Immigrazione e sicurezza: come Kast ha conquistato il Cile giocando sulle paure
Otto, Università di Torino, 16 dicembre 2025
José Antonio Kast conquista la presidenza del Cile con il 58% dei voti al ballottaggio contro Jeannette Jara, raccogliendo i voti degli elettori di destra ed estrema destra. L’esito della consultazione elettorale riflette un profondo spostamento dell’elettorato verso proposte conservatrici e di “mano dura” su temi come sicurezza e immigrazione, temi che hanno dominato la campagna elettorale. Analizziamo le radici storiche di questo risultato con Tiziana Bertaccini, docente di Storia dell’America Latina presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino.
Professoressa, nonostante Jara fosse in testa dopo il primo turno, la vittoria di Kast non è stata una sorpresa. Perché?
Kast ha vinto nettamente su Jara, con uno scarto di 16 punti percentuali. Ha ottenuto il 58,16% contro il 41,84% della contendente, superando i 7 milioni di voti e diventando così il presidente più votato nella storia del Cile. Questo risultato segna un chiaro spostamento verso destra, in particolare verso una “nuova” destra radicale, la più radicale al governo dal processo di democratizzazione degli anni Novanta.
Per comprendere quanto accaduto è utile richiamare alcuni elementi preliminari. Al primo turno si è presentata, per la prima volta nella storia cilena, una candidata del Partito Comunista: Jeanette Jara. Si tratta di un fatto assolutamente insolito, se si considera che il Partito Comunista cileno ha tradizionalmente una rappresentanza limitata, intorno al 6% del sistema politico. Jara ha ottenuto il 26,8% dei voti, collocandosi chiaramente nello spettro della sinistra. La candidata dell’“ufficialismo”, cioè della continuità del governo di Gabriel Boric, rappresentando un’alleanza tra partiti di sinistra e di centrosinistra. Non a caso, Jara era stata ministra del Lavoro nel suo esecutivo. Tuttavia, la sua militanza storica nel Partito Comunista ha rappresentato una sinistra diversa rispetto a quella che voleva essere la “nuova sinistra” di Boric. Il risultato del primo turno, inferiore al 30%, è stato infatti più basso rispetto al consenso ottenuto da Boric.
Sul fronte opposto, Kast aveva vinto il primo turno con il 23,9%. È esponente di queste nuove destre, spesso definite ultradestre o destre radicali, e immediatamente dopo il primo turno ha ottenuto il sostegno delle altre forze di destra. In particolare, la destra tradizionale rappresentata da Evelyn Matthei, che aveva raccolto il 12,4%, e la destra libertaria di Johannes Kaiser, ancora più radicale, che aveva ottenuto il 13,9% dei voti. Sommando questi consensi, Kast avrebbe raggiunto già al primo turno una base potenziale del 50-51% dei voti per il ballottaggio. Questo dato rende evidente che l’esito finale non è stato una sorpresa: queste destre rappresentavano almeno la metà dell’elettorato cileno.
Uno scenario politico quindi fortemente polarizzato.
Sì, con un’offerta elettorale molto spostata a destra da un lato e molto a sinistra dall’altro. È probabile, inoltre, che Kast nel ballottaggio abbia intercettato anche una parte dei voti del candidato populista Franco Parisi, arrivato terzo al primo turno e vera sorpresa di quelle elezioni. Parisi non aveva dato indicazioni di voto, invitando piuttosto all’astensione o al voto nullo, ma quei consensi sembrano essersi redistribuiti nelle elezioni di ieri. A questo va aggiunto un elemento cruciale: circa cinque milioni di elettori che in passato si erano astenuti sono stati questa volta obbligati a votare, poiché si trattava della prima elezione con voto obbligatorio.
È importante sottolineare che Kast non è un outsider. Si è candidato per la terza volta e già nel 2021 aveva vinto il primo turno contro Boric, per poi perdere al ballottaggio. Le nuove destre non nascono improvvisamente: sono parte di reti internazionali con un progetto politico comune, cresciute nel corso degli anni all’interno delle loro società grazie a un lavoro costante e coordinato.
