Amore liquido, libertà sessuale, sesso come bene di consumo, Femen e altro
Zygmunt Bauman
Intervista di Alessandro Lanni
Reset, 29 gennaio 2013
«Non si giura fedeltà ai beni di consumo né alle “cose” che si
comprano in un negozio. E infatti quelle cose non affollano più la
nostra vita un attimo dopo che il piacere si è esaurito». Questo
standard del consumo è entrato in maniera definitiva anche nella nostra
sfera sentimentale. Perché i matrimoni diminuiscono, perché il commercio
sessuale è aumentato? Viviamo in un mondo di consumi estemporanei e
relazioni “modello escort”. Anche le Femen, il collettivo di donne che
ha protestato nudo qualche settimana fa in piazza San Pietro a Roma,
usano il corpo come uno spazio pubblicitario.
Per Zygmunt Bauman oggi la libertà conquistata da decenni di lotte
femministe rischia di rovesciarsi nel suo contrario. Lo scrive in un
libretto di qualche anno fa, che esce in questi giorni anche in Italia, Gli usi postmoderni del sesso
(il Mulino, pp. 88, euro 10). Il sociologo polacco può sembrare a volte
moralista, eppure la sua chiave liquida per comprendere il mondo
funziona con molte porte.
Qual è il carattere fondamentale di quello che lei ha definito “amore liquido”?
Oggi è più facile buttarsi nelle relazioni, ma si tende anche a farlo
avventatamente, in maniera sconsiderata, gioiosa e priva di qualsiasi
preoccupazione, angoscia o paura, perché entrambe le parti possono
contare su una facile via di uscita nell’eventualità che il piacere
ricavato non sia all’altezza delle aspettative o finisca per esaurirsi.
Volendo parafrasare lo slogan utilizzato per promuovere una carta di
credito, “elimina l’attesa dal desiderio”, potremmo affermare che la
fragilità dei legami ha l’effetto di spogliare il desiderio dall’attesa.
È la pietra tombale sull’amore romantico?
Sì, la prima vittima del rapporto “liquido” è l’amore, il cui habitat
naturale necessita di prospettive a lungo termine. Libertà e sicurezza
sono due aspetti entrambi indispensabili per garantire gratificazione
all’esistenza, ma ora ci è dato solo uno di loro. Con la libertà
sessuale ci siamo anche guadagnati l’insicurezza.
“Libertà sessuale” uguale “insicurezza”.
La volatilità della relazione sessuale è una benedizione controversa.
Ci dà e ci toglie qualcosa allo stesso tempo, una condizione
estremamente ambigua, che produce atteggiamenti ambivalenti.
Quest’ambivalenza investe in egual misura entrambi i sessi, malgrado le
sue conseguenze pratiche per uomini e donne siano diverse.
Questo ha a che fare con la società dei consumi di cui parla in numerosi libri?
Molta della responsabilità di tale cambiamento nelle relazioni
affettive e sessuali è da attribuire allo spettacolare sviluppo della
cultura consumistica, che postula l’intero mondo abitato come immenso
contenitore pieno fino all’orlo di nient’altro che oggetti di potenziale
consumo. Ciò incoraggia la percezione e la valutazione che ogni
individuo e ogni entità esistente al mondo sulla base del modello
consumistico. Ossia, istituendo una relazione profondamente asimmetrica
tra clienti e servizi, consumatori e merci: i primi si aspettano dai
secondi unicamente il soddisfacimento dei propri bisogni, dei propri
desideri e delle proprie volontà, mentre i secondi derivano il loro
unico significato e valore dalla misura in cui riescono ad accontentare
le aspettative.
Questo, applicato ai rapporti umani, significa che ci sono persone usate come cose, come merci. La prostituzione è un modello?
