Lolita è una ninfa. Figura di culto dell'età pagana, la ninfa non è né donna né dea, è uno spirito che ammalia uomini e dei, possederla significa essere posseduti. Humbert con lei esaspera la sua solitudine, chiudendosi in una bolla, vagando attraverso l'America, illudendosi di circuire il tempo senza riuscire a farsi odiare. Lo stile letterario è colto, ironico e magnetico, da un lato in grado di evocare immagini tridimensionali e dall'altro di giocare con le parole, creando una serie di piccoli enigmi (Nabokov era un enigmista), una sfida per il lettore.
Arianna Marchente, I 60 anni di Lolita, Il Post, 28 ottobre 2015
Lolita, il romanzo di Vladimir Nabokov che racconta l’ossessione semi-incestuosa di un professore di letteratura nei confronti di una ragazzina di 12 anni, fu pubblicato per la prima volta nel 1955, 60 anni fa. Il romanzo parla del professore di letteratura francese Humbert che, con un matrimonio finito male alle spalle, decide di trasferirsi a Ramsdale, una piccola città del New England. Affitta una stanza a casa di una donna sua coetanea, Charlotte Haze, e perde completamente la testa per la figlia dodicenne di lei. Tra i due si crea un rapporto particolare, di estrema complicità, che contribuisce ad alimentare ancora di più l’ossessione di Humbert, fino al punto in cui deciderà di mettere in atto un piano: sposerà la madre di Lolita e alla sua morte diventerà patrigno della bambina.
La storia della pubblicazione
Nabokov impiegò circa cinque anni a scrivere Lolita: iniziò nel 1948 e finì nel dicembre del 1953. Per quasi due anni spedì il libro a diverse case editrici, ma fu a lungo rifiutato: nessuno voleva pubblicare un libro il cui tema predominante a prima vista era la pedofilia. Una delle lettere di rifiuto ricevute da Nabokov riportava questo commento: “Per gran parte è nauseante, anche per un freudiano illuminato… è una specie di incrocio instabile tra una realtà orribile e una fantasia improbabile. Spesso diventa un sogno a occhi aperti nevrotico e selvaggio… Consiglio di seppellirlo sotto una pietra e tenerlo lì per almeno mille anni.”
Eppure dopo molte fatiche a settembre del 1955 Lolita uscì per la prima volta a Parigi e in lingua inglese. A pubblicarlo fu l’Olympia Press, una casa editrice statunitense, allora specializzata in letteratura erotica (pubblicava tra gli altri i libri di Henry Miller), che aveva stabilito la propria sede a Parigi per sfuggire alla censura nazionale. In poco tempo il libro andò a ruba. Tuttavia nel 1956 in Francia Lolita venne ufficialmente vietato e ritirato dalle vendite. Nabokov dovette attendere due anni prima di riuscire a rimettere in circolazione il suo romanzo: nel 1958 Lolita uscì negli Stati Uniti ed ebbe un successo notevole. Nel giro di pochi giorni venne ristampato per la terza volta e divenne il secondo romanzo, dopo Via col vento, a vendere 100.000 copie nel giro di tre settimane. In Italia Lolita uscì per Mondadori nel 1959; dal 1993 viene pubblicato da Adelphi.
La firma di Nabokov
Fin dalle prime pagine del romanzo compare un personaggio femminile molto misterioso, di nome Vivian Darkbloom. “Vivian Darkbloom” è l’anagramma di Vladimir Nabokov, e quindi la firma dell’autore nascosta tra le righe all’inizio del suo stesso romanzo. Una firma nascosta ma al tempo stesso in qualche modo dichiarata perché, sempre nella prima pagina, troviamo questa frase “Vivian Darkbloom ha scritto una biografia dal titolo Il mio Cue”. Cue in inglese significa anche segno, traccia: Nabokov invita il lettore a prestare un’attenzione particolare e a cogliere l’indizio.
Lolita non è Lolita
Il termine “Lolita” è entrato a far parte del linguaggio comune per indicare generalmente una ragazza giovane, sessualmente disinibita e maliziosa. Chi non ha letto il libro però non sa che Lolita non si chiama davvero Lolita, ma Dolores Haze. Soprannominata dalla madre Lo, Lola o Dolly: Lolita diventa Lolita solo in presenza di Humbert, solo attraverso il suo personale punto di vista, e il lettore non ha mai la garanzia che lei sia oggettivamente così, spregiudicata e maliziosa: ne ha solo l’impressione, attraverso una visione filtrata. In questo senso “Lolita” non è altro che l’evoluzione del più generale termine di cui si era spesso servito Humbert in passato, per riferirsi ad altre ragazzine da cui si era sentito attratto: “ninfetta”.
Definire Lolita
Proprio questo aspetto ha contribuito alla categorizzazione del romanzo di Nabokov come “romanzo erotico”. Effettivamente ancora oggi Lolita è largamente definito in questi termini, ma non si tratta di una definizione estremamente precisa, anche e soprattutto perché l’abilità di Nabokov è di trasmettere al lettore l’attrazione ossessiva di un adulto nei confronti di una ragazzina e la relazione morbosa che si crea tra i due, senza mai scadere nella descrizione di rapporti sessuali tra i protagonisti: che ci sono, e il lettore lo sa benissimo che ci sono, ma rimangono essenzialmente nascosti ai suoi occhi. Inoltre i punti salienti della trama non sono di natura erotica. In generale, come osservato da un articolo uscito sul New Yorker, “la visione di una Lolita sensuale, così come l’idea che il libro sia di carattere erotico, non hanno molto a che vedere con il romanzo di Nabokov”.
