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Il quadro di Gioacchino Giuseppe Serangeli rappresenta Napoleone e Alessandro I alla fine degli incontri di Tilsit (1707) |
Paolo Valentino
«Vogliamo Kiev neutrale. Sarà una zona cuscinetto. E senza soldati europei»
Corriere della Sera, 23 febbraio 2025
La cosa più importante dei colloqui in Arabia Saudita è che hanno segnato l’inizio della normalizzazione dei rapporti tra Russia e Stati Uniti, pur nel permanere delle nostre profonde differenze e del nostro essere concorrenti nel mondo». Dmitrii Suslov è il vicedirettore del Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola Superiore di Economia ed è uno dei più ascoltati consiglieri di politica estera del Cremlino.
Sembra quasi più importante questo che la trattativa sull’Ucraina.
«La questione ucraina è solo una parte del quadro generale. È finito l’assurdo periodo delle relazioni anormali tra due grandi potenze non in guerra tra di loro, ma in grado di distruggersi reciprocamente. C’è un cambio di paradigma: per la prima volta dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, gli Stati Uniti dialogano con la Russia sulla base del riconoscimento degli interessi russi. Dopo la fine della Guerra Fredda, l’approccio dell’Occidente è stato che la Russia non aveva interessi e che, se faceva qualcosa per promuoverli, doveva essere ignorata o punita».
Cos’è cambiato?
«Riconoscere, come fa l’amministrazione Trump, che la Russia ha interessi, è un cambio rivoluzionario. In questo senso, è l’ammissione del fallimento del tentativo di sconfiggere la Russia, perseguito da Joseph Biden e dai suoi alleati europei militarmente, economicamente e politicamente. Questa politica è fallita. Trump ha ammesso esplicitamente che la Russia non può essere sconfitta».
Tornando all’Ucraina. Cosa vuol dire Putin quando afferma che una tregua non basta e che occorre trovare una soluzione che affronti le cause del conflitto?
«Si riferisce al ruolo dell’Ucraina come avamposto militarizzato dell’Occidente ai confini con la Russia, integrato con la Nato anche se non ne è parte. La Russia chiede nel negoziato la neutralità ufficiale, riconosciuta formalmente sia da Kiev, con una norma costituzionale, sia dalla Nato, che dovrà ritirare la promessa fatta a Bucarest nel 2008 che l’Ucraina un giorno sarebbe entrata nell’alleanza. Inoltre, siccome è chiaro che non può essere nostra alleata o amica, l’Ucraina dovrà essere zona cuscinetto, fuori dalla comunità occidentale, con forze armate ridotte e limiti precisi alla cooperazione con l’Occidente, sia a livello bilaterale che multilaterale: niente manovre militari congiunte, niente addestramenti, nessuno spiegamento di forze occidentali sul suo territorio».
Ma siete aperti alla presenza di altre forze come garanzia di sicurezza di un accordo?
«Dipende dalle condizioni politiche dell’intesa. Se come ho detto l’Ucraina diventa zona cuscinetto neutrale, allora la Russia potrebbe discutere dello schieramento di osservatori, non peacekeeper, forniti da Paesi non occidentali coperti da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu».
E l’ingresso nell’unione europea? Putin è sembrato aprire a questa ipotesi.
«C’è un dibattito in corso da noi. Una scuola di pensiero dice che l’Ue è più ostile degli Usa verso la Russia e dovremmo essere contrari. Un’altra, in cui mi riconosco, dice che appena la questione dell’allargamento a Kiev diventa concreta, l’Unione sarà dilaniata al suo interno: per esempio anche la Polonia, che oggi è il più forte sostenitore di Kiev, sarebbe ferocemente contraria».
Trump ha già detto che l’Ucraina non entrerà nella Nato. Ma l’impressione è che non abbia un piano preciso sull’Ucraina.
«Trump vuole finire la guerra il prima possibile. Secondo, non ha molto tempo, al massimo due anni. L’amministrazione sa che sta perdendo la competizione con la Cina, sotto ogni aspetto, militarmente e sull’intelligenza artificiale, e vuole mobilitare più risorse possibili contro Pechino, anche riducendo la presenza americana in Europa. L’Ucraina è un peso di cui sbarazzarsi ed è pronto a spingersi molto avanti, vedi la concessione su Kiev fuori dalla Nato. E poi è pronto a sacrificare Zelensky, che non ha più alcuna legittimità: se si dimettesse, accelererebbe il processo di pace. Perché in quel caso, anche senza nuove elezioni, Putin ha già detto che potrebbe trattare con la Rada, il Parlamento, come rappresentante dell’Ucraina».
Trump accetterà la demilitarizzazione dell’Ucraina?
«Non sarà facile. Una parte dei suoi collaboratori e dei repubblicani vuole una presenza militare in Ucraina, anche se toccherebbe agli europei assicurarla, e insiste che Kiev rimanga militarmente forte».
Trump dialoga con Putin anche perché vuole sganciarlo dall’abbraccio con la Cina. Ci riuscirà?
«È così, non a caso ha detto che Mosca deve rientrare nel G8. Vuole allontanare la Russia dai Brics, verso cui è molto ostile. Anche Michael Waltz ha detto che è interesse degli Stati Uniti indebolire i legami della Russia con Cina, Iran e Corea del Nord. Ma sono destinati a fallire».
Perché?
«Trump vuole rafforzare l’egemonia americana, la dominanza del dollaro, minando la più forte e importante istituzione globale anti-egemonica che sono i Brics. Questo va contro gli interessi della Russia, che nel consolidamento dell’Eurasia ha una delle sue principali priorità strategiche. Non permetteremo che i nostri rapporti con Cina, Iran e Corea del Nord vengano danneggiati. L’America rimane il nostro avversario, non daremo via le relazioni che hanno assicurato la nostra sopravvivenza negli ultimi tre anni. In nome di cosa poi? Trump non sarà lì per sempre».
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