mercoledì 23 ottobre 2024

Chiamatemi Ismaele




Moby Dick

Il romanzo ha per autore Herman Melville e fu pubblicato per la prima volta nel 1851. Narra le avventure marinare del capitano Ishmael Achab, assetato di vendetta nei confronti di quella candida balena, un odio così feroce che "se il suo petto fosse stato un cannone, egli, gli avrebbe sparato contro il suo cuore". È stato tradotto in italiano per la prima volta dallo scrittore Cesare Pavese nel 1932, che nella prefazione del libro Racconti di mare e di costa di Joseph Conrad definisce il mare descritto da Melville "titanico e biblico" All'epoca della sua prima pubblicazione, il libro non incontrò un'accoglienza favorevole, ma è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei capolavori della narrativa statunitense.

Nell'ormai celebre incipit viene presentato il narratore Ishmael o Ismaele: è attraverso i suoi occhi e le sue parole che viene descritta l'intera impresa. Un narratore onnisciente che si presenta con la nota frase "Chiamatemi Ismaele", il nome che nel libro della Genesi appartiene a uno dei figli di Abramo. Moby Dick racchiude dunque in sé caratteristiche di un'autobiografia spirituale, di un saggio sulla caccia alle balene, di una potente allegoria sugli archetipi del bene e del male ma anche di un vero e proprio poema epico.
 
http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2012/10/18/HERMAN-MELVILLE-L-esperta-Moby-Dick-capolavoro-tra-simbolo-e-realta/330403/ 

H. Melville, Moby Dick, 1851
Call me Ishmael. Some years ago- never mind how long precisely- having little or no money in my purse, and nothing particular to interest me on shore, I thought I would sail about a little and see the watery part of the world. It is a way I have of driving off the spleen and regulating the circulation. Whenever I find myself growing grim about the mouth; whenever it is a damp, drizzly November in my soul; whenever I find myself involuntarily pausing before coffin warehouses, and bringing up the rear of every funeral I meet; and especially whenever my hypos get such an upper hand of me, that it requires a strong moral principle to prevent me from deliberately stepping into the street, and methodically knocking people’s hats off- then, I account it high time to get to sea as soon as I can.

H. Melville, Moby Dick, Adelphi, 1994, 588 pgg. (trad. Cesare Pavese)
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. E’ un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto.

 

Matthias StomSara presenta Agar a Abramo, 1632


"Chiamatemi Ismaele", l'incipit di Moby Dick è rimasto famoso. Perché Ismaele? E perché "chiamatemi" e non "mi chiamo"? Melville è americano e chiaramente cita la Bibbia. Ismaele è il primogenito di Abramo, il figlio avuto dalla schiava Agar, prima accettato e poi respinto per volontà della moglie Sara. «Call me Ishmael: chiamatemi Ismaele, non già mi chiamo Ismaele. Non ha importanza il nome del protagonista narratore, ma
 ciòche egli simboleggia. 
Ismaele è l’uomo che si sa dotato di una superiorità non riconosciuta dal mondo: il primogenito di Abramo è un bastardo cacciato nel deserto, fra altri reietti; là impara  a sopravvivere a questa morte, in perfetta solitudine, indurito contro le avversità» (Elémire Zolla).

Achab non dice "mi chiamo Ismaele", perché non è quello, evidentemente, il nome che porta dalla nascita. Quello è il nome con il quale vuole identificarsi, vuole essere conosciuto dagli altri nel mondo, vuole affrontare l'avventura della sua vita. Il bastardo respinto nel deserto con sua madre non ha una patria, non ha neppure una dimora fissa. "Chiamatemi Ismaele" vuol dire pure chiamatemi esule, vagabondo. Nella società attuale non sono pochi gli individui che potrebbero dire altrettanto: "io sono quello che sono diventato per mia scelta, quella persona, quella maschera sociale con la quale ho poi deciso di affrontare la vita". È il tema dell'individuazione nella psicologia di Jung. 

Un uomo libero
"L'individuazione, il divenire sé, non è soltanto un problema spirituale: è il problema della vita in generale" (C.G. Jung)
"Ognuno nella vita può riuscire a costruirsi un suo centro, una sua filosofia, a elaborare insomma la propria verità; una verità che esprima tutta una esperienza di vita e perciò si giustifica nella fedeltà a se stessi e non agli altri. ... il miracolo della crescita consiste proprio nel diventare padri e madri di se stessi ... Tutto questo esige però un prezzo: le persone autonome sono infatti le più perseguitate, poiché un uomo libero non si può controllare". (Aldo Carotenuto)



Appelez-moi Ismaël

Charles Olson

Traduction Thierry Gillyboeuf

Préface de Thierry Gillyboeuf

 Appelez-moi Ismaël, premier livre publié par Charles Olson en 1947, est également une œuvre maîtresse des études melvilliennes, dont Olson fut l’un des pionniers. Il s’intéressa à l’auteur de Moby Dick alors même que, plus de trente ans après sa mort dans l’oubli général, on commençait seulement à redé­couvrir son œuvre. Olson a été l’un des premiers à comprendre l’importance de Shakespeare et de la Bible dans Moby Dick, transfigurant l’histoire d’une pêche à la baleine en un mythe universel au souffle épique et tragique. Il réussit le tour de force d’embrasser la démesure du souffle melvillien pour proposer une lecture originale de l’un des plus grands livres de la littérature universelle qui fascine par une extraordinaire érudition.

En rencontrant la petite-fille de l’écrivain et en accédant ainsi à certains docu­ments inédits, dont le propre exemplaire de Melville des œuvres de Shakespeare, annoté copieusement de sa main, Olson écrit un essai captivant, exaltant, entraînant le lecteur par une trame originale.




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