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Ivar Oddone (Kim) è il primo a sinistra |
Un
certo numero di persone in Italia, dopo l'8 settembre 1943, nelle
regioni occupate dalle truppe tedesche, decisero di darsi alla
macchia e di animare la resistenza. Forse il più celebre dei testi
che trattano del tema è stato scritto da Beppe Fenoglio e si trova
nel romanzo Il
partigiano Johnny.
Sono le parole poste in apertura: «Johnny stava osservando la
sua città dalla finestra della villetta collinare che la sua
famiglia s’era precipitata ad affittargli per imboscarlo dopo il
suo imprevisto, insperato rientro dalla lontana, tragica Roma fra le
settemplici maglie tedesche. Lo spettacolo dell’8 settembre locale,
la resa di una caserma con dentro un intero reggimento davanti a due
autoblindo tedesche not entirely manned, la deportazione in Germania
in vagoni piombati avevano tutti convinto, familiari ed hangers-on,
che Johnny non sarebbe mai tornato». Lo spettacolo è ributtante, il
personaggio contrariamente alle apparenze non si è volatilizzato,
torna a casa dai genitori, di primissima mattina, prende la sua roba
e poi torna di nuovo «sulla collina, in imboscamento».
Johnny non sarebbe mai tornato e tuttavia, nel romanzo come nella
realtà, passano alcuni mesi prima che scatti il passaggio
all'azione. Già in dicembre Beppe partecipa con il fratello Walter
all'assalto alla caserma dei carabinieri di Alba, con il risultato di
liberare i padri dei renitenti di leva trattenuti in ostaggio. Il
mese dopo, il passaggio all'azione è ancora più netto:
"Voglio entrare nei partigiani, con voi". Dopo qualche
tentennamento degli interlocutori la saldatura si compie e il
coinvolgimento nella guerra partigiana può avere inizio.
Anche
Calvino dopo l'8 settembre in un primo tempo si nasconde. Quando,
il 9 novembre 1923, esce il bando del generale Graziani per la
chiamata alle armi delle classi 1923, 1924 e 1925, Italo che è nato
il 15 ottobre 1943 non si presenta e passa ancora alcuni mesi
nascosto nella campagna paterna di San Giovanni.
Nella zona di
Sanremo la presenza dei partigiani comunisti in armi sul territorio
si fa sentire, il 27 gennaio 1944 il medico Felice Cascione,
comunista, viene ucciso in combattimento a Monte Alto, in provincia
di Savona. Quando in febbraio si sparge la notizia, il giovane
renitente alla leva entra in rapporto con dei compagni operai e
decide di aderire al PCI. Cura allora la propaganda comunista tra gli
studenti. In marzo lo troviamo ricoverato all'ospedale militare
di Genova, dove cerca di farsi riformare. Qualcosa ottiene, perché
non parte soldato ma tra maggio e giugno presta servizio sedentario
come scritturale presso il tribunale militare di Sanremo. Solo a metà
giugno si dà di nuovo alla fuga e si arruola con il nome di Santiago
nel XVI distaccamento della IX Brigata Garibaldi. Non per nulla era
nato a Cuba in un villaggio nei pressi dell'Avana, Santiago de las
Vegas.
Qui
comincia per Italo Calvino una esperienza partigiana che procede a
sbalzi, tra fasi di impegno e interruzioni ripetute. Il
XVI distaccamento va in pezzi alla fine di giugno dopo una
sconfitta sul campo. Di nuovo si impone un soggiorno a San Giovanni.
Dopo alcune settimane, il 15 agosto c'è un nuovo arruolamento con
l'aggiunta del diciassettenne fratello Floriano. Si uniscono a una
banda badogliana che, dopo aver fronteggiato per due volte il
nemico, il 20 settembre si dissolve. Trascorse
in estate alcune settimane al riparo nei poderi di famiglia, si
arruola di nuovo, sempre col fratello Floriano, stavolta in una banda
'azzurra', cioè badogliana, che dopo due scontri con i nazifascisti
(Coldirodi e Baiardo) si scioglie il 20 settembre. Tra ottobre e
novembre 1944 fa parte, ancora con Floriano, della brigata
garibaldina sanremese Giacomo Matteotti. I tedeschi prendono in
ostaggio entrambi i loro genitori, simulando per tre volte la
fucilazione di Mario Calvino sotto gli occhi della moglie. Catturato
in un rastrellamento, Italo evita la fucilazione immediata grazie a
un foglio di licenza militare contraffatto. Messo in carcere, è
costretto a integrare i ranghi dei soldati fedeli alla Repubblica
sociale italiana (RSI) ma riesce a fuggire dopo tre settimane e si
rifugia nella tenuta familiare di San Giovanni, in collina,
restandovi fino al febbraio successivo. A quel punto, Italo e
Floriano si uniscono alla II divisione d'assalto garibaldina Felice
Cascione e non escono più dalle file partigiane fino alla
liberazione.
Lungo
tutto questo percorso i
reparti ai quali appartengono i due fratelli si trovano più volte
impegnati in scontri con le truppe nemiche, nel giugno del 1944, a
Carpenosa e Sella Carpe, nel settembre di quell'anno a Coldirodi, nel
marzo 1945 a Baiardo. Ricordiamo solo quelli che ci sono sembrati più
importanti. La resistenza forma poi l'oggetto di alcune tra le opere
narrative dello scrittore Calvino. Ci sono i tre racconti che
figurano nella raccolta Ultimo
viene il corvo del
1949: La
stessa cosa del sangue, Attesa
della morte in un albergo e Angoscia
in caserma. Racconti nei
quali la
narrazione era troppo diretta, non mediata come sarebbe stata poi in
tutta l'opera successiva dello scrittore e segnatamente nel Sentiero
dei nidi di ragno,
il romanzo che più a lungo tratta dell'esperienza
partigiana.
