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Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al-Thani |
Kepel: «Basta armi Ora è il tempo della diplomazia»
- Corriere della Sera,
- Lorenzo Cremonesi
«L’assassinio di due diplomatici israeliani di fronte al museo della Shoah di Washington è particolarmente simbolico. Una cosa inconcepibile: prima poteva avvenire solo in Europa, come abbiamo visto con gli attacchi contro le sinagoghe e i centri ebraici tra Francia, Germania e Belgio. Ma ora Israele diventa un problema per gli ebrei di tutto il mondo, persino in Usa. La repressione a Gaza genera odio ovunque». Massimo esperto francese di Medio Oriente e della questione islamica in Europa, Gilles Kepel ci risponde prima di andare a Bari per un incontro».
Le conseguenze degli orrori di Gaza?
«Israele ha perso il sostegno del massimo alleato, gli Usa. Trump, che pure nel passato aveva sempre appoggiato Netanyahu, nel suo ultimo tour si è recato solo tra gli amici nelle monarchie del Golfo. Ha capito che l’attuale governo israeliano intralcia i suoi piani per concludere affari con il Medio Oriente. Gli arabi sono pronti a investire tre trilioni di dollari, hanno comprato influenza a Washington e adesso pesano più della lobby ebraica. E questo vale anche per l’Iran: Trump vuole cambiarlo dall’interno, ma Netanyahu resta congelato su posizioni vecchie un decennio, è parte del problema, non della soluzione». Ovvero?
«Israele ha sbloccato la situazione a settembre-ottobre battendo militarmente l’Hezbollah in Libano e bombardando l’Iran. Ma è giunto il tempo di usare la diplomazia, non le armi. Occorre pensare al futuro e sdoganare l’Iran. Ma Netanyahu non lo accetta, non è in grado di guardare avanti, non ha neppure un piano chiaro per Gaza».
La soluzione?
«Israele deve reinventarsi, ripensarsi in modo radicale. Ma Netanyahu non lo sa fare».
Espellere i palestinesi dai Territori?
«Netanyahu fa una fuga in avanti dove non c’è più soluzione politica, quello che si prospetta è lo sterminio dei palestinesi. Washington non ci sta. Israele è una democrazia per gli ebrei, nel passato questa prospettiva avrebbe condotto al cambio di governo. Ma il problema è che la società israeliana è profondamente mutata negli ultimi decenni. Al tempo della guerra del Kippur, nel 1973, la maggioranza della popolazione era laica, oggi prevalgono i religiosi uniti al campo nazionalista. Netanyahu beneficia di questo cambiamento e adesso dipende dai suoi partner estremisti. In questo contesto, mi aspetto uno scontro frontale tra Usa e Israele nei prossimi anni. E non ha alcun significato che Trump abbia mandato come suo ambasciatore a Gerusalemme un estremista legato ai coloni qual’è Mike Huckabee. La politica Usa si decide alla Casa Bianca».
L’Europa?
«Gli europei sono in rotta di collisione con Israele. E la condanna francese è netta, tanto da minacciare seriamente l’embargo economico. Ci sono circa 600.000 ebrei in Francia, la più grande comunità europea: i sefarditi sostengono Netanyahu, ma la vecchia intellighenzia che conta è askenazita e si dimostra assolutamente critica contro l’attuale governo a Gerusalemme, lo percepiscono come un pericolo esistenziale».
E gli spari dei soldati israeliani contro i diplomatici europei a Jenin?
«Un fatto grave. Ormai è chiaro che coloni estremisti operano anche come soldati nei territori occupati. Una minaccia per la stabilità di Israele. Questo Paese era nato per salvare gli scampati alla Shoah, ma si è trasformato nella causa principale dell’ostilità contro gli ebrei».
E l’accusa di antisemitismo contro chi critica Israele?
«C’è stato uno stravolgimento del concetto. Netanyahu e il suo governo si arrogano il diritto di rappresentare tutti gli ebrei nel mondo. Così l’antisemitismo è banalizzato, strumentalizzato e perde di significato».
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