lunedì 18 novembre 2024

Il volo dell'Angelo

 


Si può pensare che una rappresentazione sacra, sempre uguale, appassioni sempre meno il suo pubblico da un anno all’altro. Il Palio di Siena è preceduto dal corteo storico che si ripete identico ad ogni ricorrenza della festa. Al rito immobile segue la corsa che ha di volta in volta un andamento diverso. Dopo l’eterno ritorno, la novità. Eppure, la rappresentazione sacra pur ripetuta in forma identica di anno in anno non determina assuefazione e rigetto. Ci sono almeno due ordini di spiegazioni per questo. Prima di tutto la monotonia del rito rassicura gli spettatori, ribadisce la loro appartenenza a un certo mondo, alla zona ma soprattutto al paese di origine, o alla dimora. In secondo luogo la rappresentazione stessa ha un contenuto che va oltre la fede religiosa e che si riassume nel trionfo del bene. La vita procede diversamente in molti casi, ma è consolante sapere che, da qualche parte, la giustizia prevale sull’abuso.
Nel Cilento il volo dell’Angelo si ritrova in tutta una serie di paesi diversi, Rutino, Prignano, Camella, Vatolla e Eredita.. Tanta popolarità ha ancora un’altra spiegazione possibile. Il volo equivale a una metafora del miracolo. Nel giorno della rappresentazione si festeggia un santo patrono e il volo riflette la virtù soprannaturale del protettore celeste.
A Eredita, il taumaturgo è San Giovanni Battista. La rappresentazione sacra riguarda un episodio che si sarebbe verificato al tempo delle incursioni saracene. Il condottiero nemico ha già assaltato le popolazioni della piana sottostante quando rivolge la sua attenzione al villaggio di Eredita sulla collina. Medita un assalto ma non riesce ad attuare rapidamente il suo proposito, perché sbaglia strada per colpa di un pastore al quale aveva chiesto indicazioni sul percorso più breve da seguire. Così gli abitanti di Eredita hanno modo di rifugiarsi tra la mura della chiesa. Molte ore dopo il condottiero, giunto infine al paese, riconosce il pastore nell’effigie del Battista. Allora desiste dal suo proposito e invita i fedeli a ringraziare il santo. In segno di riverenza fa poi dono al patrono della sua tracolla.
A ben vedere il racconto somiglia molto a quello di Cappuccetto rosso e ha una altrettanto efficace funzione catartica. Comporta l’apparizione di un mostro che è fonte di spavento. Per un breve tempo, la minaccia sembra prendere corpo, se non che alla fine le vittime innocenti escono indenni dalla prova. Gli spettatori possono tirare un sospiro di sollievo. Alla fine dello spettacolo un bambino sospeso per aria fa la parte di un angelo e recita antichi versi dedicati al Battista.
La più famosa e popolare di queste rappresentazioni sacre è quella che si svolge ogni anno a Rutino nella seconda domenica di maggio. Secondo una voce diffusa, trarrebbe la sua ispirazione dal Paradiso perduto di Milton. A Rutino il santo patrono è un angelo, anzi un arcangelo, san Michele, che ha come nemico Lucifero in persona. È impersonato sulla scena da un bambino. Si presenta vestito di azzurro con ricami d’oro e con una scritta sul petto: Qui ut Deus, “Chi è come Dio?”, significato del nome Michele. Indossa un elmo, è munito di scudo e spada e indossa una parrucca bionda. Notoriamente il giallo è il colore della luce solare, dell’oro, della santità. “Chi è come Dio?” è peraltro il grido dell’Angelo nella battaglia con Lucifero. La rappresentazione si svolge in due tempi, al mattino e al pomeriggio. All’inizio il bambino parte dalla loggia della casa canonica imbragato ad una carrucola che scorre su una corda a dieci metri da terra. Viene fatto avanzare lentamente fino a posizionarsi sopra il palco che rappresenta l'Inferno. Lucifero appare poco dopo, accompagnato da altri diavoli. Indossa una tuta rossa con tracce marginali di nero sul volto e sui bordi della stoffa. Neri sono anche i suoi guanti. L'Angelo mette Lucifero sotto accusa per la ribellione a Dio e gli annuncia che la disobbedienza gli sarebbe costata molto cara. Il diavolo si dichiara pronto alla battaglia e sfida l'Angelo, che accompagnato da scrosci di applausi raggiunge il lato opposto della piazza. Intanto la statua di San Michele, in processione riprende il suo percorso lungo le vie del paese. Al ritorno del corteo in piazza, l'Angelo si fa avanti di nuovo ed affronta  Lucifero. Dopo un simbolico duello, sconfigge il suo nemico spedendolo a terra. Umiliato e confuso Lucifero si dichiara sconfitto e scompare imprecando a testa in giù, tra il fumo e i botti. Sprofonda e ritorna all’inferno. L'Angelo nel riprendere tra gli applausi il volo di ritorno canta:

Inneggiate dal cielo eccelsi cori

O Serafini al tron del sommo Iddio

Cadde d’abisso nei profondi orrori

dei ribelli lo stuolo iniquo e rio.

Gloria al Signor del Ciel tra gli splendori.

Sia pace in terra all’uomo umile e pio.

A te del Creator campion fedele

onore eterno Arcangelo Michele.

Francesco Maria Piave avrebbe forse prodotto un testo migliore. L’inno è solenne e vuoto come un cattivo libretto d’opera. Serve tuttavia a celebrare la vittoria del bene sul male. Che è poi, in poche parole, il senso della rappresentazione rituale.

https://machiave.blogspot.com/2017/04/lopera-dei-turchi-prignano.html

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