirinto che vogliamo enucleare e distinguere dalla letteratura della resa al labirinto.
Norberto Bobbio riprendeva il tema, amplificando l’importanza e il valore della metafora:
Possiamo raffigurarci la storia umana come un immenso labirinto. Quando ci troviamo in un labirinto, una cosa sola sappiamo: che esiste una via d'uscita. Ma non sappiamo come si faccia ad arrivarci. Tentiamo una strada a caso, e solo quando battiamo la testa contro il muro, torniamo indietro e ne tentiamo un'altra. Così di seguito. Via via che procediamo, pur restando ignota la via d'uscita, le possibilità di sbagliare diminuiscono. Conosciamo almeno le vie che non conducono alla meta: le vie bloccate. Analogamente, di fronte al cammino storico dell'umanità, sappiamo che esiste una via d'uscita; non sappiamo come raggiungerla. Tutta la storia umana può considerarsi un insieme di tentativi, quasi sempre disperati, di uscire dal labirinto. Ma non è vero che la vicenda storica non ci abbia insegnato nulla, come stoltamente e cinicamente si ripete. Conosciamo le vie bloccate, le vie già tentate ed esaurite, e che non dovremo più avere la tentazione di ripercorrere.
La storia del comunismo si può a sua volta rappresentare come un lungo tentativo mal congegnato di uscire dal labirinto. Essa comporta momenti di apertura e momenti di chiusura, come sa bene chi ha letto per esempio Milos Hajek (Storia dell’Internazionale comunista 1921-1935). L’alternanza delle due fasi finora si è mantenuta nel corso del tempo. Per questo noi abbiamo fede: ritorneranno i giorni del fiore, come scriveva un grande poeta triestino.
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