Flavia Silli, Il tempo in Bergson e Agostino
[Note conclusive]. Nicola Abbagnano conclude l’analisi del problema del tempo in Agostino con queste parole: “Ancora una volta, il ripiegarsi della coscienza su se stessa appare come la risposta risolutiva ad una questione fondamentale”. Senza dubbio l’invito di Socrate a conoscere se stessi, in Agostino diventa sorgente e sbocco del suo pensiero: per lui scavare nell’interiorità dell’uomo significa attingere a qualcosa di più profondo dell’uomo stesso, all’Infinito, vuol dire intraprendere un cammino inesauribile verso la conoscenza. Il centro della sua speculazione coincide veramente col centro della sua personalità: persino i più astratti concetti teologici, con lui si arricchiscono di un calore e significato umano che prima non avevano, divengono elementi di vita interiore per l’uomo giacché tali sono per lui, per Agostino. Egli riesce a saldarli ai suoi dubbi, al suo bisogno di amore e di felicità. Dopo 1600 anni, ancora si rimane sorpresi dalla genialità di Agostino nel tracciare un’analisi psicologica, dalla sua eccezionale capacità di schiudere la dimensione trascendente, non attraverso un arido sistema, ma grazie all’introspezione (basti pensare all’analogia tra la natura di Dio e la natura umana nel “De Trinitate”).
Bergson, da parte sua, esprime tutta la profondità del suo pensiero, nella rilevanza che attribuisce alla consapevolezza della vita interiore: “Così ci sarebbero due io differenti, uno dei quali sarebbe come la proiezione esterna dell’altro, la sua rappresentazione spaziale e, per così dire, sociale. Perveniamo a quello autentico, attraverso una riflessione approfondita, che ci fa cogliere i nostri stati interni come esseri viventi, continuamente in via di formazione, come stati refrattari alla misura, che si compenetrano gli uni con gli altri, e la cui successione nella durata non ha nulla in comune con una giustapposizione nello spazio omogeneo. Ma i momenti in cui ci cogliamo in questo modo sono rari, e perciò noi raramente siamo liberi. La maggior parte del tempo viviamo esteriormente a noi stessi e percepiamo soltanto il fantasma scolorito del nostro io…viviamo per il mondo esterno piuttosto che per noi; parliamo piuttosto che pensare…Agire liberamente significa riprendere possesso di sé, ricollocarsi di nuovo nella pura durata”. Questa splendida apologia della libertà che conclude il Saggio sui dati immediati della coscienza, richiama potentemente l’uomo a non smarrire il senso della sua dignità dietro rigide schematizzazioni, a non ingabbiare la sua interiorità creativa e irriducibile con l’uso scriteriato di categorie intellettuali, ma soprattutto suggerisce, in sintonia con Agostino, di interiorizzare la ricerca filosofica, una ricerca che impegna non solo l’intelletto dell’uomo, ma l’intera vita della coscienza.
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