Circola per il momento una nuova versione televisiva dell'Odissea. Manco a dirlo ha per titolo Odysseus. Composta da 12 puntate, la serie è stata girata in Francia ed è nata dalla collaborazione tra Francia, Italia e Portogallo. In Italia dovrebbe arrivare in ottobre. Riguarda solo il ritorno di Ulisse a Itaca. La vita sentimentale dei personaggi è considerevolmente arricchita da particolari che non figurano nel poema omerico. Telemaco per esempio ha una fidanzata che è figlia di una schiava troiana. E ragiona con lei come un giovane romantico: la differenza di condizione non è un ostacolo, si sposeranno. L'anacronismo è ugualmente presente nell'incontro tra Ulisse e Penelope. Lei è di spalle, mentre lui le parla. Quando scatta il riconoscimento Penelope si gira e qualche attimo dopo le bocche dei due si unscono in un lungo bacio. Nel poema le cose vanno diversamente. Niente bacio hollywoodiano.
“Agitata era
nel cuore,
incerta se mai interrogare da lungi
il caro marito o se andargli vicino,
baciare il suo capo e toccar le sue mani”.
Quando lei discese, vide Ulisse, ma dalla sua bocca non uscì nessuna parola, e rimase muta.
"Ma ella a
lungo sedette, muta, l’animo pieno
d’immoto stupore; ora nel viso guardandolo
lo ravvisava ed or gli pareva un estraneo
coperto il corpo com’era di misere vesti".
Telemaco,per rompere il ghiaccio,chiese alla madre perché stesse lì
senza parlare, visto che Ulisse,suo marito, di cui attendeva il ritorno
da tanto tempo, era lì, di fronte a lei, in attesa del suo
riconoscimento.
Ella gli rispose che non sapeva se lo dovesse interrogare, perché loro avevano molti segreti in comune.
“Figlio mio, d’immoto stupore ho l’animo colmo
nel petto: non posso nessuna parola
dirgli né interrogarlo o guardarlo nel volto
diritto. Se Ulisse egli è veramente,
che a casa è tornato, potremo ben riconoscerci
meglio noi due, perché segni segreti
abbiamo, noti soltanto a noi due".
Così disse; e sorrise Ulisse divino, paziente,
e a Telemaco sùbito volse alate parole:
"Telemaco lascia che in casa tua madre
mi metta alla prova: presto anche meglio
potrà riconoscermi".
(trad. Enzio Cetrangolo)
"Dal bagno uscì simile agli immortali d'aspetto". Così Omero lo descrive, e nei passi precedenti gli aveva attribuito i soliti epiteti ricorrenti, e cioè: divino e scaltro. Alla fine Ulisse chiede alla nutrice di condurlo a letto, ma Penelope ordina a Euriclea di portare lì il letto e imbandirlo di nuove lenzuola. E' una sua astuzia, vuole vedere se l'uomo che ha di fronte cascherà nella trappola. Se l'ospite è Ulisse, allora deve sapere che il letto è stato costruito intagliandolo in un tronco d’ulivo e che, quindi, non può
essere spostato. Quasi stando al gioco, Ulisse riesce ad ironizzare chiedendo
Chi potrebbe altrove portare quel letto? (v.184) e con minuzia di particolari racconta come l’aveva costruito.
Così parlò e a lei di colpo si sciolsero le ginocchia ed il cuore,
perhé conobbe il segno sicuro che Odisseo le diceva;
e piangendo corse a lui, dritta, le braccia
gettò intorno al collo a Odisseo, gli baciò il capo e diceva:
(trad. Rosa Calzecchi Onesti)
"Ah! tu con me non t’adirare, Ulisse,
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Che in ogni evento ti mostrasti sempre
Degli uomini il più saggio. Alla sventura
Condannavanci i Numi, a cui non piacque,
Che de’ verdi godesse anni fioriti
L’uno appo l’altro, e quindi a poco a poco
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L’un vedesse imbiancar dell’altro il crine.
Ma, se il mirarti, e l’abbracciarti, un punto
Per me non fu, tu non montarne in ira.
Sempre nel caro petto il cor tremavami,
Non venisse a ingannarmi altri con fole:
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Chè astuzie ree covansi a molti in seno.
Nè la nata di Giove Elena Argiva
D’amor sariasi, e sonno a uno straniero
Congiunta mai, dove previsto avesse,
Che degli Achei la bellicosa prole
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Nuovamente l’avrebbe alla diletta
Sua casa in Argo ricondotta un giorno.
Un Dio la spinse a una indegna opra; ed ella
Pria, che di dentro ne sentisse il danno,
Non conobbe il velen, velen, da cui
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Tanto cordoglio a tutti noi discorse.
Ma tu mi desti della tua venuta
Certissimo segnale: il nostro letto,
Che nessun vide mai, salvo noi due,
E Attoride la fante a me già data
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Dal padre mio, quand’io qua venni, e a cui
Dell’inconcussa nuzïale stanza
Le porte in guardia son, tu quello affatto
Mi descrivesti; e al fin pieghi il mio core,
Ch’esser potria, nol vo’ negar, più molle".
(trad. Ippolito Pindemonte)