martedì 30 dicembre 2025

Il falso raid

Gianluca Di Feo
Droni contro Putin: sospetti su Kiev, ma i dati sballati di Lavrov portano al falso attacco

la Repubblica, 30 dicembre 2025

La verità sul presunto attacco contro la residenza di Vladimir Putin al momento resta sepolta nei boschi innevati di Novgorod, invisibile come i droni che ogni notte sfrecciano nell’oscurità. A quindici ore dall’incursione denunciata da Mosca non è stata presentata una sola prova. Quando le bombe volanti ucraine sorvolano città e villaggi russi, sui social in genere spuntano video ripresi con i telefonini: hanno documentato persino i raid contro basi dell’aviazione e raffinerie strategiche, tutelate dalla segretezza. L’assalto contro la dimora del presidente invece resta avvolto nel buio, senza alcun riscontro. Nonostante il ministro degli Esteri Lavrov abbia parlato di 91 droni abbattuti, neppure un rottame è stato mostrato alle telecamere o fotografato. Non è stato fornito un solo elemento concreto di questa battaglia che avrebbe dovuto impegnare dozzine di batterie contraeree, di caccia e di radar coinvolgendo centinaia se non migliaia di militari.

Dichiarazioni discordanti

I numeri presentati da Lavrov alimentano altri dubbi. Ieri mattina il ministero della Difesa russo guidato da Andrej Belousov ha diramato sul suo canale Telegram una nota burocratica di poche righe: “Nel periodo dalle 07:00 alle 09:00 ora di Mosca, i mezzi di difesa aerea di turno hanno intercettato e distrutto 23 droni ucraini di tipo aereo sopra il territorio della regione di Novgorod”. Sembra ordinaria amministrazione, senza i toni di un attentato contro la massima autorità. E soprattutto si offre un bilancio molto lontano da quello diffuso nove ore più tardi dal ministro degli Esteri: 23 incursori contro 91. Una discrepanza che alcuni blogger specializzati russi hanno evidenziato tra le righe, cercando di spiegarla.

La rettifica tardiva

Dodici ore dopo la prima nota e quasi quattro dopo la denuncia di Lavrov, i vertici della Difesa hanno pubblicato un secondo resoconto che parla di “un attacco terroristico con l’utilizzo di 91 droni contro la residenza del Presidente nella regione di Novgorod”. Per fare quadrare i conti, vengono ricondotti a questa missione velivoli senza pilota ucraini asseritamente abbattuti a centinaia di chilometri dal bersaglio: “Nella regione di Bryansk, i mezzi di difesa aerea hanno intercettato durante la notte 49 droni che si dirigevano verso la regione di Novgorod. Sopra la regione di Smolensk è stato abbattuto un drone che si dirigeva verso la regione di Novgorod. Sopra la regione di Novgorod, fino alle 7 sono stati intercettati 18 droni ucraini che si dirigevano verso la residenza del Presidente e dalle 7 alle 9 altri 23 droni”. Più della metà – 49 – sarebbero stati distrutti nella provincia di Bryansk, a ridosso della frontiera ucraina: la villa di Putin si trova a settecento chilometri, il che rende impossibile indicarla come la destinazione finale degli ordigni. Insomma, stando al testo ufficiale solamente diciotto velivoli sarebbero direttamente legati al piano per colpire la magione del nuovo Zar.

La maskirovka del Cremlino

Sono indizi che sembrano accreditare la tesi di Kiev: il raid contro Putin è una “false flag”, inventata per giustificare l’escalation e demolire i negoziati. Nella tradizione sovietica se ne ricordano molte. La più famosa e drammatica risale al 26 novembre 1939: su ordine del Nkvd staliniano, l’Armata Rossa sparò sette cannonate contro il villaggio russo di Manila, accusando i finlandesi per dare il via all’invasione. Quello che abbiamo davanti pare andare oltre. Non risponde ai canoni della classica disinformazione, che ha effetti lenti, ma punta a un risultato immediato, tipico della sua declinazione militare chiamata “maskirovka”: crea ambiguità per ottenere libertà d’azione a tutti i livelli, condizionando i processi decisionali dell’avversario. Nel mirino c’è la Casa Bianca, che si vuole allontanare definitivamente da Zelensky, facendolo apparire subdolo e inaffidabile. Un rovesciamento della realtà, tale da cambiare le sorti del conflitto, perché Mosca così legittima una rappresaglia bestiale e contemporaneamente logora il fragile legame tra Washington e Kiev

I dubbi degli alleati

Il silenzio di Donald Trump e degli 007 statunitensi è tanto eloquente quanto inquietante: possibile che satelliti, intercettazioni e spie cibernetiche non siano in grado di smentire o confermare l’assalto a Putin? Ancora più enigmatico è il mutismo delle intelligence europee, con i governi più vicini all’Ucraina che hanno evitato di prendere posizione. Una situazione che riporta alla mente la distruzione del gasdotto Nord Stream, realizzata nell’ottobre 2022 da sabotatori ucraini: una matrice apparsa inizialmente incredibile. Oggi si ritiene che il team delle forze speciali abbia agito all’insaputa della presidenza, convinto di compiere una missione necessaria al futuro del Paese. Può essere accaduto qualcosa di simile con il raid denunciato dal Cremlino?

Le manovre degli 007 di Kiev

Le operazioni dei droni contro il territorio russo sono gestite dai due servizi segreti, quello militare diretto dal generale Kyrylo Budanov e quello civile guidato dal generale Vasyl Maljuk, il “Mastino” a cui vengono attribuite le uccisioni di ufficiali a Mosca e che ha rivendicato i blitz più clamorosi. Budanov in questa fase appare molto vicino al presidente e gli vengono accreditate ambizioni politiche, come la sostituzione di Andrej Yermak nel ruolo di regista del governo. Maljuk porta avanti a testa bassa la campagna per colpire il cuore del potere russo, dalle raffinerie alle petroliere, senza badare alle ripercussioni. A rendere più complesso il quadro, i singoli reparti incaricati del lancio dei velivoli-bomba agiscono nella riservatezza totale e con una ampia autonomia: restano in silenzio radio per ore o giorni, evitando di svelare i preparativi dei raid. Qualcuno dei comandanti può avere interpretato le parole natalizie di Zelensky – “Ognuno di noi si augura che muoia” – come un via libera per alzare il tiro? Un’ipotesi difficile da dimostrare, se non impossibile.

La mappa del mistero

C’è però una traccia insolita. Il canale Telegram ucraino “Dronebomber” ogni mattina posta una mappa delle spedizioni notturne degli aerei senza pilota. Spiega che è basata su “fonti aperte” russe: le persone che li segnalano sui social mentre sorvolano le loro case. Quella di ieri mostrava uno sciame di ordigni diretti verso la regione di Novgorod: li indicava solo nella prima parte del volo, il che non permette di stabilire la reale destinazione. Finora le informazioni sono sempre risultate attendibili. Nella cartina c’erano due grandi formazioni di droni. Una puntava sulla Crimea e ieri sono emerse numerose immagini degli impatti contro strutture belliche. Di quella che invece ha preso la rotta verso nord, dove si trova Novgorod, non si è saputo nulla.

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