martedì 9 dicembre 2025

Mestre e Savigliano

 


Ospedali, i migliori sono piccole strutture: Mestre e Savigliano (Cuneo). Dove andare per ogni cura

Michele Bocci
la Repubblica, 9 dicembre 2025

Ci sono due ospedali medio-piccoli al vertice della graduatoria delle migliori strutture d’Italia. A dirlo è il Pne, il Piano nazionale esiti di Agenas, l’agenzia sanitaria nazionale delle Regioni. L’ospedale di Mestre e quello di Savigliano sono le realtà con il maggior numero di indicatori positivi dei 218 presi in in considerazione dall’agenzia. Significa nei vari parametri, tra gli altri la mortalità dopo infarto e ictus, la quantità di interventi chirurgici oncologici svolti, la rapidità di certi interventi ortopedici, raggiungono il maggior numero di risultati positivi. Seguono strutture più grandi, alcune delle quali erano già ai vertici l’anno scorso come Federico II di Napoli, Humanitas di Milano, Ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo, Policlinico di Ancona ma anche realtà più piccole come Fidenza, Cittadella, Pontedera. Ai vertici, considerando le regioni, c’è la Lombardia (con 5 strutture di livello alto/molto alto valutate su 6 o 7 aree), Veneto (3 strutture valutate su 6, 7 o 8 aree) ed Emilia Romagna (2 strutture valutate su 6 e 7 aree).

Le strutture valutate

Agenas, in generale, segnala un miglioramento della qualità dell’assistenza ospedaliera. Ci sono però variabilità, che non riguardano solo il divario tra Nord e Sud ma anche la differenza tra le eccellenze dei grandi centri urbani e la scarsità di strutture dei centri minori. Cè un “un miglioramento incredibile degli esiti per i tumori al seno£ ma non per altri come quello del retto. L’analisi riguarda 1.117 strutture di ricovero per acuti e basata appunto su 218 indicatori, di cui 189 relativi all’assistenza ospedaliera, per misurare l’evoluzione del sistema ospedaliero dal 2015 al 2024. “Ciò che emerge – dice Americo Cicchetti, commissario straordinario di Agenas – è che, quando gli standard nazionali sono robusti, il sistema progredisce e migliora. Lo abbiamo visto, ad esempio, nella concentrazione della casistica per i tumori della mammella”.

La mortalità 30 giorni dopo l’infarto miocardico acuto

Come visto, l’agenzia prende in considerazione moltissimi inicatori. Prendendoli uno ad uno si capisce chi lavora meglio in un certo settore. Ad esempio, si valuta la mortalità a 30 giorni per infarto miocardico acuto. Le dieci strutture che la hanno più bassa, correggendo il dato percentuale secco con le complessità dei casi, sono: Ospedale civile di Guastalla (0,73%), Presidio Mater Domini di Catanzaro (0,90%), Ospedale di Mondovì (1,21%), San Luca di Lucca (1,31%), ospedale Franchini di Montecchio Emilia (1,34%), S. Pio da Pietralcina di Vasto (1,64%), Santa Maria degli Ungheresi di Polistena (1,65%), Opedale di Arpiano Irpino (1,75%), Città Studi di Milano (1,95), Fondazione Monasterio Pisa (1,96%).

I dati peggiori invece li hanno: Ospedale Piedimonte Matese (Caserta) (20,10%), San Giovanni di Dio Crotone (19,56%), Moriggia Pelaschini di Gravedona (18,83%), Tirrenia hospital Belvedere Marittimo (Cosenza) (15,81%), Moscati di Aversa (15,69%), Mater Dei Bari (15,54%), Jazzolino di Vibo Valentia (14,93%), ospedale di Maria Avola (14,78%), Ospedale di Rovigo (14,67%), ospedale dei Pellegrini Napoli (14,43%).

La mortalità dopo l’intervento di bypass

Indicatore fondamentale per valutare come lavorano le cardiochirurgie è la mortalità a 30 giorni per bypass aortocoronarico. Tra le prime 10, che fanno almeno 100 interventi l’anno, sette strutture hanno mortalità zero: Molinette TorinoNovara, Villa Torri Bologna, Azienda ospedaliera Siena, ospedale Pasquinucci Massa, Casa di cura Anthea Bari, San Carlo Potenza. Seguono l’azienda ospedaliera di Pisa (0,19% di mortalità), l’Umberto I di Ancona (0,22%), gli Spedali Civili di Brescia (0,23%).

I peggiori sono invece, sempre valutando dati corretti in base alla casistica e sempre valutando strutture con oltre 100 interventi, sono: Casa del Sollievo San Giovanni Rotondo (7,46%), Iscas Morgagni Pedara (Catania) (6,39%), Papardo Messina (4,56%), Monaldi Napoli (4,35%), Sant’Anna e San Sebastiano Caserta (4,31%), Moscati Avellino (4,25%), Giaccone Palermo (4,05%), Federico II Napoli (3,36%), Casa di cura Policlinico Monza (3,02%), Papa Giovanni XXIII Bergamo (2,96%).