Quali fattori storici e sociali hanno influito sulla decisione dell’elettorato di orientarsi verso una figura conservatrice come José Antonio Kast?
La particolarità di questa elezione è stato il voto obbligatorio, introdotto per contrastare l’elevato astensionismo che aveva caratterizzato il Cile negli ultimi decenni. L’elettorato cileno si è storicamente distinto per una forte disaffezione verso la politica. Nel corso di questo millennio si è osservato un andamento pendolare: il voto del cambiamento, più che ideologico, ha proposto un’alternanza sistematica tra centrodestra e centrosinistra, premiando di volta in volta chi non era al governo. Questa dinamica riflette una profonda disillusione, in particolare verso le sinistre che avevano governato con la Concertación e poi con la Nueva Mayoría, giudicate incapaci di realizzare riforme strutturali incisive, come quella del lavoro, o percepite come eccessivamente moderate.
L’ascesa di Boric aveva riacceso le speranze di un rinnovamento, incarnando una sinistra giovane e diversa. Tuttavia, il suo governo è stato segnato sin dall’inizio dal fallimento del progetto di una nuova Costituzione, bocciato da quello stesso elettorato che lo aveva votato, e da un secondo tentativo costituzionale, affidato proprio a Kast, poi nuovamente respinto. Nel 2018, dopo il governo di sinistra della Nueva Mayoría, il potere era tornato alla destra convenzionale di Sebastián Piñera, confermando questo andamento oscillatorio. Ma la destra che vince oggi non è più quella tradizionale: è una nuova destra radicale.
Il ciclo si chiude simbolicamente con le proteste del 2019, caratterizzate da una contestazione generalizzata contro l’intera classe politica. Quelle mobilitazioni hanno reso evidente la profonda disaffezione dell’elettorato cileno verso la politica e le istituzioni.
Al proposito, ci può spiegare meglio la dimensione economica e sociale del Cile contemporaneo?
Il contesto strutturale è quello di un paese fortemente diseguale. Nonostante la crescita economica, il Cile rimane uno dei paesi più diseguali dell’America Latina, che nel suo complesso è la regione più diseguale al mondo. Già nel 2015 il Cile figurava tra i paesi con i più alti livelli di diseguaglianza. Secondo i dati OCSE del 2025, la diseguaglianza nelle opportunità che è aumentata in generale nei paesi membri, in Cile resta tra le più elevate, con un livello superiore al 35%. Questo dato aiuta anche a comprendere la sconfitta della candidata di sinistra: nonostante Jara avesse promosso una riforma del lavoro attesa da decenni, tale risultato non è stato sufficiente ad attrarre l’elettorato.
A questa diseguaglianza materiale si affianca una forte percezione sociale del problema: almeno sei cileni su dieci considerano la diseguaglianza una questione centrale. Si aggiunge poi l'elemento strutturale della debolezza e sfiducia istituzionale legato alle transizioni democratiche incomplete e al generale arretramento della democrazia di questi ultimi anni, fenomeno comune a gran parte dell’Occidente. L’America Latina è la regione con il più alto livello di sfiducia al mondo, secondo il World Values Survey.
In questo quadro, il Cile si colloca tra gli ultimi paesi latinoamericani per fiducia nelle istituzioni: solo il 12% dei cittadini ha fiducia nei partiti politici, il 19% nel Congresso, il 18% nel potere giudiziario. La fiducia nel presidente, nel 2024, si attestava al 36%, mentre quella nel governo al 33%. Emergono così tratti di una cultura politica caratterizzata da leader forti e partiti deboli, come dimostra il caso di Jara, votata ben oltre il peso elettorale del Partito Comunista.
