sabato 31 maggio 2025

La guerra continua

Andryi Yermak

Tra Kiev e Mosca il negoziato è un altro modo per fare la guerra
Francesco Brusa
il manifesto, 31 maggio 2025

Sembra quasi che le contrattazioni più significative fra Russia e Ucraina si svolgano «a lato» del tavolo negoziale vero e proprio, che è apprestato (almeno in teoria) nella città turca di Istanbul. I due paesi non cessano infatti di «dialogare” a distanza, avanzando qualche concessione per poi accusarsi reciprocamente di voler boicottare i colloqui, in un continuo braccio di ferro di dichiarazioni che un po’ serve a ingraziarsi alleati e opinioni pubbliche e un po’ cercare di porsi in una posizione di vantaggio sul contendente.

COSÌ IERI IL CAPO dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak ha ribadito che Kiev pretende da Mosca «chiarezza» e, soprattutto, «proposte equilibrate». «Vogliamo la pace più di chiunque altro – ha detto a margine di un evento pubblico – ma non una pace a ogni costo». L’Ucraina ha in effetti dettagliato le proprie condizioni in un memorandum in 22 punti che dovrebbe essere stato inoltrato sia al Cremlino che alla Casa bianca, invitando la Russia a fare altrettanto come prerequisito per potere proseguire gli incontri a Istanbul.

L’inviato speciale statunitense Keith Kellog ne ha confermato la ricezione e lo ha definito «ragionevole». Secondo indiscrezioni raccolte dal New York Times, fra le richieste di Kiev ci sarebbe un cessate il fuoco onnicomprensivo che interessi gli attacchi sul terreno, aerei e via mare, da mettere in atto sotto la supervisione di stati terzi. Da Mosca arrivano commenti che vanno in diverse direzioni. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov si mantiene sul vago, spiegando che da parte russa un eventuale memorandum non può essere reso in alcun modo pubblico. Stando alle sue parole, il presidente della Federazione Vladimir Putin è certamente favorevole a dialogare di persona con i vertici ucraini, e magari con l’omologo Usa Trump, ma prima occorre che si verifichino dei progressi fra le delegazioni dei due paesi in guerra.

In Consiglio di sicurezza dell’Onu, invece, l’inviato russo Vasily Nebenzya ha provato a controbattere più nello specifico: un cessate il fuoco può essere preso in considerazione ma solo a patto che da quel momento in poi gli europei cessino l’invio di armi e Kiev sospenda la mobilitazione militare. Probabile che Nebenzya si sia concentrato su questo punto anche per cavalcare il clamore suscitato ieri dai tafferugli avvenuti a Kamyanets-Podilsky, nell’ovest dell’Ucraina, dove un centinaio di persone hanno assaltato una squadra di reclutamento (e in generale il malcontento generato dai casi sempre più numerosi di arruolamento forzato nell’esercito).

A OGNI MODO, nonostante le schermaglie retoriche, il resto del mondo pare voler spingere i due belligeranti a vedersi a Istanbul. Innanzitutto lo stesso ministro degli esteri turco Hakan Fidan, in visita diplomatica nella capitale ucraina, che si è sentito telefonicamente con il suo omologo russo Sergej Lavrov per discutere i dettagli dei colloqui previsti per lunedì nella metropoli anatolica. Anche Kellog ha suggerito pubblicamente a Kiev di presentarsi in ogni caso al tavolo dei negoziati, qualche che sia l’atteggiamento di Mosca.

È probabile (e alcune comunicazioni ufficiali sembrano confermarlo) che a breve si vedranno le medesime delegazioni di due settimane fa: un dialogo più che altro rituale, che difficilmente cambierà il quadro complessivo del conflitto ma che potrà fruttare qualche accordo di carattere pratico (come il grosso scambio di prigionieri concordato la volta precedente).

Infatti la guerra non solo non si ferma ma si intensifica: la Russia prosegue quella che diversi analisti definiscono «offensiva di primavera», con forti pressioni e qualche piccolo avanzamento nella regione di Sumy (nord-est dell’Ucraina). Anche per ovviare alle ingenti perdite di personale, l’uso di droni si fa sempre più preponderante: nella notte massiccio attacco di Mosca nella zona di Karkhiv, mentre Kiev continua la campagna di colpi su siti strategici in territorio russo. In attesa della diplomazia sul campo si tenta il tutto per tutto.

UN TAVOLO da cui Roma resta ai margini: «Questo gioco di far finta che l’Italia non conta nulla non lo condivido», ha detto la premier Giorgia Meloni da Astana. Alludeva al fatto che ieri sera una delegazione diplomatica italiana ha partecipato a un non meglio precisata call con i consiglieri di Francia, Germania e Regno unito.

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