lunedì 9 settembre 2024

Il sesso negato di Clorinde



Paolo Landi, Emile Zola, il romanzo del trasformismo, Doppiozero, 9 settembre 2024 


Se un libro resiste nel tempo, parafrasando Calvino, è perché continua a dirci qualcosa: Sua eccellenza Eugène Rougon di Emile Zola, pubblicato nel 1876, e riproposto ora nella traduzione di Sarah Fusi, con l'introduzione di Mario Porro, meritoriamente pubblicato da Medusa, è stato nuovamente tradotto anche nel Regno Unito, da Brian Nelson, cinque anni fa, mentre Roberto Saviano, nello stesso periodo, inseriva Zola in Gridalo! (2020), tra i ritratti di uomini e donne che si sono battuti contro le ingiustizie, riportando lo scrittore francese, nato nel 1840, a un'attenzione di massa. I giovani frequentatori di YouTube possono trovare un video appassionato di Saviano che ripercorre la storia di Zola, morto ufficialmente in modo accidentale in casa, ma probabilmente assassinato da frange di destra antisemite, in seguito alla sua presa di posizione sul caso Dreyfus, l'ufficiale ebreo accusato di spionaggio a favore della Germania che divise la Francia dal 1864 al 1906, quando il militare venne reintegrato nelle sue funzioni e fu riconosciuto vittima di un errore giudiziario. Zola morì nel 1902, non riuscì quindi a vedere l'assoluzione di Dreyfus, che il suo J'accuse, pubblicato sul quotidiano L'aurore il 13 gennaio 1898, aveva contribuito a provocare. Questa rinnovata fortuna di un classico illumina il gigantesco progetto narrativo del ciclo dei Rougon-Macquart, a cui Zola mise mano nel 1871 con La fortuna dei Rougon e che terminerà, dopo venti romanzi, nel 1893 con Il dottor Pascal.

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Roland Barthes dedica alcune riflessioni a Zola nella raccolta Il brusio della lingua (1988): secondo Barthes Zola si legge ancora oggi con interesse non certo per le sue idee deterministiche e meccanicistiche sull'ereditarietà come pretesa "scientifica" di spiegare il comportamento degli esseri umani (quindi l'alcolismo come tara ereditaria dei Rougon-Macquart che si ripercuote sui componenti delle due famiglie) ma per la capacità che ha avuto di descrivere un'intera società nelle sue stratificazioni sociali, nei suoi vizi, nel suo processo di decadenza. Non la realtà analizzata criticamente, come per esempio in Balzac, ma "l'effetto di realtà" si ritrova qui, come nelle descrizioni dal vero di altri romanzi francesi dell'Ottocento. Barthes scrive: "il reale concreto diventa la giustificazione sufficiente del dire". L'essenza del romanzo di Zola sta nella storia che racconta, che è come se fosse vera, in tutti i suoi dettagli. Scrive Mario Porro: "Il quadro che nel 18 brumaio Marx traccia di Napoleone III appare ancor più feroce di quello che emerge dalle pagine di Zola: vecchio e astuto debosciato, egli concepisce la vita storica dei popoli, le loro azioni capitali e di stato come una commedia, nel senso più volgare della parola, come una mascherata in cui i grandi costumi, le grandi parole e i grandi gesti non servono ad altro che a coprire le furfanterie più meschine".

Il gioco del potere invade il romanzo, che si svolge su diversi palcoscenici: in parlamento, nella mansarda di Clorinde, una donna scaltra "lanciata nella cerchia degli uomini politici", nello studio di Rougon ministro dell'interno – con più di venti persone in anticamera: magistrale la descrizione dell'attesa che Rougon infligge ai postulanti – a un'asta benefica, a un ballo del prefetto in provincia, ai "giovedì e alle domeniche" in casa di Rougon, dove lui riceve gli amici, che lo ricattano e lusingano nel suo desiderio di mostrarsi potente ma che non esitano a chiamarlo "il ciccione" quando si trova – temporaneamente – in disgrazia. Nella prefazione a La fortuna dei Rougon, pubblicato nel 1871 in volume subito dopo la crisi politica della Comune, Zola aveva specificato cosa si prefiggeva scrivendo il ciclo dei Rougon-Macquart, di cui Sua eccellenza è il sesto volume (ma il secondo per l'importanza che Zola stesso gli attribuiva): "Io voglio spiegare come una famiglia, un piccolo gruppo di persone, si comporta in una società, sviluppandosi per dar vita a dieci, a venti individui che, a prima vista, sembrano profondamente diversi, ma che, analizzati, si rivelano intimamente connessi gli uni agli altri.

