venerdì 22 novembre 2024

Un personaggio in cerca di se stesso

 


Se La montagna magica è un romanzo di formazione, il ruolo degli educatori è tenuto da due personaggi esemplari, il razionalista Lodovico Settembrini e il mistagogo Leo Naphta. Quello tra i due è un dialogo ad armi pari. L'autore del romanzo, Thomas Mann, lascia che ognuno dei due esprima nel modo migliore possibile il proprio punto di vista. A Settembrini che dichiara orgoglioso: «Persino Voltaire fu favorevole alla guerra per la civiltà e consigliò a Federico II la guerra contro i turchi.» Naphta replica con puntiglio: «Che invece strinse un’alleanza con loro, eh, eh, eh. Che dire poi della repubblica universale? Rinuncio a informarmi dove vada a finire il principio del moto e della ribellione una volta che siano instaurate la felicità e l’unione. In quel momento la ribellione sarebbe un delitto…» Alla fine Naphta si suicida e lascia libero il campo al suo antagonista Settembrini verso il quale Thomas Mann non si mostra sempre generoso: l'umanista italiano a volte si rivela senza volere molto superficiale e ottuso, prestando il fianco alle obiezioni feroci di chi non è disposto a perdonargli nulla.  
Nella seconda metà del romanzo, gli interrogativi rimasti in sospeso trovano una risposta. Il personaggio centrale, Hans Castorp, decide di fare un’escursione sugli sci, sulle piste innevate intorno al sanatorio. Colto da una violenta quanto brevissima bufera, si perde in mezzo alla neve e ai boschi. Intorno a lui l’ombra delle montagne aumenta. È pomeriggio inoltrato e se non riesce a tornare prima che faccia buio, la sua situazione diventa pericolosa. La tempesta si placa e lui trova rifugio dietro un capanno chiuso, nel quale non può entrare, ma che lo ripara dal vento. In preda alla stanchezza si assopisce, in piedi, sugli sci, appoggiato al muro del capanno. Un sonno profondo lo avvolge e si ritrova a sognare. È un sogno vivido, come fosse la realtà. È su una bellissima spiaggia di sabbia bianca, evidentemente è una delle isole greche. Intorno a lui bellissime giovinette e bellissimi giovani, conversano, giocano, si amano. È un quadro di pace e serenità senza uguali. Tutto è perfetto, la luce meravigliosa del sole illumina un momento di eternità. È un momento assoluto, di felicità completa. Hans cammina su quella spiaggia meravigliosa e si dirige verso un tempio lontano, mentre le ombre della sera calano. All’interno del tempio ci sono delle donne. Castorp si avvicina in preda a una strana inquietudine. Capisce che sta per assistere a qualcosa che è l’origine della pace meravigliosa che ha visto su quella spiaggia. Le donne si girano verso di lui e sono vecchie, rugose, con i seni grinzosi e penduli, delle orribili megere. Le vecchie sono intente a dilaniare un bimbo piccolo. Castorp intuisce con raccapriccio che qualsiasi promessa di armonia, nasconde dietro sé, nel profondo, sepolta in modo che nessuno possa vedere, un atto di violenza terribile. In preda all’angoscia, Hans schiude le palpebre, ma non si risveglia del tutto, in qualche modo seguita a sognare. Traccia un bilancio delle sue esperienze più recenti: “Mi sono perduto con Naphta e Settembrini, su montagne pericolosissime. So tutto del genere umano”. Cerca allora di dare un senso alle scene di cui è appena stato spettatore: “Il mio sogno rappresentava la condizione dell’uomo, quella della sua affabile, assennata comunità, dietro alla quale, nel tempio, ha ha luogo l’atroce banchetto di sangue. Erano forse quelle solari creature così cortesi e deliziose le une con le altre proprio nella tacita prospettiva di quell’orrore? La conclusione che ne trarrebbero sarebbe davvero fine e galante! Nel profondo della mia anima desidero stare dalla loro parte, non con Naphta… e nemmeno con Settembrini, tanto entrambi sono solo dei chiacchieroni”. La riflessione si sposta sul tema della morte: “Voglio essere buono. Non intendo concedere alla morte il dominio sui miei pensieri! Poiché in questo e in nient’altro consistono la bontà e l’amore fra gli uomini. La morte è una grande potenza”. Poco oltre nel testo lo stesso discorso è riassunto in un’unica formula: "In nome della bontà ed dell'amore l'uomo non deve concedere alla morte il dominio sui suoi pensieri” (corsivo nel testo).
Alla fin fine Hans Castorp si sbarazza dei suoi due tutori spirituali. La distanza che lo separa da Naphta è maggiore di quella che intercorre fra lui e Settembrini. Resta il rifiuto per entrambi i presunti maestri. Facendo appello alla bontà e all’amore, il protagonista del romanzo mostra la sua determinazione nel voler seguire una strada diversa, improntata alla tolleranza e all’amore per il prossimo.


Nessun commento:

Posta un commento