Nel dialetto che parlavo quand'ero ragazzo e che ancora capisco, c'erano delle parole di origine greca. Tanto tempo fa, nel 1937, un filologo tedesco, Gerhard Rohlfs, scrisse un articolo nel quale tentò di dimostrare che una parte almeno di quelle parole veniva dal greco classico. Il Cilento, dove abitavo, ha sul suo territorio i ruderi di Poseidonia (Paestum) e di Elea (Velia). Il culto diffuso in Germania per il patrimonio culturale della Grecia classica aiuta a intravedere le ragioni di una tale pensata. Rohlfs con ogni probabilità aveva torto. I grecismi del Cilento corrispondono spesso a parole latine di origine greca e, se proprio hanno a che fare con una presenza greca nella zona, è più sensato pensare all'insediamento di numerosi monaci bizantini in un'epoca successiva che non alle colonie cancellate in quanto tali dalla dominazione romana già nel terzo secolo avanti Cristo.
Come che sia, alcune tra le parole di origine greca nei dialetti cilentani conservano per me un fascino che con l'età è andato addirittura crescendo. Ho lasciato quei luoghi da giovane e non sono più tornato. Allora la parola greca che ritorna nella memoria si carica di tutto il peso di un passato che, pur appartenendomi, si colloca ormai fuori della mia portata. Quella parola porta con sé una ventata di esotismo, mi conduce a riflettere su quanto possa essere incerta la nozione di identità. Sono stato il ragazzo che usava senza pensarci troppo certe espressioni, sono sempre la stessa persona ma non sono più in grado di tenere una conversazione decente in quel dialetto. Mi rimangono alcune parole e mi danzano nella testa. Volendo, agiscono come la madeleine in Proust. Sono l'occasione che scatena il ricordo. Si tirano dietro tutto un mondo di sensazioni, sapori, odori, immagini.
Vediamo alcuni esempi.
Artéteca
è
una parola che si usa tanto a Napoli quanto nel Cilento. Arthron
in greco sta per giuntura, articolazione. La radice greca è passata
attraverso il latino e ha prodotto arthritis.
Arteteca viene da arthritis
e ha un equivalente italiano approssimativo
che è “irrequietezza”.
Il
termine dialettale si riferisce a una malattia, in realtà, e si
applica soprattutto ai bambini,
un pargoletto
che non sta mai fermo “tiene”
l’arteteca essendo
dotato di un
temperamento vivace e irrequieto. Un
equivalente francese è bougeotte,
che
però indica la tendenza a spostarsi, a viaggiare.
Carocchia.
Il
termine napoletano e cilentano deriva dal greco “karà”,
testa. Indica un tipo
particolare di percossa, un
colpo
secco e doloroso assestato al capo e portato con movimento veloce
dall’alto verso il basso usando le nocche maggiori delle dita della
mano serrata a pugno. Una
possibile traduzione italiana potrebbe essere “nocchino”,
che
è pure un termine regionale. Non è risolutiva in quanto corrisponde
a un piccolo
gesto
ripetuto, mentre la carocchia è una sola
botta
decisa.
Cambia
l’intensità:
il
nocchino è un colpetto più
o meno indolore,
la
parola
napoletana invece si
avvicina nel
significato
alla
batosta. Nell’espressione
‘na
brutta carocchia
il
senso è proprio
quello
di batosta: un
duro colpo riguardo
al
lavoro, alla
salute
o all’autostima.
Notevole
anche
il
proverbio “A carocchie, a carocchie, Pulecenella accerette ‘a
mugliera”.
Pulcinella uccise la moglie con ripetute
botte in testa,
ossia
continui
piccoli danni possono provocare grave nocumento.
Cárcara:
Rohlfs
definisce la cárcara
come “parte del mulino dove gira la ruota e dove esce l’acqua”.
Esiste tuttavia un altro significato della parola: “piccola
fabbrica di calce” (vocabolario di Sicilì). Questa poteva anche
ridursi a una buca
o una fossa
scavata nel terreno. Ormai
la calce si fabbrica in modo industriale. La fossa
scavata nel terreno permetteva invece una produzione domestica. Era
l’equivalente in campo edilizio del forno domestico per il pane. La
pratica che risaliva al tempo dei greci e dei romani cessa solo negli
anni Ottanta del Novecento. Nel mio ricordo la cárcara
nell’orto
sotto casa corrisponde all’immagine di una impresa spettacolare. La
calce che ribolle e che non si può toccare tanto è calda. Una
grande macchia bianca.
https://machiave.blogspot.com/2024/11/la-filastrocca-delle-lucciole.html
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