Domenico De Masi, Tag. Le parole del tempo, Rizzoli, Milano 2015
Voglio dunque mostrarvi come Altan ci faccia riflettere «nei modi nevrotici, sofisticati e acutamente contemporanei che gli sono propri» su quattro tra i tanti dubbi che accompagnano il disorientamento della nostra società postindustriale.
Il primo riguarda il funzionamento della nostra mente e il flusso delle idee che l'attraversano: «Mi vengono in mente opinioni che non condivido»; «Mi chiedo chi sia il mandante di tutte le cazzate che faccio»; «Mi sorprende questo riflusso moderato. Mi devo essere perso il flusso progressista»; «Confesso: non so più a chi non credere»; «Siamo alla post-Babele. Tutti parlano la stessa lingua e nessuno ascolta»; «Non ho più idee. Devo averle gettate via insieme alle ideologie»; «Cosa non darei per fuggire all'Ovest di me stesso».Il secondo riguarda i nostri valori: «Ormai il dubbio è un lusso e la certezza è volgare»; «"Babbo, dimmi un valore a cui credere." "Quante lettere?"»; «Mica sì o no." "Troppo comodo! Io ho una personalità assai più ricca e complessa"»; «È ovvio che non sono coerente. Altrimenti dove va a finire il pluralismo?»; «Certo che sono un privilegiato. L'importante è confessarlo con candore»; «"Lei è laico?" "Sì, ma mica praticante!"»; «"Luisa, cosa ci fa questo straniero nel letto, al posto mio?" "Uno dei lavori che gli italiani non vogliono più fare"».
Il terzo dubbio è sul nostro futuro: «"Babbo, che ne sarà di me?" "Per intanto sei giovane. Poi farai l'emarginato, il soldato e il disoccupato. Poi scegli: o meridionale o donna"»; «Per fortuna sono vecchio. Altrimenti mi toccherebbe di essere giovane»; «Gli dico: "Viene la primavera. E lui mi fa: vorrei sapere a chi giova"».
Il quarto dubbio è quasi una certezza nutrita di cinismo, soprattutto nel rapporto degli adulti con i giovani: «Sono un postqualunquista. Mi va bene tutto»; «Disapprovo i metodi fascisti in quanto non danno garanzia di durata»; «"Babbo, questo sistema è ingiusto!" "Sì. Ma tanto non funziona"»; «"E la storia dell'umanità, babbo?" "Ma niente: prima si fanno le cazzate, poi si studia che cazzate si sono fatte"».
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