domenica 25 maggio 2025

Un uomo fuori posto


Joseph Conrad, Tifone (1903)

incipit
traduzione di Giovanni Carpinelli

Il capitano Mac Whirr del piroscafo Nan-Shan, aveva una fisionomia che, quanto all’aspetto esteriore, era lo specchio fedele del suo animo: non mostrava alcuna traccia evidente di fermezza o di stupidità; anzi, non aveva proprio caratteristiche salienti; era una faccia qualsiasi, inerte e impassibile, tutto qui.
Si poteva forse dire che una cosa sola esprimeva il suo aspetto: la timidezza e questo perché, quando non era per mare, se ne stava seduto in un ufficio, il viso cotto dal sole, con un sorriso appena accennato, gli occhi bassi. Quando li alzava, si notava subito quanto fossero azzurri e diretti. Aveva i capelli biondi e finissimi: gli circondavano come una fascia di morbida seta il capo calvo da una tempia all’altra. I baffi, invece, di un fiammante color carota, facevano pensare a un ciuffo di fili di rame tagliato appena sopra il labbro; poco importava quanto li radesse, ogni volta che muoveva la testa lungo la superficie delle guance correvano cupi bagliori metallici. Di statura leggermente inferiore alla media, era largo di spalle e così vigoroso di membra che i vestiti sembravano sempre un po’ troppo stretti per quelle braccia e quelle gambe. Come se non fosse in grado di cogliere le conseguenze di latitudini differenti, indossava sempre una bombetta marrone, un completo marrone e ordinarie scarpe nere: abbigliamento che conferiva alla sua figura massiccia un’aria di severa, bizzarra eleganza. Una sottile catena d’argento gli attraversava il panciotto e non scendeva mai dalla nave senza stringere nella mano villosa e robusta un ombrello elegante della migliore qualità, di solito non arrotolato. [...]
Avendo a malapena l’immaginazione necessaria per tirare a campare di giorno in giorno, ma non di più, il capitano era la tranquillità fatta persona, e per lo stesso identico motivo non era per nulla presuntuoso. È l’eccesso di immaginazione a rendere suscettibili, arroganti e viziati, ma ogni nave che il capitano Mac Whirr aveva comandato era la dimora galleggiante della pace e dell’armonia. A dirla tutta, per lui era impossibile spiccare voli pindarici, come per un orologiaio assemblare un cronometro essendo armato solo di martello e di sega. Eppure anche la vita piatta di uomini così dediti alla concretezza di un’esistenza vuota ha i suoi lati misteriosi. Nel caso del capitano Mac Whirr, ad esempio, non si riusciva a capire che cosa diavolo mai avesse potuto indurre quel tranquillo figlio di un piccolo droghiere di Belfast a fuggire di casa per diventare marinaio. Ciò bastava, pensandoci, a suggerire l’idea di una mano enorme, possente e invisibile, che si introduceva nel formicaio del mondo per afferrare le spalle di una persona, per sbattere teste le une contro le altre e per indirizzare i volti ignari di tanta gente verso scopi inconcepibili e mete inaspettate.

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