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| Giorgio Rossetto |
Giancarlo Caselli
Vittorio Barosio
Quel patto tradito da Askatasuna e i garanti
La Stampa, 20 gennaio 2025
All’inizio del 2024 la Città di Torino, per risolvere i problemi derivanti dall’occupazione da parte di Askatasuna dell’immobile in corso Regina 47, aveva lodevolmente sottoscritto con un “gruppo informale di soggetti civici” un Patto di collaborazione. Lo scopo era non solo quello di evitare i possibili disordini conseguenti ad uno sgombero forzato, ma soprattutto quello di intraprendere un’esperienza nel campo culturale e di promozione sociale, destinando poi l’immobile a luogo in cui organizzare momenti di partecipazione aperti a tutto il quartiere. Si è cercato in questo modo di trovare una forma di collaborazione tra la Città e Askatasuna per realizzare un fine di interesse pubblico.
Il Patto di collaborazione stabiliva fra l’altro che «l’uso della struttura edilizia rimanesse interdetto fino alla conclusione degli approfondimenti tecnici sulla sicurezza» dell’immobile, e che i soggetti civici (cosiddetti “garanti”) fossero «responsabili delle azioni che con il presente Patto e con le attività annesse e connesse si sono impegnati a realizzare». Era però ormai da tempo che l’immobile di corso Regina, anziché restare vuoto, costituiva di fatto la centrale operativa degli aderenti ad Askatasuna, nella quale si organizzavano azioni violente che certamente costituivano violazioni del Patto, e che comunque non possono essere organizzate in alcun edificio.
La Città di Torino ha cercato in questi due anni di “passare sopra” a queste numerose e gravi violazioni, pur di non far saltare il Patto. Ma l’assalto del 28 novembre alla redazione de La Stampa è stato così violento, aberrante e pericoloso da non consentire più margini di tolleranza. Ed è questo episodio che, unito a tutti i fatti precedenti, ha reso ormai inevitabile lo sgombero. Con esso si è superata quella linea rossa oltre la quale l’organo dello Stato delegato alla sicurezza pubblica non poteva non intervenire. Di chi è la colpa? Certamente degli aderenti ad Askatasuna che in questi anni, approfittando di ogni occasione, hanno continuato a commettere atti di violenza. Ma la colpa è anche dei garanti, che evidentemente non hanno assolto al loro compito di sorveglianza: né sul fatto che i piani superiori dell’edificio restassero vuoti, né sull’attività che aveva luogo nell’edificio stesso e che aveva ad oggetto la pianificazione di iniziative illecite.
Che cosa ha determinato questa mancanza di controllo nonostante i garanti si fossero assunti l’obbligo di sorveglianza e di rispetto del Patto? E il Comune? Esso, in quanto parte contraente del Patto (e per di più proprietario dell’immobile), aveva titolo per interloquire con i garanti al fine di assicurarsi che essi svolgessero effettivamente il compito di sorveglianza che si erano assunti con il Patto. Di fronte all’inerzia dei garanti stessi il Comune lo ha fatto? Si è attivato con i garanti per avere da loro tutte le dovute informazioni su ciò che accadeva nell’edificio e per spingerli a svolgere sul serio la dovuta attività di vigilanza? È chiaro poi che, con lo sgombero dell’immobile, veniva meno la base per l’attività di collaborazione tra il Comune e Askatasuna, e che quindi non aveva più senso la prosecuzione del Patto. Ed era quindi logico che il Comune, dopo l’ordine di sgombero, si avvalesse del suo potere, espressamente previsto dal Patto, di recedere da esso. Resta l’amarezza sulla conclusione di una iniziativa che certamente, se si fosse mantenuta entro binari corretti, non sarebbe stata solo di notevole utilità per tutta la cittadinanza e per il quartiere, ma avrebbe anche costituito un ottimo esempio, e una vera e propria “avanguardia”, nella gestione del potere pubblico condivisa fra i privati cittadini e la Pubblica Amministrazione.
Giorgio Rossetto, volto storico di Askatasuna
https://www.lastampa.it/torino/2025/12/20/news/la_minaccia_di_aska_faremo_di_torino_la_nuova_val_susa-15441621/
«Spero che la risposta (allo sgombero ndr) sia adeguata e mi sembra che la scelta della Questura di fare prima delle feste natalizie questa operazione sia un po’ avventata; c’è la possibilità di tenere il fiato sul collo, in modo che sia lo stesso fiato sul collo che si tiene sulle montagne della Val Susa, ai cantieri, e penso che ci siano i margini anche nella zona di Vanchiglia, la zona dell’Askasatuna, per poter lavorare ad un logoramento dello schieramento avversario».
Jacopo Rosatelli
https://ilmanifesto.it/lassessore-rosatelli-a-torino-un-modello-alternativo-al-governo
Proprio oggi (ieri, ndr) con il sindaco e la vice abbiamo incontrato alcuni dei garanti di questo accordo. È stato un confronto che è servito per ribadire un messaggio: questo tentativo che stiamo facendo deve andare avanti, perché siamo convinti che sia un modello di relazione con i movimenti sociali radicalmente alternativo rispetto alla repressione del governo. Qui a Torino noi amministratori rivendichiamo questo percorso fatto su Askatasuna, non ne siamo pentiti e anzi pensiamo che sia ancora necessario salvaguardarlo. L’idea che sta alla base del patto è valida, e vogliamo costruire le condizioni per farlo ripartire insieme ai garanti, ai proponenti e a tutti quelli che vogliono fare di Torino un laboratorio di innovazione sociale e solidarietà. Contro chi invece vorrebbe che questa città diventasse un laboratorio di repressione.

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