Virginia Woolf
La stanza di Jacob
traduzione di Anna Banti
Mondadori, Milano 2001 (1922)
La signora Page, la Cranch e la Garfit potevano vedere la signora Flanders nel frutteto, perché questo frutteto era un pezzo cintato di Dods Hill; e Dods Hill dominava il paese. Non ci sono parole che esagerino l'importanza di Dods Hill. Era la terra, il mondo accosto al cielo, l'orizzonte di quanti sguardi possano meglio calcolarsi da chi ha trascorso tutta la vita nello stesso villaggio e non l'ha lasciato che una volta sola, per combattere in Crimea: come il vecchio George Garfit che appoggiato al cancello del giardino ora fumava la pipa. Il corso del sole era misurato di lì, di lì si giudicava il colore del giorno.
...
Aperto l'uscio del frutteto, la signora Flanders si avviò alla cima di Dods Hill, con John per mano. Archer e Jacob le correvano dinanzi o indugiavano dietro a lei, ma erano già nella fortezza romana quando ci arrivò, e gridavano forte il nome dei battelli che potevano vedersi nel golfo. Di lì, infatti, si godeva una vista magnifica: le paludi dietro, davanti il mare, e tutta Scarborough, da un capo all'altro, distesa e piatta come una scacchiera.
...
La banda suonava nel chiostro moresco. Sulla lavagna veniva fuori il numero nove. Era un tempo di valzer. Le ragazze pallide, la vecchia vedova, i tre ebrei alloggiati nello stesso albergo, l'elegantone, il maggiore, il mercante di cavalli e il signore che vive di rendita, tutti avevano la medesima faccia disgustata, incantata e attraverso le fessure delle assi, sotto i loro piedi, potevano vedere le verdi onde estive, tranquillamente, graziosamente oscillanti intorno ai piloni di ferro del molo.

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