Giuseppe Legato
Sassaiole, minacce e scontri di piazza: lo sgombero di Aska dopo 70 giorni di assalti
La Stampa, 19 dicembre 2025
Settanta giorni di fuoco racchiusi in un decreto di perquisizione. Dal 22 settembre al 28 novembre. Settanta giorni di scontri, danneggiamenti, assalti. Di violenza di piazza, di dissenso organizzato senza rispetto delle oceaniche maggioranze pacifiche che difendevano la causa palestinese. Dalle Ogr alla redazione de La Stampa, da Leonardo alla Città Metropolitana, dai blocchi dei binari a Porta Nuova e Porta Susa fino all’invasione della pista dell’aeroporto di Caselle si è arrivati dritti all’ultimo capitolo - dopo 29 anni - del centro sociale Askatasuna. Che era nell’aria come la neve a Natale. E si è scritto ieri mattina all’alba.
La Digos ha eseguito otto perquisizioni per alcuni degli autori di quei disordini. Altri 17 sono indagati dalla procura guidata da Giovanni Bombardieri per aver partecipato a un’infilata di sassaiole, assalti e proteste sconfinate in un lenzuolo - ipotizzato - di infrazioni al Codice penale. Eccole: «Violenza privata, lesioni personali aggravate, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento aggravato, violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravata, blocco stradale in concorso». Più che i singoli titoli di reato è però il ruolo dei militanti del centro sociale e dei collettivi che vi aderiscono a scandire il ritmo di quanto accaduto ieri.
Negli ultimi due anni, il dissenso violento di piazza ha visto il marchio di Askatasuna o di suoi asseriti riferimenti ricorrere con crescente frequenza. Per i pm la regia è sempre la stessa. Lo era stata prima degli ultimi 70 giorni - e per la precisione negli ultimi due anni dalla visita della premier Giorgia Meloni in occasione del Festival delle Regioni o del ministro Valditara, al volantinaggio di studenti di destra all’università (5 dicembre 2023) o alla manifestazione per la Palestina davanti alla sede Rai di via Verdi (13 febbraio 2024) o - ancora - il corteo contro il G7 a Palazzo Nuovo (29 aprile 2024).
Lo scorso ottobre un giudice ha firmato misure cautelari per una decina di esponenti dell’area antagonista. Allora gli indagati «istigavano i manifestanti contro la polizia per far degenerare manifestazioni pubbliche con l’obiettivo (anche) di strumentalizzare mediaticamente l’operato delle forze dell’ordine ottenendo solidarietà e guadagnando nuovi sostenitori e hanno assunto da tempo un ruolo di primo piano nelle mobilitazioni di piazza gestendole sempre con l’obiettivo di innalzare il livello dello scontro e della tensione facendo degenerare manifestazioni pubbliche in atti di violenza». Allora come oggi diversi, sempre legati ad Askatasuna figurano nell’elenco degli indagati intenti a «occupare binari, a danneggiare le Officine Grandi Riparazioni il giorno prima che da programma arrivassero - si legge nei decreti di perquisizione - Jeff Bezos fondatore di Amazon e Ursula Von Der Leyen presidente della Commissione Europea nell’ambito dell’evento “Italian Tech Week”». In quest’ultimo caso distruggevano «arredi, monitor, vetrate e vetture di Stellantis per complessivi 132 mila euro di danni».
In occasione - 3 ottobre 2025 - della mobilitazione a sostegno della Global Sumud Flotilla attaccavano la sede di Leonardo in corso Francia «effettuando - scrivono i pm - un fitto lancio di oggetti contundenti e pietre all’indirizzo delle forze dell’ordine (sei feriti, ndr) causando numerosi danni alle autovetture dei dipendenti (dieci), danneggiando il cancello meccanico, due telecamere di sicurezza, gli apparati elettrici e videocitofoni con un danno totale di 25 mila euro». A colpi di estintore contro la polizia si erano introdotti il 14 novembre (“No Meloni day”) negli uffici della Città Metropolitana in corso Inghilterra.
Due settimane dopo l’ultima firma: l’irruzione a La Stampa. Letame sulle scale, al grido «Giornalista ti ammazziamo, giornalista ti uccidiamo». Ancora: «Scavalcavano il cancello, con minaccia esercitata come forza intimidatoria in ragione dell’elevato numero di manifestanti nei confronti delle addette alla reception, costringevano le stesse a tollerare l’invasione dell’edificio. Tutto, asportando telecamere di sorveglianza, forzando l’ingresso del bar, danneggiando porte e mettendo a soqquadro l’intero openspace della redazione». Un nome ricorre: Sara Munari, giovanissima, 24 anni. Per i pm di Torino fa parte di un trio violento che guida le rivolte di piazza. Altri, giovani come lei, erano ieri in strada davanti allo stabile di corso Regina. Sono le nuove leve di Askatasuna che forse, molto meno delle vecchie, volevano il patto siglato con il Comune per la cogestione dell’immobile.
Andrea Joly
Dalla nascita del Patto al tramonto in meno di due anni: la storia del progetto fallito di Askatasuna
La Stampa, 18 dicembre 2025
Si chiude l’era del Patto con Askatasuna. Una collaborazione per trasformare l’immobile occupato di corso Regina 47 in un bene comune voluta dalla Sinistra del Comune di Torino, avallata dal sindaco Stefano Lo Russo, ma che non si compirà: questa mattina, a seguito dell’operazione delle forze dell’ordine che ha allontanato 6 attivisti che risultavano vivere all’interno dell’edificio, il Comune ha revocato il patto.
