mercoledì 31 dicembre 2025

Le azzurre del volley

Myriam Sylla

Gianni Romeo
Le azzurre del volley sportive dell'anno per La Stampa

La Stampa, 31 dicembre 2025

Sorpresa, colpo di scena! Sinner non ha stravinto il referendum della Stampa che da 48 anni fotografa la stagione dello sport. Anzi, l’hanno schiacciato le donne della pallavolo targate Julio Velasco. È scivolato in basso. Leggere la classifica per crederci. Ma, se ci pensiamo, dopo un attimo di sbalordimento riflettiamo che proprio una sorpresa non è. Montava l’aria di novità, lo strepitoso successo di Jannik nel tempio di Wimbledon, il primo della storia per il tennis italico, lo prenotava al tris anche al nostro giochino della Stampa. Ma non è bastato. Perché? Troppo Sinner si sussurra.

Era il figlio del padreterno, gli si perdonava a fatica il no all’invito del presidente della Repubblica, gli hanno perdonato anche l’altro no, la convocazione in Davis, soltanto perché altri azzurri più azzurri hanno riportato comunque la Coppa in Italia. Scrisse Gian Paolo Ormezzano, geniale collega mancato proprio un anno fa di quest’epoca, che in Italia si crea in fretta un idolo per coltivare poi il gusto di demolirlo. Forse avevano visto giusto i colleghi inventori del nostro referendum quando avevano inserito una regoletta, più avanti abolita, che impediva di rivotare chi aveva già vinto.

Ma stiamo parlando troppo del Supertennista in questo caso. La Nazionale della pallavolo femminile merita il 110 e lode. Non ha usurpato il trono. Se sono tanti e appassionati i fans del tennis lo sono altrettanti quelli del volley, soprattutto «quelle», ragazze che stanno occupando come un’onda inarrestabile il territorio dello sport.

Il voto non è figlio di puro ragionamento tecnico, è mescolato all’emozionalità suscitata dall’evento sportivo ed è anche un termometro del momento. Perciò un evviva alle nuove generazioni di giovani donne che mettono sempre più centimetri e gioia di vivere in uno sport pulito che fa gruppo e amicizia. Si è creato un bel movimento ed ecco la punta della piramide, quella fantastica dozzina giunta al titolo mondiale senza perdere un colpo, ben mescolate da quel Velasco già professore di miracoli nel passato piuttosto lontano con i maschi, ora abile nel realizzare un’operazione amalgama di colori ed etnìe.

La pallavolo femminile manda anche messaggi importanti di altro tipo per chi vuole capire. Facciamo tre nomi fra tutte le componenti della squadra, non necessariamente scegliendo le migliori: Myriam Sylla, palermitana nera e vera, figlia di genitori ivoriani; Ekaterina Antropova, di chiara origine russa; Monica De Gennaro, la piccolina del gruppo che per ragioni tattiche spazia ovunque a far miracoli, carta d’identità Sorrento: questo è l’anticipo del nuovo mondo ed è lo sport che indica la strada. Forse anche per questo motivo il voto ha un senso che va al di là di Sinner.

Le donne. In classifica spunta un altro nome, da tenere bene a mentre, anche se è già da tempo nei titoli di testa dello sport. Diciamo Nadia Battocletti. Nasce a Coverano, paese di poco più di mille abitanti nell’Alta Val di Non. Venticinquenne, in mano una laurea in ingegneria quale futura finestra professionale, gestita tecnicamente da un padre vissuto in identiche esperienze e una madre mezzofondista. Già carica di affermazioni con la gemma di un secondo posto olimpico sui 10.000 metri che è qualcosa di più di una proiezione spalancata al futuro prossimo di Los Angeles 2028. Nadia è testimonianza di quella formidabile rivoluzione tecnica di cui il genere femminile applicato alla corsa di lunga distanza spazzando pregiudizi duri a morire fu protagonista a partire dagli Anni Sessanta, ai Giochi Olimpici fino al 1964 non erano previste per le donne distanze superiori agli 800 metri. Nel 1969 Paola Pigni nella mitica Scuola Nazionale di atletica leggera di Formia infranse la barriera dei 5000. Pigni e Novella Calligaris nel nuoto, le divine e geniali ispiratrici della crescita che ora si concretizza.

Postilla conclusiva: il successo del team di pallavolo è il primo premiato dal referendum come sport di squadra. Lo avrebbero ampiamente meritato gli uomini di Enzo Bearzot nel 1982, ma allora non si poteva votare una squadra, solo il simbolo. E giocoforza vinse il portierone Dino Zoff, a nome di tutti.

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