Come in fisica la gravità, così l’ereditarietà ha le sue leggi. Cercherò di scoprire e di seguire, tenendo conto della duplice azione dei temperamenti individuali e degli ambienti sociali, il filo che conduce con certezza matematica da un uomo a un altro uomo. E quando terrò in mano tutti i fili, quando avrò studiato a fondo tutto un gruppo sociale, farò vedere questo gruppo in azione come forza motrice di un’epoca storica, lo raffigurerò in tutta la complessità dei suoi sforzi, analizzerò, nello stesso tempo, la somma delle volontà di ciascuno dei suoi membri e l’impulso generale dell’insieme. I Rougon-Macquart – il gruppo, la famiglia che mi propongo di studiare – ha, come tratto caratteristico, l’eccesso degli appetiti, l’ampia tendenza ascensionale della nostra epoca che tende freneticamente al piacere (...). Dal punto di vista storico, questi individui partono dal popolo, s’irradiano in tutta la società contemporanea, raggiungono tutte le posizioni, in seguito all’impulso essenzialmente moderno che spinge le classi inferiori a salire entro la società, e costituiscono così la storia del Secondo Impero come sintesi dei loro drammi individuali, dal tranello del colpo di stato fino al tradimento di Sedan".

Eugène Rougon l'eminenza grigia dell'Imperatore, paragonato a un toro, dalla forza bruta e dalla pesantezza nei movimenti, dissimula la finezza della mente che il suo fisico da contadino nasconde. Fanatico del potere fine a se stesso, bonapartista convinto, appare come un boia disciplinato. Sembra che stia giocando, accettando le temporanee sconfitte per riprendersi meglio, sopportando brevi umiliazioni per poi tornare potente in modo più schiacciante, sapendo che l'Imperatore lo ha ormai inserito nel suo "cerchio magico", consapevole che la sua fortuna tornerà sempre. Felice di abbandonare una posizione per un'altra, sarà qualunque cosa o chiunque l'Imperatore abbia bisogno che sia: il temuto capo autoritario, il capro espiatorio o il nuovo campione delle libertà liberali. L'unica posizione che gli interessa è quella del comando. I due principali discorsi in Parlamento sono una lezione spudorata di manipolazione e di imbroglio. Resta impassibile in ogni circostanza, nulla sembra toccarlo, al di sopra dei suoi sostenitori e dei comuni mortali, Eugène Rougon sembra trovare solo un avversario degno di lui, in un milieu che considera popolato da imbecilli, Clorinde (ispirata alla Contessa di Castiglione: inviata nel 1855 da Cavour a Parigi per sedurre l'imperatore, affinché intercedesse per assicurare all'Italia l'aiuto della Francia nella imminente guerra contro l'Austria).

Nel corso della storia, la loro intelligenza si sostiene e si scontra, a seconda che i rispettivi obiettivi si completino o si oppongano. Clorinde combatte con le armi allora consentite al fascino femminile: interpretando la parte della donna un po' stupida, seduce, si impone, si distingue con comportamenti imprevedibili e, così facendo, acquisisce potere sugli uomini e coglie l'occasione per muovere le sue pedine. Provoca oggi, nella società dei diritti e delle rivendicazioni di genere, che Clorinde, "cagna" fiera di esserlo, indossi in una scena – e lo mostri a tutti – un collare, regalatogli dall'Imperatore, con sopra scritto "Appartengo al mio padrone". Nell'ultima presa di potere di Rougon, alla fine, sono il rispetto e l'ammirazione di Clorinde a sancirne il trionfo. Probabilmente innamorata di lui, usando il sesso negato per tenerlo nelle spire del suo potere, Clorinde era l'unica nella cerchia di Rougon ad apprezzare ciò che faceva e come lo faceva. Tolstoj, quando il personaggio di una storia gli sembrava troppo positivo si imponeva di trovargli dei difetti e, al contrario, si sentiva in dovere di evidenziarne dei pregi quando gli sembrava troppo negativo. Sua eccellenza Eugène Rougon è il meraviglioso romanzo delle ambiguità (ora si fa il tifo per Rougon, dopo lo si detesta e si desidera la sua caduta, poi si torna ad augurarsi che vinca), tenuto da Zola sul filo di contraddizioni che sembrano non sciogliersi mai e che incatenano il lettore a una ricostruzione fatta di verità e menzogne, in una straordinaria comédie che ha al centro l'ambizione umana.



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