venerdì 12 dicembre 2025

Giornali in allarme

Giuliano Santoro
Arrivano i greci, Repubblica e Stampa in agitazione permanente
il manifesto, 12 dicembre 2025

A Gedi lo sciame sismico si avvertiva da tempo, adesso è arrivato il terremoto vero e proprio. Dal gruppo legato a John Elkann, che edita Repubblica e Stampa e che possiede Radio DeeJay e Capital e che fa capo alla holding Exor, si è appreso nei giorni scorsi dell’esistenza di una «trattativa in esclusiva» con i greci di Antenna. Dall’azienda parlano di un pre-accordo che definisce il grosso della cessione. Elkann, facendo trapelare la cosa, pare sbarrare la strada all’interessamento di Lmdvc di Leonardo Maria Del Vecchio.

L’epicentro è a Roma, largo Fochetti, al palazzo che ospita Repubblica. L’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori degli altri settori «prende atto con profondo sconcerto dell’annuncio della proprietà della svendita di quel che resta del nostro gruppo editoriale, che in questi anni è stato smantellato pezzo dopo pezzo dall’attuale editore, John Elkann». Decreta lo stato di agitazione permanente con la sospensione immediata della partecipazione a tutte le iniziative editoriali speciali. Si annuncia un primo pacchetto di cinque giorni di sciopero, a partire da oggi. C’era il rischio che il giornale non fosse in edicola già da oggi ma un incontro last minute ha scongiurato la cosa.

«Siamo pronti a una stagione di lotta dura a tutela del perimetro delle lavoratrici e dei lavoratori e dell’identità del nostro giornale», dicono dall’assemblea. Chiedono la tutela dei livelli occupazionali, ciò che Elkann ha affermato di non poter garantire con la cessione ai greci, e «la salvaguardia dell’identità politico-culturale di un giornale che costituisce dalla sua fondazione, cinquant’anni fa, un pezzo della storia e della politica nazionale».

La Stampa ieri non è uscita e il sito web è rimasto fermo, nonostante fosse in programma una visita di Sergio Mattarella. Anche in questo caso lavoratori e lavoratrici chiedono garanzie sia sul lavoro che sulla linea politico-culturale dello storico giornale torinese. Al quale gli acquirenti greci non sarebbero interessati: si rischia dunque la svendita a un soggetto terzo che al momento non sarebbe stato individuato. Del processo di dismissione e vendita rischia di fare le spese anche La Sentinella del Canavese, storica testata di Ivrea.

La vicenda è un caso politico: si parla di uno degli asset centrali dell’informazione del paese. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’informazione e all’editoria Alberto Barachini fa sapere di aver convocato i vertici di Gedi e i Cdr dei due quotidiani. I gruppi parlamentari di Avs, del Pd e del M5S reclamano il governo. «Chiediamo una informativa urgente», esclama in aula il vicecapogruppo di Avs alla camera Marco Grimaldi. «Chi acquista deve assumersi la responsabilità dell’intero gruppo e del suo rilancio industriale, uno spezzatino indebolirebbe ulteriormente il sistema dell’informazione – afferma il capogruppo dem al senato Francesco Boccia – Per la tutela di beni e capitali strategici di interesse nazionale viene spesso evocato il golden power, utilizzato dal governo Meloni per molto meno».

Tutt’altri toni a destra, dove forse non vedevano l’ora di vedere il giornale del fu «ceto medio riflessivo» in questa situazione. Alcuni retroscena raccontano che Giorgia Meloni vede di buon occhio la transizione ellenica. Il senatore della Lega e sottosegretario alla presidenza del consiglio Alessandro Morelli saluta «il nuovo assetto proprietario, capace di introdurre energie fresche e visioni meno condizionate da storiche impostazioni di parte». Per il ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo servono «proprietà trasparenti e solide, capaci di garantire ancora la libertà di informazione. Per questo considero necessario che, nel caso di un passaggio di proprietà, siano illustrati piano industriale e conseguenti garanzie occupazionali».

È inevitabile che lo scontro interroghi altri settori che in questi anni hanno conosciuto le dismissioni di Exor. «La vendita rappresenta chiaramente la politica industriale che gli Elkann stanno attuando da tempo – denunciano i segretari generali di Cgil Piemonte e Cgil Torino, Giorgio Airaudo e Federico Bellono – Siamo vicini alle giornaliste e ai giornalisti, alle lavoratrici e ai lavoratori di tutte le redazioni del gruppo Gedi per l’ennesima svendita messa in atto da Exor. La politica e le istituzioni devono pretendere garanzie dalla proprietà: in gioco non c’è solo una possibile crisi occupazionale, ma il diritto a un’informazione libera».

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