Gennaio 2024: nasce il Patto per corso Regina 47
Il percorso di progettazione partecipata sull’immobile di corso Regina Margherita 47 è iniziato il 30 gennaio 2024. È questo il giorno in cui la giunta Lo Russo ha dato il via libera al tavolo tecnico per i beni comuni recependo la proposta di collaborazione da parte di un comitato di cittadini. I motivi del percorso, per la Città, sono sempre stati due: restituire ai torinesi la fruizione pubblica di un immobile occupato da quasi trent’anni e rimettere in sicurezza l’immobile. Dalle prescrizioni di Asl e Vigili del Fuoco di fine 2023 il centro sociale Askatasuna è risultato inagibile. «Il rilascio dell'immobile di proprietà del Comune da parte degli occupanti», condizione vincolante promossa dai garanti del progetto, non era più rinviabile.
Febbraio 2024: primo sopralluogo e tensioni crescenti
Il progetto bene comune è proseguito tra attività (poche) e attacchi politici (molti). Un sopralluogo del 15 febbraio 2024 conferma: l’immobile è liberato. Ma il centrodestra incalza, scendendo in piazza a Torino e attaccando in Consiglio comunale e in Parlamento. Anche il Viminale esprime dubbi. Il 12 marzo viene approvato in via ufficiale il patto e iniziano verifiche e ispezioni nella struttura. Intanto, corteo dopo corteo a Torino, sale il livello di tensione. «Dietro c’è chi soffia sul fuoco», attacca il prefetto Donato Cafagna. «Nel nostro distretto assistiamo al monopolio da parte del movimento antagonista torinese denominato Askatasuna», afferma il Procuratore Generale Lucia Musti. Lo Russo non arretra: «Le responsabilità, qualora accertate, sono individuali. Non è il palazzo che va ai cortei».
Febbraio 2025: luci accese e polemiche sullo stabile
A febbraio 2025 nell’immobile di corso Regina Margherita 47 le finestre si illuminano. Ma non dovrebbero: l’immobile è inagibile. Il centrodestra attacca: chiedono lo sgombero di Askatasuna. Stefano Lo Russo, in diretta tv da Massimo Giletti, difende il progetto: «Il processo per riportare quell’immobile alla legalità non si ferma». Ricorda come dal 1996 a oggi si siano alternati 16 governi e 13 ministri dell’Interno, e nessuno abbia agito. Il percorso avviato il 30 gennaio 2024 va avanti.
Marzo 2025: rinnovo del Patto e stretta degli inquirenti
A marzo 2025 il Comune rinnova il Patto, ma arriva la comunicazione del Questore Paolo Sirna al Prefetto Donato Cafagna. Le perizie e relazioni tecniche della Digos, Asl e Vigili del Fuoco confermano: l’intero stabile è inagibile per condizioni strutturali, impiantistiche e antincendio. L’ordinanza di inagibilità firmata dal Comune è una risposta anche alla Procura della Repubblica. Lo stabile, dal primo piano in poi, deve restare vuoto. A ribadirlo sono anche i garanti del progetto. «Basta sgarri», dichiara Ugo Zamburru, psichiatra e proponente.
Legge regionale di Marrone e ricorsi al Tar
Fratelli d’Italia si muove: l’assessore Maurizio Marrone promuove una legge regionale sui beni comuni e avvia due ricorsi al Tar a maggio 2025. Ma il Tar dà ragione al Comune sul ricorso depositato il 20 maggio 2025 da consiglieri della Circoscrizione 7 e alcuni cittadini. La legge regionale 5/24 non si applicherebbe ai beni comunali. Inoltre, secondo il Tar, l’immobile risultava libero al momento dell’avvio della co-progettazione. «La procedura amministrativa che abbiamo seguito è corretta – commenta il sindaco Lo Russo – Il percorso di restituzione alla comunità dell’immobile prosegue».
Novembre 2025: progetti fermi, ma riparte la raccolta fondi
A novembre 2025 si muove qualcosa in corso Regina Margherita 47. I proponenti organizzano una conferenza stampa nel cortile dell’edificio, presentando la fine delle attività di riordino e pulizia per avviare i lavori al piano terra. Ugo Zamburru e Giorgio Cremaschi lanciano la raccolta fondi “Supporta il 47”: l’obiettivo è raccogliere 100 mila euro tramite eventi e iniziative. «Max Casacci ci darà una mano – assicurano – ma dobbiamo definire un calendario».
Attacco a La Stampa e perquisizioni: il Patto è violato
A fine novembre, l’attacco alla redazione de La Stampa in via Lugaro segna un punto di rottura. Fumogeni, passamontagna, graffiti «Fuck stampa», e minacce: «Giornalista ti ammazziamo». L’azione, insieme ai disordini alle Ogr e all’azienda Leonardo, porta alle perquisizioni che coinvolgono sei attivisti all’interno dello stabile. Il Patto è violato. Il sindaco Stefano Lo Russo annuncia: «In questo contesto la Prefettura di Torino ha comunicato alla Città l’accertamento della violazione delle prescrizioni relative all’interdizione all’accesso ai locali di corso Regina Margherita 47. Tale situazione configura un mancato rispetto delle condizioni del patto di collaborazione che pertanto è cessato, come comunicato ai proponenti».

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