La riproduzione qui offerta è davvero poca cosa rispetto all'originale che copre la parte superiore di un'intera parete e misura 340x968 cm. Si trova nel Palazzo pubblico di Siena, al primo piano, nella sala detta “del Mappamondo”, di fronte alla “Parete della Balestra” dove un altro affresco, di una lunghezza simile ma molto più esteso in altezza, rappresenta la Maestà (cm. 763 x 970). Il cavaliere raffigurato veniva tradizionalmente identificato con Guidoriccio da Fogliano. Il titolo completo del quadro era Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi.
L'episodio celebrato aveva trovato il suo svolgimento tra l'aprile e l'agosto del 1328. E 1328 è la data segnata in basso lungo la cornice. Sempre stando a una tradizione consolidata nei secoli autore dell'affresco sarebbe stato Simone Martini (Siena, 1284 - Avignone, 1344), uno tra i più importanti pittori del suo tempo, degno di figurare accanto a Cimabue, Duccio di Boninsegna, Giotto e Lorenzetti. A partire dal 1977 una serie di scoperte successive ha condotto due studiosi americani, Gordon Moran e Michael Mallory, a mettere in dubbio l'attribuzione dell'opera a Simone Martini. Si è anche sostenuto che, nelle circostanze storiche date, l'idea di raffigurare proprio Guidoriccio da Fogliano al centro dell'affresco non fosse plausibile. Vari specialisti italiani, pur prendendo atto delle novità, hanno invece trovato che fosse più giusto mantenere le vecchie attribuzioni.
Coloro che hanno voluto togliere di mezzo Simone Martini hanno ugualmente messo in cattiva luce la qualità artistica dell'affresco. L'intera operazione ottiene così il risultato desolante di oscurare il fascino che il dipinto continua a esercitare su un vasto pubblico. Tutto sommato, se anche l'autore fosse un personaggio diverso da Simone Martini e il cavaliere al centro non fosse Guidoriccio, un accostamento felice all'immagine pittorica resterebbe possibile. Il paesaggio in particolare ha la potenza di una visione scheletrica, limitata e ridotta ai suoi aspetti necessari. I luoghi mantengono la loro fisionomia generica, mentre scompaiono gli elementi concreti, gli alberi, i cespugli, i campi coltivati. Basti pensare all'affresco di Ambrogio Lorenzetti situato proprio nella sala accanto a quella detta "del Mappamondo": gli effetti del buongoverno in campagna, la differenza non può che colpire l'osservatore. Povertà di dati minimi in un caso, profusione di rimandi sparsi alla vita nell'altro. Lo sfondo che in Lorenzetti è dato dalla vita civile, nel ritratto del cavaliere rimanda a castelli e torri con bandiere al vento, in primo piano due pezzi di steccati segnano un confine, in alto si ergono montagne sormontate da torri e castelli, in basso sulla destra un tetro accampamento occupa la vallata. Il protagonista campeggia maestoso al centro dell'immagine, domina con tranquilla sicurezza tutto lo spazio, la gualdrappa che avvolge il cavallo non dice altro: tanto è ricca la decorazione dell'animale quanto è spoglio il paesaggio intorno.
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L'arte senese protagonista a New York
È il grande giorno di Siena a New York: questa sera [8 ottobre] alle 17 - nella nostra città saranno le 23 - si alzerà il sipario sull’anteprima della grande mostra “Siena: The rise of painting, 1300-1350“, che sarà ufficialmente aperta il 13 ottobre per proseguire fino al 26 gennaio del prossimo anno, per poi trasferirsi alla National Gallery di Londra dove aprirà i battenti l’8 marzo del prossimo anno. Una ribalta mondiale per i campioni dell’arte senese, tra cui Duccio di Buoninsegna, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Simone Martini, definiti gli ispiratori di fatto di una rivoluzione artistica senza pari. In mostra oltre cento opere. "Siena è stata un epicento di innovazione e ambizione artistica nel XIV e XV secolo", ha detto il direttore del Met Max Hollein. Presente a New York una delegazione senese guidata dal sindaco Fabio.
Marco Palla
L'affresco è potente e sto con i 'tradizionalisti': mi piacerebbe che fosse stato Martini ad eseguirlo, del testo in una sala e palazzo del genere avrebbero potuto affidare a un ragazzo di bottega un'opera così imponente? Quando oggi guardiamo i 'grandi' dipinti di Pollock o Rothko non bisogna dimenticare questi capolavori antichi (quasi 4 m x 10), oppure la Cappella degli Scrovegni che Giotto e i suoi scolari affrescarono in circa 3 mesi (600 mq). Il paesaggio è scarno ma ho pensato alla desertificazione provocata dalle guerre e in questo caso dall'assedio: senza una cicoria da bollire, senza qualche bacca o radice fungina come si potevano nutrire, a lungo andare, i cittadini assediati? Eppure questa terra incolta e riarsa, una vera "waste land", è piena di steccati, fosse, trincee, tranelli... e guardata a vista da filiere di picche pronte ad infilzare gli attaccanti
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