domenica 1 settembre 2024

Macchinosa Elly


 

Qualcosa non va nella comunicazione di Elly Schlein. La segretaria del Pd costringe spesso l'intervistatore a ripetere o riformulare la domanda. Risponde quasi sempre partendo da lontano, illustrando i precedenti e mostrando di avere già in passato affrontato il punto. Quando arriva a esporre la sua reazione del momento, usa un vocabolario tecnico, da addetta ai lavori e non si fa capire dal probabile destinatario del messaggio, ossia da un comune cittadino non tanto istruito. Berlinguer a suo tempo sapeva essere molto più diretto e chiaro. E non parliamo di Renzi. Non è un problema di linea politica. No, chi parla dovrebbe riuscire a tenere presente il profilo culturale e umano della persona a cui si rivolge. Che non è un politico, ma un uomo o una donna della strada. Elly Schlein, a quanto pare, non si pone il problema. Neppure Calenda, tanto per dire, se lo pone. Anche lui, nel rispondere alle domande, pretende di chiarire daccapo il suo punto di vista per poi arrivare, dopo un certo tempo, al punto. Ma Calenda è un personaggio secondario sulla scena politica nazionale. Elly Schlein si trova invece a capeggiare il secondo partito italiano, un partito con una grande storia alle spalle. Non può esprimersi a briglia sciolta, come se stesse parlando ai suoi collaboratori. Il pubblico è fatto in un altro modo e andrebbe affrontato per quello che è e non per quello che potrebbe sembrare a qualcuno. 

Gian Domenico CrapisAlla comunicazione di Schlein manca una dose di empatiaIl Fatto quotidiano, 29 novembre 2023

... Allora cosa c’è che non va? Direi che il difetto maggiore è – lo ha notato Paolo Natale –, quello che la spinge spesso a parlare come se dovesse fare un comizio ogni volta che la interpellano, anche per rispondere a una domanda occasionale, per parlare a un microfono porto al volo per cogliere una sua dichiarazione: situazioni dove funziona bene la battuta salace, lo slogan a effetto, la frase corta e secca: poi parla a “mitraglia”, parte sempre da lontano, sfiora a volte il logorroico. L’altro limite è che la sua comunicazione è fin troppo rotonda, senza increspature o spigolosità, cose utili a “bucare” i media; e povera di metafore, fondamentali nella comunicazione: quelle di cui Bersani faceva, viceversa, largo e bizzarro uso.

Infine, e questo l’accomuna agli altri politici, in lei si coglie la tendenza a eludere alcune questioni, a girarci al largo, anche se questo si comprende in una leader che deve guidare un partito che non l’ha completamente metabolizzata (è vero che su alcuni temi come il Lavoro, la Sanità o l’Ambiente ha usato parole inequivoche rispetto a chi l’ha preceduta).

Dunque, con la nuova segretaria, il Pd sta trovando contenuti capaci di dare a esso una nuova identità, ma non ancora la forma per comunicarli al meglio. Non ci sono solo gli elettori razionali e illuminati che comprendono le questioni, ai quali di certo il racconto di Schlein arriva; ci sono anche quelli, maggioritari, che si fermano a un livello emotivo di lettura della realtà, sui quali ancora la comunicazione della leader del Pd non ha prodotto l’empatia necessaria.

La politica mediatizzata ha bisogno di formule brevi e di immediato impatto, di sintesi efficaci e di semplificazione, soprattutto quando bisogna ragionare di cose complicate e difficili. In fondo la comunicazione di Schlein ricorda un po’ quella di Nichi Vendola, del quale però alla segretaria manca ancora il carisma, così come la sua retorica forse involuta ma avvolgente. Doti che però il leader pugliese affinò solo nel corso degli anni.

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