In contrasto con questa sfiducia verso partiti e governo, il Cile registra livelli molto alti di fiducia nelle forze armate e nella polizia. Il 60% dei cittadini dichiara di avere fiducia nelle forze armate, posizionando il Cile al terzo posto in America Latina, dopo El Salvador governato dalla destra radicale di Bukele e l’Ecuador di Noboa. Ancora più elevata è la fiducia nella polizia, al 64%, seconda sempre a El Salvador. Questi dati si inseriscono in un contesto di indifferenza politica crescente: secondo alcune indagini, circa un quarto dei latinoamericani è indifferente a chi governa, e in Cile circa metà della popolazione concorda con l’affermazione “per me è lo stesso chi governa, tanto devo andare a lavorare”.
Accanto ai fattori strutturali, vi sono elementi più contingenti. Kast ha costruito la sua campagna facendo leva sulle paure più diffuse nella società cilena. I temi centrali sono stati la sicurezza pubblica e l’immigrazione irregolare, promettendo di espellere più di 300.000 immigrati irregolari (oltre a una critica dura ai risultati del governo Boric, alla pressione fiscale e al ruolo dello Stato). Kast ha parlato di una “crisi multipla di insicurezza”, legata alla bassa crescita economica e all’alto numero di migranti, arrivando a promettere un governo di emergenza.
Negli ultimi anni il Cile ha effettivamente visto crescere l’immigrazione, soprattutto a causa dell’esodo venezuelano, e si è registrato un aumento della violenza, sebbene non paragonabile a quello di altri paesi latinoamericani. Tuttavia, ciò che conta politicamente sono le percezioni: secondo il Latinobarómetro 2024, il 47% dei cileni ha paura della violenza per strada e il 77% teme di essere vittima di un crimine violento, il dato più alto di tutta l’America Latina, superiore persino a quello di paesi con livelli di violenza molto più elevati, come il Messico.
Ancora più significativo è il dato sull’immigrazione: l’85% dei cileni ritiene che gli immigrati causino un aumento della criminalità. Questo elemento è fondamentale per comprendere il voto a favore di Kast e non sorprende se confrontato con dinamiche simili osservate anche in Europa e in Italia, dove si registra uno scarto crescente tra le posizioni politiche progressiste sull’immigrazione e le percezioni dell’opinione pubblica, degli elettori di sinistra.
Quali conseguenze avrà questo risultato sullo scenario geopolitico dell’America Latina?
Questa vittoria ha implicazioni rilevanti non solo per lo scenario latinoamericano, ma anche per quello internazionale. Le nuove destre possono essere comprese solo tenendo conto di due livelli: quello interno, che abbiamo in parte ricostruito, e quello internazionale. Esse sono fortemente interconnesse e portano avanti un progetto politico comune ormai da anni.
L’America Latina è oggi al centro degli interessi di queste nuove destre radicali occidentali, mentre le sinistre si sono progressivamente allontanate dalla regione rispetto al passato. Questa centralità emerge anche nei recenti documenti strategici degli Stati Uniti, come la National Security Strategy annunciata da Trump, ma era già presente nei documenti del suo primo mandato. Ciò implica una volontà di cooperazione non solo economica, ma soprattutto politica e ideologica, per sostenere il progetto comune delle nuove destre occidentali.
Al centro vi è quella che viene definita una “battaglia culturale”, concepita come una lotta contro ciò che queste forze chiamano comunismo, inteso in senso molto ampio come progressismo e per promuovere la loro agenda morale. I valori sono quelli di Dio, Patria e Famiglia contro l’ideologia woke. Questa battaglia culturale di chiara ispirazione gramsciana punta alla promozione culturale di quei valori nella società attraverso festival, case editrici, fondazioni, think tank e piattaforme digitali.
Il caso spagnolo di Vox è emblematico. Vox ha coniato il termine “Iberosfera” per riferirsi all’America Latina, recuperando una visione fortemente colonialista. Dal 2019, quando Vox è diventato la terza forza politica in Spagna, il progetto di espansione in America Latina si è rafforzato. Secondo questa visione, condivisa con le altre destre occidentali, la regione avrebbe grandi potenzialità, ma deve essere “ripulita” dal cosiddetto virus del comunismo, inteso come l'insieme dei valori progressisti, in particolare quelli legati alla visione woke dei diritti civili.
