Sangiuliano si è dimesso, c'è chi prova a tracciare un bilancio della vicenda. Concita De Gregorio sulla Repubblica non solo concede a Maria Rosaria Boccia l'onore delle armi, si spinge oltre facendola salire, non da sola, sul gradino più alto del podio: "Le bionde, qui, hanno vinto la partita. Barbie premier. Barbie moglie. Barbie influencer. Ragazze: avete visto come si fa? D'ora in avanti: occhiali a raggi x, controllo delle mail e a voi il governo. Non date loro quello che vogliono: promettetelo solo. Coi cuoricini, gli emoticon". Altri opinionisti invece si mostrano assai meno generosi verso la sventurata influencer. Flavia Perina nell'articolo che segue mostra come vi sia stato a conclusione della vicenda un mutamento nel costume licenzioso della destra italiana al potere. Berlusconi è definito uno sciupafemmine e più oltre nel testo si parla di Kennedy, Togliatti e Mitterrand. Tutti casi diversi l'uno dall'altro e difficili da ridurre a un modello comune. Nilde Iotti e Anne Pingeot erano donne di una specchiata rettitudine morale mentre una star come Marilyn Monroe non è paragonabile a una organizzatrice di eventi in cerca di status. La pur ardimentosa Maria Rosaria Boccia è dipinta da Flavia Perina come scafatissima: sarebbe "una che ci ha provato e ne è rimasta sepolta". Ricordiamo che il prode Sangiuliano tanto onnipotente (nella sua autorappresentazione) quanto incompetente (nella realtà) dovrebbe tornare alle sue occupazioni di prima, riprendendo il suo posto di giornalista alla Rai. Alla fin fine lui si salva, mentre lei viene votata alla perdizione. Così va a finire l'omelia, per quanto animata dalle migliori intenzioni. Peggio di Flavia Perina ha fatto Alessandro Sallusti che sul Giornale ha reso onore a Gennaro Sangiuliano mentre ha condannato Maria Rosaria Boccia, da lui vista come la carnefice, all'espulsione dalla società civile. La scellerata "non serve più nulla a nessuno", ha scritto. Colpevole e votata all'annientamento sociale la fanciulla, recuperabile e umano nella sua debolezza il millantatore. Forse la Bibbia non è altrettanto dura con Eva, ma quello è un testo sacro, non un articolo di giornale.
Flavia Perina, Nel centrodestra chiusa un'era. Basta sfarfallamento maschile, La Stampa, 7 settembre 2024
Le dimissioni-licenziamento di Gennaro Sangiuliano rendono evidente in modo clamoroso che nel centrodestra si è chiusa l'era delle concessioni libertarie allo sfarfallamento maschile intorno a signorine intraprendenti, alle Ruby Rubacuori, alle "belle brave che sanno anche le lingue", alle igieniste dentali premiate nei listini bloccati. Magari qualcuno non lo aveva ancora capito, ma non sono più quei tempi. Non c'è più lo sciupafemmismo del leader maximo a garantire alibi e copertura ad ogni attraversamento del confine pubblico-privato. C'è una leader donna che ha fatto sacrifici anche personali per sottrarre sé stessa e il suo ruolo al ridicolo e alla battuta greve. Ha fatto un calcolo sbagliato chi si aspettava da lei il tipo estremo di indulgenza che, in altre stagioni, aveva giustificato ogni intemperanza dei nostri Pasqualino Settebellezze, o addirittura aveva considerato un pregio politico la capacità di attirare belle ragazze. La destra sarà costretta a prenderne atto e ad uscire dalla suggestione che, in questa materia come in molte altre, esista un continuismo appena interrotto dalla parentesi dei governi di emergenza, tecnici, strani, visti nell'ultimo decennio.
La legittimità di costruirsi corti femminili a piacimento, badando soprattutto all'estetica e alla compiacenza, è un dato che il centrodestra italiano ha dato per scontato per molto tempo. È stata difesa con tenacia perché era il mood di Silvio Berlusconi e non poteva essere discusso. Curriculum inventati, competenze fabbricate a tavolino, costante rivendicazione dell'irrilevanza del mischiare affari di letto, di politica e d'ufficio con il refrain: e allora Kennedy e Marilyn? E allora Mitterrand con la sua figlia segreta? E allora Togliatti e la Jotti? Una infinita galleria di esempi per dimostrare che certe trasgressioni avevano il peso di una piuma e che il sospetto di ricattabilità era la solita invenzione delle opposizioni. Il centrodestra aveva imparato a memoria questa routine giustificativa: adesso viene seppellita del tutto dall'addio al ministro che ha mischiato G7 e affari di cuore, un avvertimento vistoso a ogni maschio in posizione di potere che non ha ancora chiaro quanto sono cambiati i tempi.
Eravamo forse l'ultimo Paese occidentale a tenere in piedi il racconto del "che male c'è" e del "così fan tutti". Per fortuna è finita. Sarà un segnale anche per le signore che hanno fatto una professione dell'intortarsi uomini potenti e fragili ricavandone qualcosa. Maria Rosaria Boccia, la scafatissima che fino a ieri sembrava in grado di ottenere preziose contropartite in cambio del silenzio, uscirà di scena come una che ci ha provato e ne è rimasta sepolta.
Le sue chat non contano più niente, a nessuno più interessa dei suoi celebrati sopralluoghi, ed è difficile immaginare che la sua carriera di "eventista" abbia un seguito dopo i pasticci che ha combinato. Ora che il suo ex è un ex assoluto – non solo ex-amante ed ex-datore di lavoro ma pure ex-ministro ed ex-politico – anche il valore delle sue interviste e del suo potenziale libro di memorie (tutte ne scrivono uno) è pressoché azzerato, mentre si avanza il rischio di denunce e spese d'avvocati. Ne sembra consapevole: ieri ha rivelato di aver cercato fino all'ultimo una conciliazione e una strategia comune con Sangiuliano, «ma lui ha detto di no», ha concluso sconsolata.
E dunque, signori e signorine
attenti. Le modalità del potere sono cambiate. Giorgia Meloni può
pure farsi chiamare "il" presidente del Consiglio, in
omaggio al maschilismo di larghi pezzi del suo mondo, ma è comunque
una premier donna, e anche in questa circostanza la cosa ha marcato
una differenza. A Sangiuliano ha concesso molti tentennamenti, e
ieri, a storia chiusa, anche l'onore delle armi, salutandolo
personalmente come «una persona capace e un uomo onesto». Così,
dopo una settimana di silenzio sbalordito dei suoi (o di frecciate
coperte dall'anonimato) il ministro ha potuto andarsene tra le lodi
degli amici: profondo senso delle istituzioni, forte abbraccio, ha
onorato la Patria, dato nuovo slancio alla cultura italiana,
rivoluzionato i beni culturali, brillante impegno, grande merito,
eccetera. Ma le parole di apprezzamento postumo non cambiano il
nocciolo dei fatti, che non è lo strapotere maligno del gossip, la
gogna dei social, o la catena di errori di comunicazione commessa in
questi giorni, bensì un dato assai più serio e nuovo: per la prima
volta nella storia politica italiana un ministro ha perso il posto
per aver promesso (e quasi dato) un incarico pubblico alla sua
amante. Per la prima volta si sancisce: questo non si può fare.
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