Ferruccio De Bortoli
Noi europei educati e deboli
Corriere della Sera, 9 dicembre 2025
Siamo troppo educati. È insopportabile l’incapacità europea di rispondere per le rime alle accuse ingiuste e spesso sprezzanti e volgari che le vengono rivolte. Significativo che parlino più i portavoce dei leader. Come se questi ultimi temessero di compromettere i propri rapporti governativi e personali con l’amministrazione americana e, sotto sotto, ne condividessero le ragioni. Tanto prendersela con Bruxelles non costa nulla. C’è anche la preoccupazione di non voler scontentare alleati di governo che tifano, corrisposti, apertamente per Trump (e dunque contro l’Europa) e a volte sono inclini a guardare con simpatia anche il Cremlino (ancora una volta contro l’Europa). Se dovesse prevalere, anche in futuro, questo atteggiamento inutilmente ambiguo e attendista, allora avrebbe ragione la Casa Bianca: il declino è inesorabile. Perché se nemmeno i vertici europei sentono la necessità di difendere — con la forza degli atti e non solo con le parole, peraltro deboli — le conquiste dell’integrazione, i valori dello Stato di diritto, le potenzialità del mercato unico, allora non c’è più speranza.
Sono più espliciti gli ex premier, come Carl Bildt, Romano Prodi e ieri sul Corriere Mario Monti. Chi è in carica deve essere necessariamente più trattenuto, d’accordo, ma non al limite dell’arrendevolezza.
«No alle interferenze sulla vita politica dell’Europa» ha detto ieri il presidente del Consiglio europeo, António Costa. Ma qui siamo molto al di là delle interferenze. Siamo all’emissione di una sentenza di morte presunta dell’Europa e dei suoi valori, con un richiamo esplicito agli alleati sovranisti perché completino l’opera. E non stiamo parlando solo delle farneticazioni di Elon Musk che paragona l’unione al Quarto Reich e vorrebbe abolirla semplicemente per aver ricevuto una multa di 120 milioni (briciole per lui). Conforta il fiume di bandiere blu con le dodici stelle, postate con orgoglio da tanti iscritti al suo social network nel quale le regole le vuole dettare solo ed esclusivamente lui (e infatti ha rimosso l’account della Commissione europea). Sono tante le aziende europee che hanno pagato, in silenzio, fior di soldi per aver infranto norme statunitensi. In alcuni casi senza aver avuto rapporti con controparti americane, ma solo con Paesi ed entità ritenuti nemici. E nessun politico le ha considerate — come hanno fatto, il vice presidente J.D. Vance e il segretario di Stato, Marco Rubio, per la multa a Musk — un attacco alla propria nazione o all’unione.
L’accusa che brucia di più, condivisa da molti europei e anche da pezzi della nostra maggioranza di governo, è quella di un’Europa che nega la libertà di parola. Lo afferma, brutalmente, anche Musk. I regolamenti europei in materia non contengono alcun attacco alla libertà d’opinione, ma cercano di tutelare la trasparenza e proteggere i dati personali. L’europa non è la prigione del free speech, e per fortuna non vuole diventare una giungla a pagamento, come rischia di essere X, dove l’illuminato proprietario fa il bello e il cattivo tempo riducendoci tutti a sudditi. Sono troppe le regole comunitarie, d’accordo. Vanno semplificate, giusto. Alcune appaiono superate, come quelle che vietano gli aiuti di Stato o limitano la capacità di crescita dimensionale delle aziende. Ma
” Valori
L’accusa che brucia di più è quella di un’Europa che nega la libertà di parola Lo afferma, brutalmente, anche Musk
la litania sul mostro burocratico di Bruxelles, del tutto consolatoria in chiave nazionale (chi le ha approvate quelle norme?) rischia di essere suicida. Quelle sul mondo digitale, le più avversate e odiate dalle Big Tech (una ragione ci sarà e non è solo il freno all’innovazione e alla ricerca) dovrebbero essere difese con maggiore risolutezza. E rivendicate nella loro utilità, nel loro spirito. Non sono parti di una contrattazione più ampia con gli Stati Uniti. Se lo fossero allora sarebbero ridondanti o persino inutili.
L’unione europea ha poi molti strumenti per difendere il mercato unico da chi vorrebbe solo invaderlo e colonizzarlo. Può per esempio impedire la partecipazione ad aste pubbliche di giganti americani o cinesi. Certo, ci vuole coraggio, ma se non se ne paventa nemmeno l’uso svanisce ogni effetto di deterrenza. Difficile che gli altri temano le nostre regole se siamo i primi noi a sbeffeggiarle e a far finta che non esistano neppure. Su un punto, nel suo documento, Trump ha ragione. Quando dice che l’Europa sta perdendo la «propria autostima nazionale». Non c’è dubbio, il pericolo è reale. E dovrebbe preoccupare in primo luogo i tanti sovranismi europei che oggi non nascondono la speranza che l’unione collassi, anche nella tenaglia tra America e Russia, per trarne profitto. Chissà quale?
Nessun commento:
Posta un commento