Nel 2019 quando Kast fonda il suo partito, Propuesta Republicana – ed è da questo stesso anno che queste nuove destre si vanno espandendo in America Latina – dichiara di volerlo fondare a immagine e somiglianza del partito di Vox. Vox è stato creato grazie a una fondazione, HazteOir, fondata nel 2001 e poi successivamente un'altra, CitizenGo, nel 2013, che hanno portato avanti all'interno delle società civili, non solo in Spagna ma anche all'estero e in America Latina, l'agenda morale e quindi pro famiglia tradizionale, pro valori conservatori, contro l'ideologia di genere e contro l'ideologia woke.
Quando HazteOir compie dieci anni, nel 2011, considerato un anno chiave per la sua espansione in America Latina, fonda HazteOir in Cile. Da lì il progetto per una futura espansione nell'America Latina.
Lo stratagemma usato è quello del modello “moltitudine”: fare pressione politica attraverso la mobilitazione sociale e culturale. Si rafforzano così reti internazionali come la Conferenza Politica di Azione Conservatrice, fondata negli Stati Uniti nel 1974, e il Congresso Mondiale delle Famiglie, che iniziano a svolgersi anche in Cile, e nuove piattaforme transnazionali. Kast ha firmato la Carta di Madrid e, dopo la sconfitta del 2021, ha assunto un ruolo di primo piano nella Rete Politica dei Valori, fondata nel 2014, che riunisce politici europei e americani con l’obiettivo di rispondere a quella che definiscono una crisi civilizzatrice dell’Occidente.
Un tema centrale di questa agenda comune è l’immigrazione. Come viene affrontato?
Non si tratta solo di Trump, ma di un pilastro storico delle nuove destre europee, con riferimenti teorici che risalgono al secondo dopoguerra. Viene da pensatori come Locchi, come Benoist. Ricordiamo anche i legami con il governo Meloni e Fratelli d'Italia e Vox. Meloni stessa ha dichiarato, in occasione del vertice di EuroLat 2001 e in un altro incontro internazionale con Milei che l’America Latina è un pilastro fondamentale dell’Occidente e non può essere lasciata alla sinistra radicale. Kast, durante la campagna elettorale, ha incontrato Meloni e ha elogiato il modello italiano di gestione migratoria, promettendo uno “Escudo Fronterizo”, cioè la costruzione di barriere e muri alle frontiere, ispirati all’Europa orientale e a Israele.
In conclusione, questa vittoria rafforza le reti delle nuove destre a livello latinoamericano e internazionale, consolidando la cooperazione tra queste forze. Il prossimo banco di prova sarà il Perù, dove si terranno prossime elezioni e dove Kast ha già avviato accordi in materia di controllo migratorio e chiusura delle frontiere.
Qual è la posizione del presidente neoeletto rispetto all’eredità della dittatura? Esistono punti di contatto tra la destra attuale e Pinochet?
Durante questa campagna elettorale Kast ha adottato una strategia più prudente rispetto al passato, evitando di richiamare esplicitamente la figura di Pinochet per non perdere consensi. Kast proviene dalla destra dell’Unione Democratica Indipendente (UDI), in cui ha militato per quasi vent’anni, prima di fondare nel 2019 il Partito Repubblicano, espressione di queste nuove destre.
Nonostante il silenzio strategico della campagna, il suo passato parla chiaro. Nel referendum del 1988 Kast votò a favore della continuità del regime di Pinochet. Nel 2017 dichiarò che se Pinochet fosse stato vivo avrebbe votato per lui e in altre occasioni ha sostenuto che il dittatore avrebbe guidato una transizione alla democrazia. Queste posizioni si inseriscono in un più ampio atteggiamento revisionista delle nuove destre, evidente anche in Argentina con Milei, che tendono a relativizzare o reinterpretare le dittature del passato, adottando posizioni ambigue sui diritti umani e sui crimini contro l’umanità.
Va infine ricordato che, al momento, Kast non dispone di una maggioranza assoluta in Congresso. Questo apre interrogativi importanti sulla governabilità, sulla fattibilità delle riforme e sugli equilibri istituzionali del prossimo futuro.
