Diversamente da ciò che sembra suggerire Denis de Rougemont nel brano che segue, il culto di Maria nella Chiesa cattolica ha un primo riconoscimento ufficiale già nel V secolo dopo Cristo, al concilio di Efeso (431), quando si decretò che nella persona di Gesù la natura umana e quella divina erano strettamente unite. Ciò non toglie che nel XII secolo la venerazione della Madonna fu ulteriormente sviluppata e rilanciata.
Denis de Rougemont, L'amore e l'Occidente, traduzione di Luigi Santucci, Milano Rizzoli 1977 (1939)
Una forma poetica del tutto nuova nasce nel Sud della Francia, patria del catarismo; essa celebra la Dama dei pensieri, l'idea platonica del principio femminile, il culto dell'Amore in contrapposizione al matrimonio, e la castità.
[Eloisa e Abelardo, i troubadours, l'amor cortese]
A questa poderosa e pressocché universale espansione dell'Amore e del culto della donna idealizzata la Chiesa e il clero non potevano mancare di contrapporre una credenza e un culto che rispondessero allo stesso profondo desiderio, nato dall'anima collettiva. Bisognava "convertire" questo desiderio, pur lasciandosi portare da esso, ma come per meglio inserirlo nella gagliarda corrente dell'ortodossia. Da qui i reiterati tentativi, a partire dall'inizio del secolo decimosecondo, di instaurare un culto della Vergine. D'ora in poi la Madonna riceverà l'appellativo di regina coeli e l'arte la rappresenterà come regina. Alla "Dama dei pensieri" della cortezia si sostituirà "Nostra Signora".
https://revues.droz.org/RThPh/article/view/RThPh_154.1_105-121/html
Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio,
umile ed alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio.
Tu sei colei che l´umana natura
nobilitasti, sì che il suo fattore,
non disdegnò di farsi tua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l´amore,
per lo cui foco nell'etterna pace,
così è germinato questo fiore.
Qui sei a noi meridiana face,
di caritate e giuso intra i mortali
sei di speranza fontana vivace.
Donna, sei tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disianza vuol volar senz´ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi dimanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietade,
in te magnificenza, in te s´aduna,
quantunque in creatura è di bontate.
Anna Maria Chiavacci Leonardi
Vergine Madre...: la preghiera che si leva, ferma e severa nel suo dettato classicamente sobrio, e che pure racchiude un così esteso e profondo ambito di significati, è degno preludio alla conclusione di questo Paradiso dove il narrare poetico è costantemente tenuto su un registro sempre al di sopra dell'umana sensibilità, e che pure coinvolge i più profondi sentimenti di cui l'uomo è capace. Le antitesi che, senza commento, si susseguono nella prima terzina, raccolgono secoli di teologia e devozione mariana, con quella forza di sintesi e purezza di ritmo che sono peculiari del genio dantesco. Non vi è in esse alcuna retorica, perché tali antitesi sono un fatto, la realtà stessa del mistero di Maria nella fede cristiana. Il primo verso racchiude – in due antitesi puramente enunciate – le tre prerogative che la fede cristiana attribuisce a Maria, definendone la straordinaria realtà: vergine, madre, e figlia di colui del quale è madre, cioè di Dio. Il mistero è espresso in vari modi in tutti i più noti testi mariani, dogmatici o liturgici («mater semper virgo»; «genuisti qui te fecit» ecc.), ma nessun luogo può competere con questo nudo verso dantesco, che col suo ritmo alto e la sua sobrietà assoluta – fatta di quattro parole – fa risuonare il grande mistero in apertura del canto finale del poema. Sulla struttura tripartita di questa preghiera (invocazione – vv. 1-3 – elogio – vv. 4-21 – petizione – vv. 22-39), risalente a modelli classici e biblici, si veda Auerbach, Studi, pp. 273-308. Il Dronke (lettura citata nella bibliografia) ricorda a confronto quella invocazione di Boezio al creatore del mondo (Cons. III, m. IX) tante volte da Dante riecheggiata nel Paradiso (si cfr. I 103-8; II 130 sgg.; VII 64-6 e note).
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