sabato 12 ottobre 2024

Una regina, una donna, una madre




Una donna fra tante, certo. Una donna dal destino singolare. Una Asburgo che sposa il re di Francia. Una giovinetta svagata e folleggiante che di colpo si trova a vivere una esperienza tragica. La detenzione, la morte del marito, il patibolo al quale lei stessa è condannata. Una donna che è stata a lungo, e già prima della Rivoluzione, oggetto di maldicenza e insulti, perché è stata vista come la straniera, malvagia e perversa. Alla domanda: che cosa aveva di speciale Maria Antonietta? Google risponde: "Maria Antonietta rimane uno dei personaggi genuinamente romantici e maltrattati della storia. Regina compassionevole e madre devota, fece ben poco per meritare il suo tragico destino. Nacque nel 1755, una dei sedici figli dell'imperatrice austriaca Maria Teresa". Quello che colpisce nella sua vicenda è il rovesciamento subitaneo della sorte. Nulla faceva presagire prima del 1789 un destino tanto tanto sfortunato e tragico. La regina di Francia, una volta scaraventata nel turbine degli eventi avversi, si rivela all'altezza del ruolo. Si dice che, di fronte al problema posto dalla mancanza di pane, abbia reagito pronunciando la fatidica frase: "Che mangino brioche". Si tratta in realtà di una leggenda, Rousseau nelle Confessioni attribuisce la frase a una principessa di cui non fa il nome, e non c'è modo di provare che sia stata invece la regina a esprimersi in quel modo.  Quello che, invece, è accertato e sicuro è il fatto che Maria Antonietta con la sua sola presenza e con i suoi atteggiamenti fa saltare gli schemi. Questo vale sia per i suoi contemporanei che per gli storici. Prendiamo Barnave, tra i contemporanei. Questo giovane e fulgido rappresentante del Terzo stato all'Assemblea nazionale sale sulla carrozza che ospita la regina e sua cognata, Madame Elisabeth, dopo la fuga di Varennes. Con lui c'è, bisogna dire, il collega Pétion che non sa bene come muoversi e moltiplica la brutte figure. Barnave al contrario è uomo di mondo, un vero gentiluomo, e si lancia in una conversazione garbata con Madame Elisabeth e con la stessa Maria Antonietta. "La regina fece una sorprendente impressione sul giovane deputato, impressionandolo con il suo comportamento malinconico e la sua raffinata grazia. Anche Barnave ebbe un effetto sulla regina, che in seguito scrisse della sua "eloquenza più animata e accattivante" (Fraser). Ne seguì un fitto scambio di lettere, poi raccolte in un volume di oltre 250 pagine (Alma Söderhjelm, Marie Antoinette et Barnave: correspondance secrète, A. Colin, Paris 1934, 257 p.). Quanto agli storici si può citare il socialista Jaurès che così ritrae la regina sul cammino verso il patibolo: "Cercava un prete rimasto fedele alla Chiesa per poter ricevere da lui la sola benedizione che per lei contasse. Lo riconobbe a una finestra, e si inchinò impercettibilmente. Questo segno leggero poneva tra lei e la folla un abisso più profondo della morte". 
Al di là delle possibili interpretazioni merita poi di essere citato un episodio del processo intentato alla passata regina nell'ottobre 1793. Maria Antonietta in genere risponde con educazione e distacco alle domande che le vengono rivolte. Abbandona ogni cautela quando viene sollevata nei suoi confronti l'accusa di incesto in base a una testimonianza estorta al figlio che è un bimbo di otto anni. Allora l'accusata si scompone e chiede: "Avete assistito?" e non va oltre. Un giurato invita il presidente del Tribunale a riformulare la domanda. Qui Maria Antonietta appare veramente commossa e esclama: "Faccio appello a tutte le madri qui presenti". Questo dice il resoconto del Moniteur. Stefan Zweig e Antonia Fraser dopo di lui forniscono una versione più ampia della replica: "Se non ho risposto è perché la Natura stessa rifiuta di rispondere a una simile accusa lanciata contro una madre. Mi appello a tutte le madri presenti in questa sala". La dichiarazione suscitò un certo sdegno tra le popolane che avevano  assistito alla scena. L'argomento fu abbandonato. Alla fine, la condanna a morte fu pronunciata lo stesso, ma impersonando la madre offesa l'imputata aveva mostrato di sapersi difendere, segnando un punto a suo favore. 
Veniamo ora al famoso disegno tracciato dal pittore David, che da una finestra osserva il passaggio della carretta che conduce al patibolo la vedova Capeto, come viene chiamata. Niente più che uno schizzo, pochi tratti di una grande efficacia. Quella che ci viene restituita è l'immagine di una vecchia signora seduta su un asse di legno con le mani legate dietro la schiena. La condannata si tiene dritta, ha i capelli corti e sul capo reca una cuffia con i merletti. Mostrando sul volto una espressione impassibile, tiene gli occhi bassi. Maria Antonietta aveva allora solo 37 anni, ma sembra molto più anziana. Lo schizzo si presta a una duplice interpretazione secondo Antonia Fraser. Potrebbe essere decifrato "come paradigma di arroganza o di inalterabile calma e dignità, secondo il punto di vista". Maria Antonietta ancora una volta, in punto di morte, sorprende l'osservatore, lo costringe a riflettere. Non era forse quello che ci si poteva aspettare da una spensierata principessa asburgica, ma la traccia che del suo passaggio sulla terra merita di restare è proprio questa.



https://www.ebooksgratuits.com/html/zweig_marie-antoinette.html#_Toc293610681
https://www.barnebys.it/blog/i-ritratti-di-maria-antonietta-di-elisabeth-vigee-lebrun
https://wordpress.com/post/palomarblog.wordpress.com/9965
https://machiave.blogspot.com/2017/08/la-pittrice-e-la-regina.html
https://machiave.blogspot.com/2017/12/il-destino-di-maria-antonietta.html
Antonia Fraser, Maria Antonietta. Il destino di una regina, Mondadori, Milano 2009, Maria Antonietta, Jacques Revel, Maria Antonietta, pp. 251-262, in François Furet - Mona Ozouf, Dizionario critico della Rivoluzione Francese, Bompiani, Milano 1988

Alma Söderhjelm











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