domenica 27 luglio 2025

Soldati. Il pensiero dei morti



Georges Scott, Gli onori sotto il fuoco In un boschetto, tre soldati trasportano il corpo di un colonnello ferito su una barella fatta di fucili incrociati, eseguendo il saluto militare. Al loro passaggio, un gruppo di soldati è sull'attenti, con i fucili puntati al cielo. Sullo sfondo, altri continuano la battaglia, con i cadaveri a terra.


Guillaume Apollinaire
Calligrammes (1918)

Ombra
traduzione di Giovanni Raboni

Eccovi ancora con me
Ricordi dei miei compagni morti in guerra
Oliva del tempo
Ricordi che ormai siete un ricordo solo
Come cento pellicce una pelliccia [un solo mantello]
Come [le] mille ferite un articolo di giornale
Impalpabile oscura presenza [apparenza] avete preso
La forma mutevole della mia ombra
Indiano per sempre all'agguato
E mi strisciate accanto [ombra]
Ma senza più sentirmi
Non sapendo nulla delle divine poesie che canto
Mentre io vi sento e vi vedo ancora
Destini
Multipla ombra vi conservi il sole
Voi che mi amate tanto da non lasciarmi mai
E senza alzare polvere vi muovete nel sole 
Ombra inchiostro del sole
Scrittura della mia luce
Cassone di rimpianti
Dio che s'umilia


Vous voilà de nouveau près de moi
Souvenirs de mes compagnons morts à la guerre
L'olive du temps
Souvenirs qui n'en faites plus qu'un
Comme cent fourrures ne font qu'un manteau
Comme ces milliers de blessures ne font qu'un article de journal
Apparence impalpable et sombre qui avez pris
La forme changeante de mon ombre
Un Indien à l'affût pendant l'éternité
Ombre vous rampez près de moi
Mais vous ne m'entendez plus
Vous ne connaîtrez plus les poèmes divins que je chante
Tandis que moi je vous entends je vous vois encore
Destinées
Ombre multiple que le soleil vous garde
Vous qui m'aimez assez pour ne jamais me quitter
Et qui dansez au soleil sans faire de poussière
Ombre encre du soleil
Écriture de ma lumière
Caisson de regrets
Un dieu qui s'humilie


Giuseppe Ungaretti, Lettere dal fronte a Mario Puccini, Archinto, Milano 2015

Ho seguito il pellegrinaggio, stordito, lungo i cimiteri dove si lasciavano tanti morti che m’erano stati cari in vita, che avevo visto partire schiantati in piena speranza increduli della morte, sebbene docili, poveri compagni lontani. (novembre 1917)

San Martino del Carso

Di queste case 
non è rimasto
che qualche 
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato

Veglia

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato 
tanto
attaccato alla vita 


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