Gilles
Candar et Vincent Duclert, Jean
Jaurès, Fayard,
Paris, 2024, 712 pagine
Jean-Numa Ducange, Jean
Jaurès, Perrin,
Paris, 2024, 464 pagine
ANNE-CECILE ROBERT
«Ci sono troppe statue di Jaurès», scriveva Gilles Alexandre su Télérama il 4 ottobre 1980. Se allora deplorava il rifiuto del comune di erigere a Parigi un monumento alla sua effigie, sottolineava anche come il suo assassinio, primo atto della guerra del 1914, avesse mummificato Jean Jaurès in pacifista. Contro questa riduzione, che permette il recupero indecente di alcune delle sue citazioni da parte della destra, bisogna ritrovare Jaurès, cosa a cui si impegnano gli storici Gilles Candar e Vincent Duclert, la cui biografia di riferimento è stata appena ripubblicata in formato tascabile.
Tanto più che, come ricorda anche il loro collega Jean-Numa Ducange, il deputato di Carmaux ha lasciato, contrariamente alla maggior parte dei suoi contemporanei seduti a sinistra dell'Emiciclo, nel corso di un'opera considerevole, «un inizio di dottrina alternativa al marxismo della lotta di classe» (Candar e Duclert). Questi tre autori, segnati a sinistra (Ducange è membro della Fondazione Gabriel Péri, Candar è un pilastro della Fondazione Jean-Jaurès), riportano il suo pensiero nei dibattiti intensi che attraversano l'Internazionale socialista all'epoca, tra cui le sue battaglie con Rosa Luxemburg - che lo giudica troppo conciliante con le istituzioni borghesi.
Se il nome di Jaurès rimane noto e ben associato al socialismo, uno studio della fondazione che porta il suo nome, pubblicato in occasione del centenario della sua panteonizzazione nel novembre 2024, rivela che è soppiantato da François Mitterrand nella memoria collettiva come figura di riferimento di questa corrente politica (3). Questo è il divario, un abisso.
La biografia di Ducange, che lascia sussistere il rimpianto di aver passato in rassegna un po' troppo rapidamente punti chiave come la lotta per la laicità, ha il merito di sottolineare la sua unicità in questa III Repubblica minacciata da pulsioni reazionarie di ogni tipo (boulangismo, bonapartismo, monarchismo). Innanzitutto, insiste Ducange, Jaurès, filosofo di formazione per il quale la ragione è emancipatrice, è estraneo al dogmatismo. Ecco perché difenderà a spada tratta Alfred Dreyfus, vittima di un complotto antisemita, quando menti brillanti come Jules Guesde sceglieranno di vedere in questo solo un problema interno alla borghesia. «Non siamo obbligati, per rimanere nel socialismo, a fuggire dall'umanità», scrive allora Jaurès.
In secondo luogo, il «metodo» elaborato dal deputato di Carmaux iscrive il movimento operaio nella storia politica della Francia. Come i suoi compagni dell'Internazionale, ha come obiettivo l'avvento di una società socialista. Invece, ispirato da 1789, diffida delle «minoranze attive» e di altre avanguardie illuminate, e dubita delle grandi serate. Pur accettando l'eventualità di una rivoluzione, e animato dalla costante ricerca della giustizia e dell'uguaglianza, egli raccomanda, sempre secondo Candar e Duclert, uno «sviluppo rivoluzionario» basato sulla recente esperienza democratica del paese. Ogni conquista sociale, ottenuta nel quadro delle istituzioni repubblicane, allo stesso tempo che migliora la vita quotidiana, allenta secondo lui la morsa dell'alienazione e rafforza la volontà del popolo: così come l'adozione delle pensioni operaie e contadine tra il 1910 e il 1912. La democrazia (...) è la condizione stessa dell'azione per le forze operaie, ed è stato il sorgere rivoluzionario delle forze democratiche che ha dato alle forze operaie il loro primo scosso e il loro primo impulso. Poiché è all'origine del movimento operaio - non dico che ne sia l'essenza -, (...) è anche alla fine.» Per Jaurès, la conquista dei diritti politici nel 1789 è il fondamento delle vittorie successive e il socialismo il culmine del progetto repubblicano lanciato nel 1792. Alla concezione, che egli giudica troppo «meccanicistica», dei rapporti sociali sviluppata da Guesde o Paul Lafargue, oppone la sua convinzione che il movimento dell'umanità verso la sua emancipazione è ineluttabile, anche se il cammino proprio della coscienza umana è fondamentalmente indeterminato. E, senza cercare di guidare il popolo, è questo movimento che vuole accompagnare.
https://machiave.blogspot.com/2024/07/proust-jaures-e-gli-armeni.html
https://machiave.blogspot.com/2014/05/jaures-il-partito-del-popolo.html
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