Una
donna fra tante, certo. Una donna dal destino singolare. Una Asburgo
che sposa il re di Francia. Una giovinetta svagata e folleggiante che
di colpo si trova a vivere una esperienza tragica. La detenzione, la
morte del marito, il patibolo al quale lei stessa è condannata. Una
donna che è stata a lungo, e già prima della Rivoluzione, oggetto
di maldicenza e insulti, perché è stata vista come la straniera,
malvagia e perversa. Alla domanda: che cosa aveva di speciale Maria
Antonietta? Google risponde: "Maria
Antonietta rimane uno dei personaggi genuinamente romantici e
maltrattati della storia. Regina compassionevole e madre devota, fece
ben poco per meritare il suo tragico destino. Nacque nel 1755, una
dei sedici figli dell'imperatrice austriaca Maria Teresa". Quello
che colpisce nella sua vicenda è il rovesciamento subitaneo della
sorte. Nulla faceva presagire prima del 1789 un destino tanto tanto
sfortunato e tragico. La regina di Francia, una volta scaraventata
nel turbine degli eventi avversi, si rivela all'altezza del ruolo. Si
dice che, di fronte al problema posto dalla mancanza di pane, abbia
reagito pronunciando la fatidica frase: "Che mangino brioche".
Si tratta in realtà di una leggenda, Rousseau
nelle Confessioni attribuisce
la frase a una principessa di cui non fa il nome, e non c'è modo di
provare che sia stata invece la regina a esprimersi in quel modo.
Quello che, invece, è accertato e sicuro è il fatto che
Maria Antonietta con la sua
sola presenza e con i suoi atteggiamenti fa saltare gli schemi.
Questo vale sia per i suoi contemporanei che per gli storici.
Prendiamo Barnave, tra i contemporanei. Questo giovane e fulgido
rappresentante del Terzo stato all'Assemblea nazionale sale
sulla carrozza che ospita la regina e sua cognata, Madame
Elisabeth, dopo la fuga di
Varennes. Con lui c'è, bisogna dire, il collega Pétion che non
sa bene come muoversi e moltiplica la brutte figure. Barnave al
contrario è uomo di mondo, un
vero gentiluomo, e si lancia in una conversazione garbata con Madame
Elisabeth e con la stessa Maria Antonietta. "La regina fece una
sorprendente impressione sul giovane deputato, impressionandolo con
il suo comportamento malinconico e la sua raffinata grazia. Anche
Barnave ebbe un effetto sulla regina, che in seguito scrisse della
sua "eloquenza più animata e accattivante" (Fraser).
Ne seguì un fitto scambio di lettere, poi raccolte in un volume di
oltre 250 pagine (Alma
Söderhjelm, Marie
Antoinette et Barnave: correspondance secrète,
A. Colin, Paris 1934, 257 p.). Quanto agli storici si può citare il
socialista Jaurès che così ritrae la regina sul cammino verso il
patibolo: "Cercava un
prete rimasto fedele alla Chiesa per poter ricevere da lui la sola
benedizione che per lei contasse. Lo riconobbe a una finestra, e si
inchinò impercettibilmente. Questo segno leggero poneva tra lei e la
folla un abisso più profondo della morte".
Al di là
delle possibili interpretazioni merita poi di essere citato un
episodio del processo intentato alla passata regina nell'ottobre 1793. Maria
Antonietta in genere risponde con educazione e distacco alle
domande che le vengono rivolte. Abbandona ogni cautela quando
viene sollevata nei suoi confronti l'accusa di incesto in base a una
testimonianza estorta al figlio che è un bimbo di otto anni. Allora
l'accusata si scompone e chiede: "Avete assistito?"
e non va oltre. Un giurato invita il presidente del Tribunale a
riformulare la domanda. Qui Maria Antonietta appare veramente commossa e
esclama: "Faccio appello a tutte le madri qui presenti".
Questo dice il resoconto del Moniteur. Stefan Zweig e Antonia Fraser
dopo di lui forniscono una versione più ampia della replica: "Se
non ho risposto è perché la Natura stessa rifiuta di rispondere a
una simile accusa lanciata contro una madre. Mi appello a tutte le
madri presenti in questa sala". La dichiarazione suscitò un
certo sdegno tra le popolane che avevano assistito alla scena.
L'argomento fu abbandonato. Alla fine, la condanna a morte fu
pronunciata lo stesso, ma impersonando la madre offesa l'imputata aveva mostrato di sapersi
difendere, segnando un punto a suo favore.
Veniamo ora al
famoso disegno tracciato dal pittore David, che da una finestra
osserva il passaggio della carretta che conduce al patibolo la vedova
Capeto, come viene chiamata. Niente più che uno schizzo, pochi
tratti di una grande efficacia. Quella che ci viene restituita è
l'immagine di una vecchia signora seduta su un asse di legno con le
mani legate dietro la schiena. La condannata si tiene dritta, ha i
capelli corti e sul capo reca una cuffia con i merletti. Mostrando
sul volto una espressione impassibile, tiene gli occhi bassi. Maria
Antonietta aveva allora solo 37 anni, ma sembra molto più
anziana. Lo schizzo si presta a una duplice interpretazione secondo
Antonia Fraser. Potrebbe essere decifrato "come paradigma di
arroganza o di inalterabile calma e dignità, secondo il punto di
vista". Maria Antonietta ancora una volta, in punto di morte,
sorprende l'osservatore, lo costringe a riflettere. Non era forse
quello che ci si poteva aspettare da una spensierata principessa
asburgica, ma la traccia che del suo passaggio sulla terra merita di
restare è proprio questa.
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https://machiave.blogspot.com/2017/12/il-destino-di-maria-antonietta.html
Antonia Fraser, Maria Antonietta. Il destino di una regina, Mondadori, Milano 2009, Maria Antonietta, Jacques Revel, Maria Antonietta, pp. 251-262, in François Furet - Mona Ozouf, Dizionario critico della Rivoluzione Francese, Bompiani, Milano 1988
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