La mortalità a 30 giorni per l’ictus

Passando all’ictus, Agenas valuta la mortalità a 30 giorni. Si tratta di un indicatore che ha a che fare anche con la rete di emergenza, cioè sulla capacità di intervento rapido di tutto il sistema. Sono tante le strutture che fanno pochissimi casi, anche meno di 10, segno che l’organizzazione non è buona, visto che è sempre meglio concentrare le attività specialistiche. Considerando chi segue almeno 100 ictus l’anno, e correggendo sempre il dato in base alla complessità della casistica, ecco i migliori: Ospedale di Cittadella (2,21%), Casa di Cura Nuova Itor Roma (2,33%), Ospedale di Santorso (Vicenza) (2,36%), Ospedale di Schiavonia (Padova) (2,47%), Nuova casa di cura D’Anna Pia Palermo (2,61%), San Raffaele Milano (2,82%), Campus biomedico di Roma (2,84%), Ospedale Parini Aosta (3,04%), Ospedale di Treviglio (Bergamo) (3,17%), Casa di cura Santa Barbara Gela (3,20%).

I peggiori, sempre sopra i 100 casi: Santa Maria delle Grazie Pozzuoli (20,35%), San Leonardo Castellammare di Stabia (19,89%), Umberto I Siracusa (19,38%), Ospedali Riuniti Reggio Calabria (18,54%), Presidio Pugliese Catanzaro (16,90%), Ospedale Sora (Frosinone) (16,48%), Santa Maria della Scaletta Imola (16,32%), Ospedale Andria (16,32%), Spirito Santo Pescara (14,36%), ospedale Maggiore della carità Novara (14,33%).

Rapidità ad intervenire sulla frattura del femore

Altro indicatore storico, legato alla capacità di organizzarsi degli ospedali è quello che valuta quanti sono gli interventi chirurgici per la frattura del collo del femore fatti entro 48 ore dall’accesso nella struttura di ricovero. Operare rapidamente, del resto, è fondamentale per permettere al paziente, spessissimo anziano, di riprendersi. Ecco i migliori, sempre tra coloro che fanno almeno 100 interventi l’anno: Ospedale Pertini di Roma (99,28%), Humanitas Gavazzeni Bergamo (98,69%), Ospedale di Monopoli (98,39%), Ospedale di Venezia (97,51%), Ospedale di Copertino (Lecce) (97,15%), San Giovanni di Dio Agrigento (97,13%), Ospedale Perrino di Brindisi (96,83%), Ospedale Galeazzi Milano (95,57%), Umberto I Siracusa (95,48%). Casa di cura Latteri Valsava Palermo (94,98%).

I peggiori sono distantissimi dai migliori: Policlinico Monserrato Cagliari (4,63%), ospedale Torre del Greco (4,99%), Spirito Santo Pescara (7,99%), Villa Sofia Palermo (10,40%), Ospedale Civile di Ozieri (Sassari) (11,32%), Santa Scolastica Cassino (Frosinone) (11,76%), Ospedale San Benedetto di Alatri (Frosinone) (13,46%), Santissima Annunziata Taranto (15,16%), Ospedale Latisana (Udine) (15,8/%), Ospedale Policoro (Matera) (16,08%).

Tumore alla mammella, il record dell’Ieo

Quando si parla di cura dei tumori la chiave è la concentrazione delle attività. Chi lavora di più lavora meglio e in Italia ci sono ancora troppe strutture che hanno la casistica troppo bassa per certe neoplasie. Se si osserva la situazione per quella più diffusa, cioè il tumore alla mammella, Agenas fa notare che la casistica trattata nelle strutture ad alto volume è passata dal 72% nel 2015 al 90% nel 2024. Un segnale positivo. In Italia sono 168 le strutture che fanno più di 150 interventi, altre 205 ne fanno meno, con ben 70 che ne fanno tra 2 e 10.

Ecco chi ha fatto più interventi nel 2024: Istituto europeo di oncologia Milano (2.662), Policlinico Gemelli Roma (1.441), ospedale Careggi Firenze (960), Ospedale Bellaria Bologna (839), Humanitas Misterbianco (Catania) (838), Humanitas Rozzano (Milano) (811), Fondazione del Piemonte per l’oncologia Candiolo (Torino) (794), Iov Padova (762), Istituto nazionale tumori Milano (743), Sant’Anna Torino (727).

I centri che operano più tumori della prostata

Il tumore più diffuso tra gli uomini è quello alla prostata. Anche in questo caso in dieci anni si è visto un aumento degli interventi fatti in strutture che hanno alti volumi di attività, cosa positiva. Quelle che nel 2024 hanno svolto più di 100 interventi sono 76, quelle che ne fanno tra 50 e 99 sono invece 71, ma 289 sono ancora sotto la soglia di 50.

Ecco quali centri lavorano di più: Careggi Firenze (824), Istituto europeo di oncologia Milano (557), policlinico Sant’Orsola Bologna (459), San Raffaele Milano (437), casa di cura Pederzoli Peschiera del Garda (Verona) (405), San Luigi Orbassano (Piemonte) (385), azienda ospedaliera Pisa (382), Istituto Regina Elena Roma (373), Niguarda Milano (318), Iov Castelfranco Veneto (Treviso) (312).

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