Paolo Hutter
Sicurezza e neoliberismo, non è più il paese di Allende
Domani, 15 dicembre 2025
Questa vittoria della destra in Cile l’abbiamo vista arrivare da anni. La “luna di miele” col giovane e brillante presidente progressista Gabriel Boric era durata pochi mesi, dopo la sua entrata in carica nel marzo del 2022. La proposta di Costituzione eco-woke-socialista elaborata dalla euforica Assemblea Costituente era stata bocciata da oltre il 60 per cento degli elettori nel settembre 2022. Nel parlamento, eletto in contemporanea al primo turno presidenziale, il centrosinistra non aveva la maggioranza. La spinta a destra si è accentuata nelle elezioni locali e in quella della seconda Costituente.
Sicurezza, espulsioni, nuova crescita attraverso il liberismo sembrano diventate le nuove idee dominanti. Cosa è successo al Cile di Allende che sembrava risorto con i suoi ideali dopo la dittatura di Pinochet? Il colpo di stato del 1973 lo avevo visto arrivare coi miei occhi, ma recentemente ho visto anche i giovani rivoltosi del cosiddetto estallido attaccare la polizia nel 2019 in nome della “Dignidad” e poi confluire nella barriera del voto a Boric nel 2021.
Se l’Assemblea costituente aveva sbagliato per eccesso di radicalismo, non si può certo dire la stessa cosa per il governo di Boric. Costretto alla prudenza dagli sfavorevoli rapporti di forza in parlamento, dai sondaggi, dall’esaurirsi dei movimenti, e anche da una certa inesperienza. Sembra quasi di poter dire – ma qui entriamo nella “filosofia della storia” – che il vento è cambiato a prescindere dalle capacità dei gruppi dirigenti politici. O anche più semplicemente che si vota regolarmente contro il governo uscente e Kast ha potuto presentarsi come la destra che non ha mai governato.
Il Cile porta in America un nuovo Bolsonaro, o un nuovo Milei, un nuovo Trump? Molti migranti hanno tremato per la promessa minaccia di cacciarli, e hanno affollato la frontiera col Peru per uscire. La spesa sociale, che già storicamente non è granché, è a rischio. Alcuni elementi portano però a una visione meno angosciosa per i democratici. Dal punto di vista elettorale la sconfitta candidata Jeannette Jara non è andata così male. Aveva il doppio handicap di essere, anche se pulita e brava, pur sempre una ministra uscente di un governo con basso consenso, e di essere militante di un partito che si chiama comunista. In termini assoluti ha preso più voti di quelli che portarono alla vittoria Boric, 5 milioni e 200mila anziché 4 milioni e 600mila, ma il problema è che i voti di Kast, rispetto al 2021, sono raddoppiati.
Da qualche anno il voto in Cile è diventato obbligatorio. C’è un sondaggio che dice che senza voto obbligatorio Jara poteva vincere. Sono stati gli elettori più ignoranti e demotivati a far vincere Kast. Nel nuovo Parlamento le destre sono più forti, ma comunque non hanno una maggioranza assoluta. Il nuovo presidente dovrà tessere e faticare almeno un po’. Al termine di una giornata elettorale del tutto tranquilla sia Boric che Jara che persino Bachelet si sono affrettati a complimentarsi pubblicamente e cerimoniosamente con Kast e a invocare lealtà istituzionale, spirito repubblicano e confronto democratico. Vogliono giocare di sponda col centrodestra più tradizionale e moderato per cercare di normalizzare Jose Antonio (è un nome raro, gli è stato dato dal padre nazista in omaggio al fondatore della Falange spagnola, Primo de Rivera. Acqua passata...). Bachelet vuole l’appoggio per la carica di segretario generale dell’Onu.
Il clima è di attesa per vedere che presidente sarà. Ci sono stati alcuni momenti di tensione in Plaza Italia (ex Plaza Dignidad) tra giovani antagonisti e polizia, ma al di sotto del fisiologico.



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