martedì 22 luglio 2025

Pure se non fosse genocidio

Omer Bartov

Mattia Feltri 
Buongiorno
La colpa indicibile 
La Stampa, 22 luglio 2025

I giornali italiani hanno ampiamente ripreso e commentato un intervento firmato la scorsa settimana sul New York Times da Omer Bartov. È tutta la vita che studio i genocidi e, quando li vedo, li riconosco, ha scritto. Fino a qualche tempo fa, ha scritto, l’ipotesi di genocidio a Gaza non mi convinceva, adesso invece sì. Al contrario, io sono di quelli ancora persuasi che genocidio sia una parola da usare con cura e per Gaza se ne fa un uso grossolano, lo dico per mille motivi qui irrilevanti, e il lungo articolo di Bartov non mi pareva aggiungesse qualcosa di decisivo; ma nessuno può trascurare i titoli accademici che fanno di lui uno dei massimi storici israeliani della Shoah.

Poi, non saremo noi sui giornali a dare una risposta, e nemmeno i tribunali internazionali, da sempre così dipendenti da umori ed equilibri politici, bensì il tempo, quando si guarderà alle cose di oggi senza le squassanti passioni. Sarà una risposta importante ma, per paradosso, oggi lo è molto meno. Cominciano a essere tanti gli israeliani o i membri delle comunità ebraiche che con dolore non escludono una colpa così grave, e in particolare per la storia degli ebrei: dalla nostra Anna Foa a un grande come Benny Morris fino a Jean Hatzfeld. O che dicono genocidio apertamente: da Amos Goldberg a Judith Butler a Avi Shlaim, tutti accademici di rilievo. Davanti all’orrenda carneficina di Gaza, anche al netto della propaganda, l’ultima barriera a difesa della reputazione di Israele sta per essere abbattuta, e da parte di Netanyahu è folle non comprendere che per il suo Paese il genocidio diventa un guaio serio, pure se non fosse genocidio.

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