Cerchiamo ora di capire in che modo lo
scrittore si accosta agli avvenimenti di quel periodo storico.
La guerra partigiana è collocata sullo sfondo. Gli accenni agli
scontri in armi sono quanto mai rari, una buona quindicina di righe in tutto
tra i tre racconti e il romanzo. Colpisce la differenza con Fenoglio
che con grande naturalezza e in modo esteso presenta gli sviluppi
effettivi della guerriglia. Già solo l'assalto alla caserma - il
fatto di forza, lo chiama - del dicembre 1943 occupa diverse pagine
del Partigiano
Johnny. Nel
quinto capitolo troviamo l'adesione alla lotta partigiana. Due
capitoli dopo (i capitoli sono trentasei in tutto), si arriva a uno
scontro militare in piena regola. All'inizio si parte da un segnale
acustico: tre raffiche di mitragliatrice a valle. I fascisti in
perlustrazione avanzano senza farsi vedere. I partigiani si stendono
di nascosto a scacchiera per poi sparare "quasi alla cieca,
senza volontà di colpire, solo come per squarciare quella sospesa
atmosfera di miraggio. Le pattuglie ruzzola[ro]no indenni nel
boschivo, e il grande fuoco comincia".
Johnny si sistema per poter tirare sugli scoperti, sui balzanti: "Il
ragazzo danzava a trenta metri, accecato dal suo stesso coraggio
[...] Johnny gli sparò senza affanno, senza ferocia, ed il ragazzo
cadde, lentamente, così come Johnny lentamente si aderse sui gomiti,
nell'ascensionale sospensione davanti al suo primo morto".
Per
Calvino il Ricordo
di una battaglia diventa
oggetto di un articolo che esce sul Corriere della Sera il 25 aprile
1974. Il riferimento storico è a un episodio che si è verificato il
17 marzo 1945 in un paese a nord di Sanremo, Baiardo. Di fatto sembra
essere questo l'unico caso in cui Italo Calvino da partigiano ha
preso parte a uno scontro armato. Aveva a quanto risulta il ruolo di
portamunizioni. In quella circostanza, i partigiani si
proponevano di cacciare da Baiardo i bersaglieri della Repubblica
sociale.
Lo scrittore che si era illuso di poter attingere ai
suoi ricordi in qualsiasi momento senza problemi scopre invece che il
passato ormai ha assunto per lui la forma di frammenti sparsi in un
mare di impressioni varie sopraggiunte in tempi successivi. Certe
sensazioni fisiche si sono depositate con certezza nella memoria: il
dolore ai piedi chiusi nei pesanti scarponi, il sollievo provato
quando, per non farsi sentire dai nemici, viene dato l'ordine di
procedere scalzi. Della battaglia, invece, al reduce, dopo tanti
anni, sfugge l'andamento esatto. Questo perché a suo tempo, dopo la
fase dell'avvicinamento all'obiettivo dell'attacco, egli aveva avuto
l'ordine di spostarsi con la sua squadra fuori del paese per tagliare
i fili del telefono e per sbarrare una possibile via di fuga per il
nemico. Da quel momento in poi per via degli alberi che fanno da
schermo non vede più nulla, si era limitato ad ascoltare. Al
silenzio che di norma precedeva l'attacco erano seguiti spari,
esplosioni, raffiche di mitra, rumori che piano piano si erano
affievoliti per dare luogo a un canto di gioia. Poteva essere il
segno di una vittoria che premiasse gli assalitori, ma non era così,
i partigiani rimasti fuori avvicinandosi al paese non tardano a
scoprire che sono i fascisti a festeggiare cantando Giovinezza. E
allora Calvino e i suoi si danno precipitosamente alla fuga. Si
ripete il cosiddetto paradosso di Stendhal. Nella Certosa
di Parma Fabrizio
Del Dongo si viene a trovare sul campo di battaglia a Waterloo, ma
stando in un angolo privo di visuale non capisce nulla di ciò che
accade. Calvino se non altro ha potuto interpretare i segnali che
coglieva attraverso l'ascolto, ma sul momento non avrebbe saputo dire
altro. Poi parlando con gli amici che avevano preso parte allo
scontro ha capito qualcosa di più. Gli attaccanti hanno
provato a battersi: Gino è entrato in paese sparando, Tritolo ha
gettato le sue bombe contro i bersaglieri e Cardù, di fronte
all’assoluta disparità di forze in campo, ha protetto con il suo
corpo la ritirata degli altri, restando colpito a morte. Cardù col
segreto della sua forza nel sorriso spavaldo e tranquillo. Cardù è
morto. Il tempo che è passato da allora ha consentito di elaborare
il lutto per l’amico ucciso. Quello stesso tempo ha reso più
pallida la memoria di ciò in quella giornata particolare era
accaduto, rendendo meno lineare del solito l'esercizio della
scrittura. Perché non si tratta solo di richiamare una testimonianza
diretta, occorre riattivare una memoria basata su una serie di
aggiunte. Solo in questo modo l'evento riacquista una sua
fisionomia significativa.
https://machiave.blogspot.com/2024/10/fabrizio-del-dongo-waterloo.html
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