Ivan Semënovič Sablukov, Ritratto di Caterina II (1770) |
Peter Scheibert, L'impero russo da Pietro il Grande alla Rivoluzione di febbraio, Storia universale Feltrinelli, Russia, traduzione di Libero Sosio, Milano 1973
Anche Caterina II (1729-1796) fu innalzata al trono (1762) da un putsch della guardia, senza dover rinunciare a una benché minima parte del suo potere autocratico. Quale che possa essere stata la sua complicità nell'uccisione del marito, è certo che non fece nulla per salvarlo. Soprattutto ella fece di tutto per impedire l'ascesa al trono del proprio figlio Paolo (nato nel 1754). Il popolo russo si vide messo di fronte a un'usurpazione che non era legittimata da nulla; i disordini popolari cominciarono allora ad assumere un peso maggiore. Prima di Napoleone nessun sovrano dell'epoca moderna si era presentato in scena con tanta abilità propagandistica quanto la dotatissima figlia di un colonnello prussiano appartenente all'oscura famiglia di Anhalt-Zerbst. L'Europa intellettuale si prostrò ai suoi piedi; Voltaire e Diderot resero omaggio al potere "progressivo". Il fatto di riuscire a corrompere l'opinione pubblica di vari decenni fu già in sé un'impresa notevole.
Louis-Michel van Loo, Ritratto di Denis Diderot (1767) |
Robert Zaretzky, Catherine and Diderot: The Empress, the Philosopher, and the Fate of the Enlightenment, Harvard University Press, 2019, 272 pp.
Recensione di Maria Lipman, Foreign Affairs, 15 ottobre 2019
Zaretsky è uno storico della Francia e, come ammette lui stesso, un nuovo arrivato nella
storia russa. Quindi, il suo libro breve e divertente racconta ai lettori più su Denis Diderot
che sull'imperatrice russa che invitò il principale filosofo dell'Illuminismo a San Pietroburgo.
Quando il sessantenne Diderot arrivò in Russia nel 1773, era la prima volta che si spingeva
lontano da casa. Condivideva con altri filosofi francesi del suo tempo una visione di
Caterina la Grande come l'incarnazione del dispotismo illuminato, una leader guidata dalla
fede nella ragione e nel progresso e dedita a garantire la felicità dei suoi sudditi. Come
chiarisce il libro, il filosofo inizialmente sembrava pronto a realizzare il suo sogno di fare
da mentore al monarca. Catherine si impegnò con entusiasmo in dibattiti con Diderot. Era
affascinata dal suo pensiero audace e lui rispettava la sua devozione agli ideali
dell'Illuminismo. Il disincanto reciproco era, ovviamente, inevitabile. Alla fine Diderot
concluse che il concetto di dispotismo illuminato era un ossimoro e che Caterina, ahimè, era
semplicemente un despota. Caterina, nel frattempo, arrivò gradualmente a considerare i
filosofi inutili, poiché i loro scritti aprivano la strada a infinite calamità. Tuttavia, Zaretsky
non può fare a meno di ammirare l'affetto reciproco di Catherine e Diderot, che la loro
reciproca delusione non ha diminuito.
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