Assistiamo a un trasferimento del tipo di relazione soggetto/oggetto
ai rapporti tra esseri umani, che mostra quindi la tendenza a trattare
le persone secondo lo schema di relazione elaborato per le “cose” e
riservato ad esse. Una volta smesso di garantire e fornire piacere o
comodità, o una volta che il fruitore abbia intravisto la possibilità di
ricavare maggiore soddisfazione o migliore qualità di soddisfazione
altrove, i beni di consumo possono, devono e generalmente sono dismessi e
rimpiazzati.
Torniamo alle donne. Le Femen protestano nude in piazza.
Anche in questo caso il corpo sessualizzato è vittima della società dei
consumi o non c’è invece un uso consapevole del voyeurismo del pubblico?
Entrambe le cose. Senza l’“ossessione voyeuristica” già promossa e
consolidata dalla cultura consumistica non ci sarebbe nulla da
“guadagnare” dal protestare in topless. E allora il topless diviene uno
di quei “significanti fluttuanti” che si adattano a essere associati a
un numero indefinito di “significati”, anche opposti al messaggio
inizialmente veicolato. Scriversi sul seno nudo uno degli ultimi slogan
per vendere prodotti o al contrario un motto anti-shopping hanno in
comune il vantaggio di rendere il messaggio comprensibile a un pubblico
ben allenato della società dei consumi. Ma a prescindere dal contenuto
trasmesso e da quanto militante possa essere il messaggio esplicito,
queste manifestazioni comunicano anche, per quanto in maniera obliqua,
l’accettazione dello “status di significante” del corpo umano.
Esiste una via d’uscita al rapporto consumistico nelle relazioni?
In una società dei consumi veniamo imbevuti fin dalla prima infanzia e
per tutta la vita della sovrapposizione tra le interazioni umane e lo
schema di relazione cliente-merce o utente-servizio. Questo
martellamento è la causa principale dell’attuale fragilità dei legami
umani e della fluidità delle associazioni e dei rapporti, e per questo
l’abbandono, la solitudine e l’esclusione ci fanno così paura.
Divorzi, separazioni, conflittualità nelle coppie. Tutta colpa della società liquida?
Certo che no. Gli attriti nelle relazioni sono inevitabili e i
protagonisti non hanno altra scelta se non quella di predisporsi alla
prospettiva di scomode e spesso irritanti e spinose contrattazioni.
Nessuno può rivendicare un potere o una sovranità assoluta rispetto alla
situazione. È il prezzo inesorabilmente connesso alle gioie uniche e
totalizzanti che “un’unione amichevole e collaborativa tra esseri umani”
porta con sé. Accettare di pagare tale prezzo è la magia che ci può
aprire il Sesamo di favolosi tesori. Ma non deve stupire che molti oggi
trovino questo prezzo troppo alto e considerino il pagarlo un peso
troppo pesante.
Perché il modello consumistico è così attraente anche nei rapporti d’amore?
È a questa gente che è diretto il messaggio del mercato consumistico,
che promette di liberare i rapporti umani dai disagi e gli
inconvenienti a essi associati, e quindi riplasmandoli secondo lo schema
di rapporto cliente-merce. È per questo che tanti di noi trovano
l’offerta allettante e la accettano di cuore, gettandosi deliberatamente
in una trappola nella piena inconsapevolezza delle perdite che lo
scambio comporta.
Nell’epoca del sesso liquido a che perdite ci esponiamo?
Le perdite sono enormi, e si pagano in nervi scossi, paure che
aleggiano su di noi. Per vivere dentro la trappola bisogna stare sempre
all’erta: bisogna annusare la possibilità, addirittura la più remota
probabilità, di intenzioni malevole e di nascoste trame da parte di
qualsiasi estraneo, passante, vicino o collega. Agli occhi di chi è
caduto nella trappola il mondo si presenta saturo di diffidenza e
brulicante di sospetti; tutti o quasi tutti i suoi abitanti sono
colpevoli fino a prova contraria, e allo stesso modo ogni assoluzione è
solo temporanea, fino a ulteriore rettifica, sempre suscettibile di
appello o revoca immediata.
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