Sabato Angeri
Mai così tanti caduti: per la Russia il 2025 è l'anno peggiore
il manifesto, 31 dicembre 2025
Si chiude un altro anno di guerra in Ucraina, il quarto. I soldati russi avanzano su tutti i fronti aperti, lentamente e a costo di perdite altissime. Secondo un’analisi della branca russa della Bbc e dell’emittente indipendente Mediazona, negli ultimi 10 mesi ci sarebbero circa 160mila soldati morti confermati, la cifra più alta dall’inizio della guerra considerato il lasso temporale. Ma gli esperti ritengono che la cifra reale sia superiore almeno della metà e si inserisce in una forbice compresa tra i 243mila e i 352mila caduti. Stime simili a quelle della Nato. Analizzando necrologi, giornali, social media, memoriali e nuove tombe, si nota anche che da agosto, quando Donald Trump e Vladimir Putin si sono incontrati per la prima volta in Alaska, a oggi i morti mensili sono triplicati rispetto all’inizio dell’anno. A conferma del fatto che con la ripresa dei negoziati anche l’offensiva russa si è decisamente intensificata. L’ordine di occupare più territorio possibile nel minor lasso di tempo è arrivato davvero e la maggior parte dei “Carico 200” – il nome in codice utilizzato in epoca sovietica post-sovietica per il rimpatrio dei caduti – viene dal Donetsk.
SECONDO IL VICE CAPO del Consiglio di sicurezza nazionale russo, Dmitry Medvedev, da gennaio a ottobre di quest’anno si sono arruolate 336mila nuove reclute, ovvero più di 30mila al mese. Sappiamo da diverse inchieste (o semplicemente dai pochi racconti trapelati oltreconfine) che questo sistema è alimentato da procuratori senza scrupoli che prendono una percentuale su ogni uomo che riescono a far arruolare, spesso mentendo sulle regole d’ingaggio e sui compensi. In ogni caso non abbiamo dati indipendenti sull’esercito russo e quindi, ammettendo che Medvedev dica quasi la verità e che ogni mese vengono uccisi 25mila soldati russi (fonti Nato), risulta vero che Mosca arruola più soldati di quanti ne perde. Ma a che prezzo, non c’è bisogno di sottolinearlo.
I VERTICI UCRAINI hanno sempre adottato il più assoluto riserbo sulle proprie perdite. L’unica dichiarazione ufficiale è di Volodymyr Zelensky e risale al febbraio di quest’anno: 46mila caduti e 380mila feriti. Tale computo appare assai impreciso. Innanzitutto sappiamo che ci sono decine di migliaia di soldati che risultano ufficialmente “dispersi”. Nel corso degli anni abbiamo intervistato diversi familiari di questi militari che manifestavano di fronte al ministero o agli uffici dell’esercito per sapere la verità.
Ad animare questi gruppi sono le mogli e le madri dei soldati che si sono autorganizzate in una rete sempre più estesa. Inizialmente erano bistrattate quando non apertamente disprezzate, oggi la situazione è diversa. Il numero di famiglie che ha un congiunto “disperso” cresce quotidianamente e la menzogna burocratica ormai ha portato all’esasperazione. La Bbc ritiene che ad oggi il numero verificabile di ucraini uccisi sia di circa 140mila soldati, al netto delle variabili già citate per la controparte ma in misura minore perché chi difende generalmente perde molti meno uomini di chi attacca.
ZELENSKY ieri ha dichiarato che il suo esercito «non può semplicemente andarsene» dal Donetsk come vorrebbe Putin per porre fine alla guerra, perché oltre a essere contrario alla costituzione «ci vivono ancora 300mila persone». La maggior parte di questi civili è concentrata tra Kramatorsk e Sloviansk, le due uniche città della regione degne di tale nome ancora in mano agli ucraini. I russi attaccano da sud (Kostiantinivka) e da sud-ovest (Pokrovsk), ma con la presa di Siversk a est si è aperto un altro pericoloso fronte, senza contare che da nord la strada per Izyum e Kharkiv è già inutilizzabile. Quasi un assedio, insomma, laddove la parte ancora libera è l’unica che garantisce rifornimenti e rinforzi ai soldati al fronte. Ma se Pokrovsk è assediata da 16 mesi e non è ancora ufficialmente caduta, quanto ci vorrà per occupare militarmente il resto della regione? Qualche settimana fa l’Economist aveva pubblicato delle stime, datando al giugno 2030 l’eventuale conquista definitiva delle regioni già annesse da Mosca con il referendum ridicolo del 2022.
Tuttavia, applicare alla guerra dei modelli matematici induce in errore l’osservatore distratto e sottostima l’unico dato reale prevedibile: più si va avanti e maggiore è la devastazione. Finché alla fine quei 300mila civili vivi spariranno: sfollati, uccisi dai bombardamenti, morti di malattia o per altre cause, sacrificati per le trattative o addirittura insultati come traditori. E al loro posto ci sarà un numero impressionante di soldati morti. Un elenco a parte nelle statistiche, ma esseri umani a tutti gli effetti, nonostante la divisa.

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