L’andamento
delle elezioni regionali in Emilia Romagna e in Umbria si presta a
diverse riflessioni che vanno ben al di là dell’episodio. Avrà
anche ragione Mario Sechi quando fa notare che non può essere questo
l’inizio della riscossa destinata a condurre la sinistra al potere.
Tuttavia alcuni tra i fatti che si sono verificati in questa
occasione rivestono un’importanza notevole. Negli anni Sessanta Giorgio Galli ricorreva alla formula del bipartitismo imperfetto per caratterizzare il sistema politico italiano. Ora forse stiamo andando verso un bipolarismo asfittico.
Al primo posto troviamo il crollo della Lega in entrambe le regioni. A destra in Emilia Romagna Fratelli d’Italia triplica i suoi voti,balzando dall’8,6 per cento al 23,75, Forza Italia li raddoppia, va dal 2,6 al 5,62, mentre la Lega sprofonda: aveva il 32, scende al 5,29, perde cinque voti su sei. In Umbria Fratelli d’Italia quasi raddoppia i consensi,il 10,4 diventa il 19,55, Forza Italia passa dal 5,5 al 9,31, mentre la Lega si ritrova al 7,72 dopo aver raggiunto il 37 la volta precedente. Si ha un bel dire che le elezioni amministrative sono un’altra cosa rispetto alle politiche, i sondaggi nazionali riflettono in parte una tendenza simile: la Lega ottiene un terzo del risultato attribuito a Fratelli d’Italia. Diverso è il caso dei rapporti con Forza Italia. Nelle elezioni locali Forza Italia supera agevolmente la Lega, mentre nei sondaggi i due partiti sono appaiati. La destra estrema si sta unificando sotto le bandiere della forza politica che ha un radicamento nazionale più omogeneo e che si è attestata su posizioni meno oltranziste rispetto a Salvini e ai suoi seguaci. C’è da chiedersi a questo punto se la Lega riuscirà a mantenere il controllo del Veneto e se non le converrebbe intanto cambiare segretario per poter meglio calibrare le sue scelte di fondo.
Al secondo posto c’è un altro crollo, più o meno annunciato, questo. I Cinque stelle scendono al 4,85 per cento in Umbria e al 3,5 in Emilia Romagna. Le pretese egemoniche di Giuseppe Conte appaiono quanto mai ingiustificate, se questa è la misura della forza mantenuta. Anche in questo caso tanta agitazione e tanti distinguo per sostenere la sfida al maggiore partito della coalizione si sono rivelati inutili, se non controproducenti. La questione di sapere che fine stanno facendo i voti dei suoi dei suoi elettori passati rimane aperta.
Al terzo posto possiamo collocare la ulteriore caduta dell’affluenza: dal 67,6 al 46,42 in Emilia Romagna, dal 64,7 al 52,53 in Umbria. Un sorpasso in discesa. Il fenomeno ha molte cause. La disaffezione per la politica in quanto tale fa certo la sua parte. Altri fattori pesano ugualmente: l’indegna gazzarra a cui si riduce spesso la polemica tra i partiti maggiori, l’allarme per le insorgenze fasciste o comuniste, la disputa sull’antifascismo, le accuse alla magistratura, la trovata dell’Albania come luogo di deportazione per i migranti, le attese frustrate sul terreno delle pensioni, il mantenimento delle accise sulla benzina,e altre bizzarrie. La politica che si accapiglia e non fa, non produce decisioni utili. Ultimo elemento, la rappresentanza introvabile per quegli elettori che si erano lasciati illudere dalle sirene populiste e si ritrovano privi di rappresentanza. L’astensione insomma può essere causata sia da un eccesso che da una carenza di politica. Fratelli d’Italia dopo aver conosciuto una ascesa folgorante nel livello dei consensi sembra aver raggiunto un tetto oltre il quale non riesce ad andare. Forse questo accade per via del persistente legame con le radici fasciste di questa forza politica. Un’altra causa della stasi andrebbe individuata nello straripamento delle tentazioni autoritarie e retrograde. Questo vale anche per la Lega. Gli esempi si moltiplicano: Bandecchi, Delmastro, Valditara. Suscitano scandalo tra gli oppositori, forse rafforzano la coesione della base, difficilmente contribuiscono ad allargare i consensi. Un proverbio napoletano aiuta a capire meglio cosa succede: "trasire ‘e spighette e metterse ‘e chiatto", entrare di fianco e poi allargarsi comodi.
Il grande successo della destra nella sua versione meloniana è consistito nell’assecondare le pulsioni diffuse, nel voler apparire come un riferimento naturale e sicuro. Questo è “entrare di fianco”. I richiami identitari, la faccia feroce, le dichiarazioni roboanti non producono lo stesso effetto. Rassicurano i fedeli, mentre rischiano di spaventare il più vasto pubblico. Se la destra si allarga comoda nelle sue espressioni di volontà allarma tutti quelli che pur essendo sensibili alle sue lusinghe non sono troppo convinti e restano allora sulla soglia. Si fa tanto parlare di egemonia. Gli alleati non si conquistano agitando il bastone del comando. Si conquistano adeguando lo stile e le proposte alle loro esigenze e alle loro aspirazioni.
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