La sfida delle copertine
Difficile da definire e da etichettare, Lolita è un romanzo estremamente complesso, così tanto da essere considerato uno dei libri che ha messo maggiormente in crisi la scelta della copertina da parte degli editori. La prima copertina di Lolita, quella del 1955, era rigida, color verde militare e con il titolo in nero. Attualmente esistono 185 copertine, ma nessuna viene considerata, da chi conosce bene il libro, pienamente efficace o soddisfacente. La copertina di Lolita è una sfida così grande da un punto di vista editoriale che sul tema è stato scritto perfino un libro.
Le trasposizioni cinematografiche, gli spettacoli teatrali e il musical
Di Lolita esistono due trasposizioni cinematografiche: quella celebre di Stanley Kubrick del 1962 e quella meno famosa del 1997, diretta da Adrian Lyne. Nel mezzo, oltre a una lunga serie di spettacoli teatrali tratti dal romanzo, venne lanciato anche un musical apprezzato dalla critica, con il titolo Lolita, my love. Le due versioni cinematografiche sono accomunate da una rappresentazione molto poco infantile di Lolita, ma sono di base molto diverse: Kubrick infatti ha trasposto in modo preciso l’atmosfera del romanzo di Nabokov, assecondando anche il suo stile, che rende difficile al lettore/spettatore prendere una posizione chiara nei confronti dei due personaggi. Kubrick, come Nabokov, ha inoltre evitato di mostrare l’elemento sessuale che avrebbe potuto urtare lo spettatore. Adrian Lyne invece ha offerto una propria e personale trasposizione di Lolita: una Lolita con la faccia da ragazzina di 12 anni, ma con il corpo e gli atteggiamenti di una donna che ha il doppio dei suoi anni.
Il problema di chiamarsi Lolita
In un’intervista data a Life nel 1964 Nabokov disse: «tra tutti i libri che ho scritto, Lolita è quello che mi ha dato più gioia, forse perché è il più puro, quello più costruito e inventato da un punto di vista narrativo. Probabilmente però sono la causa per cui i genitori hanno smesso di chiamare le loro figlie Lolita. Dal 1965 in giro ci sono molti barboncini che si chiamano così, ma pochi esseri umani». In effetti, stando alle statistiche svolte sui nomi dal governo americano durante i vari censimenti, la popolarità del nome Lolita è stata inversamente proporzionale al successo del libro. All’inizio degli anni ’60 Lolita si collocava circa a metà della classifica dei 1000 nomi femminili più usati negli Stati Uniti, mentre negli anni ’70 era già scomparso da quella stessa classifica, per tornarci – occupando l’ultima posizione – negli anni ’90. La ragione è semplice: chiamarsi Lolita, socialmente, è considerato un problema.
Lolita nella musica pop
In occasione dell’anniversario la Los Angeles Review of Books, a partire da gennaio 2015, ha pubblicato una serie di interviste a donne, scrittrici, artiste, studiose, sulle sfaccettature del personaggio di Lolita, per capire in che modo e con che significati il termine “Lolita” è entrato a far parte del nostro immaginario comune. In queste lunghe interviste si nota come, soprattutto negli anni Novanta, l’icona di Lolita sia arrivata anche nel mondo della musica pop. Non è emblematico solo il caso della famosa canzone – Lolita appunto – di Alizeé, ma anche il look con cui ha esordito Britney Spears, ispirato a quello della Lolita di Adrian Lyne: basti pensare al video di Baby one more time.
Tra i testi raccolti in Diario Minimo di Umberto Eco è presente anche una parodia di Lolita, scritta nel 1959, i cui protagonisti sono Nonita e Umberto Umberto. Il testo è stato poi tradotto anche in inglese con il titolo Granita. Nel 1996 invece Pia Pera, scrittrice e attualmente blogger, ha pubblicato con Marsilio Diario di Lo: la stessa storia di Nabokov raccontata però interamente dal punto di vista di Lolita. Nel 2011 Luca Ronconi, partendo dalla sceneggiatura che lo stesso Nabokov aveva scritto per Kubrick, porta Lolita a teatro in Italia con il titolo Lolita, prove di un amore. Nel 2013 Stefano Benni, durante una lezione della scuola Holden, ha tenuto un lungo reading notturno di Lolita: la lettura è andata avanti dalle 10 di sera alle 4 del mattino. Benni ha spiegato la scelta dicendo che «vorrei far leggere Lolita a chi ancora non l’ha letto. È l’unica cosa che posso fare, perché se dovessi convincere la gente a leggere Lolita spiegandolo, non ci riuscirei».
Così le sette ragazze appresero, nell'immenso carcere di Teheran, che cos'è la letteratura: non la realtà, ma "l'epifania di ciò che è vero" (Pietro Citati). |
https://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/spettacoli_e_cultura/libri36/lolita/lolita.html
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