Maurizio Stefanini
La chiusura di Linus
Il Foglio quotidiano, 31 maggio 2013
C’erano una volta in Italia i duelli sportivi Guerra-Binda, Coppi-Bartali, Rivera-Mazzola. Ci
furono agli albori della tv privata i grandi duelli Dallas-Dynasty e
Uccelli di rovo-Venti di guerra, in cui la vittoria delle soap di Canale
5 portò anche Rete 4 sotto il controllo di Berlusconi. E ci fu anche,
nel mondo dei fumetti, il grande duello Linus-Eureka. Linus, dal nome
del personaggio di Charlie Brown con la coperta e il dito in bocca, era
stata creata nel 1965 da Giovanni Gandini e Oreste del Buono: una
rivista per presentare per la prima volta in Italia in modo organico il
fumetto come prodotto per adulti. E così erano arrivate da noi anche
alcune delle strisce comiche Usa di maggior successo – Peanuts, B.C.,
Wizard of Id, Beetle Bailey -, le serie americane di satira politico
sociale - Li’l Abner, Pogo e le tavole di Feiffer – e le grandi serie
avventurose come Jeff Hawke e Dick Tracy. Ultimo arrivò anche il lancio
di un grande personaggio italiano come Valentina di Crepax, seguita nel
tempo da altri autori italiani come Altan, Lunari, Callegaro e Staino.
Su Linus avevano fatto il loro esordio italiano anche i supereroi della Marvel,
con un paio di episodi dei Fantastici Quattro. Ma a lanciare più
organicamente il complesso universo Marvel sarebbe stata poi la
Editoriale Corno, che aveva già risposto al successo di Diabolik con i
“cloni” Kriminal e Satanik, oltre a pubblicare l’allora diffusissimo
Guerra d’Eroi ed a lanciare Alan Ford. Proprio l’inventore di Alan Ford
Luciano Secchi, noto con lo pseudonimo di Max Bunker e vero cervello
della casa di Andrea Corno, ebbe l’idea di rispondere a Linus con
Eureka, nata nel 1967. A sua volta un “clone”, ma capace di far
conoscere in Italia altre strisce classiche del fumetto anglo-sassone:
da Andy Capp a Tommy Wack, Colt, Alley Oop, oltre a riproporre lo
storico Arcibaldo e Petronilla, e a pubblicare le storie di Don Martin e
la saga di Spirit di Eisner. Sarebbe stata proprio Eureka a suggerire
l’idea di un duello con Linus: tra l’altro, ribattezzando la traduzione
di Howard the Duck con un “Orestolo il Papero” che alludeva
scherzosamente a Del Buono. Ma nel 1984 l’Editoriale Corno chiuse,
decretando così anche la fine di Eureka, pur impegnata in un tentativo
di rilancio sotto la direzione di Alfredo Castelli e Silver:
rispettivamente, i creatori di Martin Mystère e di Lupo Alberto. A parte
i prodotti Marvel, dopo un po’ ripresi dalla Star Comics e oggi gestiti
direttamente da una Marvel Italia, sarebbe sopravvissuto solo Alan
Ford, ora della Max Bunker Press, che saltuariamente continua a far
uscire Eureka con qualche numero speciale.
Alla fine ne rimase solo uno, e la notizia ora è che anche Linus chiude. La
Baldini e Castoldi parla di sosta temporanea “per una serie di problemi
gravi e di complicata soluzione, riguardanti stampa e logistica e
conseguenti a un difficile momento della società editrice”, e rassicura
sulla “volontà” di “proseguire la pubblicazione”: si dice già da luglio,
e “permettendo agli abbonati di recuperare i numeri persi”. Ma il tono
sulla stampa e tra i fumettari ha un tibro funebre. “Senza Linus tutti
perdiamo qualcosa”, “L’ultima battuta di Linus”, “Un mondo senza
Linus?”. Eccetera. Tutto ciò proprio nel momento in cui Topolino ha
appena festeggiato il numero 3000 e la Sergio Bonelli Editori annuncia
l’uscita del suo nuovo personaggio, il fantasy Dragonero. Anche nel
mondo dei fumetti, dunque, la crisi sembra agire con furia
selezionatrice forse più ancora darwiniana che schumpeteriana. Peraltro
la Bonelli continua a gestire due personaggi record di durata come Tex e
Zagor, in edicola rispettivamente dal 1948 e dal 1961, ed a registrare i
record di vendita di Dylan Dog. Ma a sua volta per 14 testate che ha in
scuderia attualmente, più sei in cantiere, ce ne sono anche ben 28 che
ha chiuso nel corso della sua storia. Compresi personaggi passati nella
leggenda come il Piccolo Ranger, il Comandante Mark, Ken Parker. Mister
No.
D’altra parte proprio Umberto Eco, il semiologo che in Italia ha sdoganato i fumetti presso la cultura alta, nel romanzo “La misteriosa fiamma della regina Loana” fa
dei fumetti anni ’30 l’inquietante icona di una memoria perduta il cui
recupero può però segnare l’annientamento definitivo dell’io. “Nello
stesso istante che seppe, cessò di sapere”. Dai Cino e Franco da una
della cui storie è ripreso il titolo, ai vari Gordon, Uomo Mascherato,
Mandrake, Valiant. Tutti personaggi che in Italia erano presentati
dall’Avventuroso, che sono passati nell’immaginario collettivo, ma che
continuano a vivere soprattutto attraverso periodiche ristampe per
nostalgici, oltre che nei negozi per collezionisti. A sua volta, in
quell’Italia dei primi anni ’60 in cui proprio i libri di Eco creavano
l’atmosfera per il lancio di Linus e Eureka stava per concludersi un
altro famoso duello, anzi triello, che aveva diviso il mondo dei fumetti
per ragazzi all’epoca di Don Camillo e Peppone: quello tra il
“liberal-borghese” Corriere dei Piccoli, il cattolico Vittorioso e il
comunista Pioniere. Quest’ultimo, lanciato nel 1949 da
quell’Associazione Pionieri d’Italia che voleva essere la risposta del
Pci ai Boy Scout, diffuso più nelle Case del Popolo che nelle edicole,
era sostanzialmente entrato in crisi da quando anche ai suoi autori
simbolo come Gianni Rodari era stata data la possibilità di scrivere sul
Corriere dei Piccoli. Trasformato nel 1964 in supplemento dell’Unità,
avrebbe chiuso definitivamente nel 1967. È lo stesso anno in cui anche
il Vittorioso, creato nel 1937 dall’Azione Cattolica, si trasforma in
Vitt: a sua volta il Corriere dei Piccoli aveva annesso un suo autore
simbolo come Jacovitti, e poi c’era stato l’effetto del Concilio
Vaticano II. A sua volta chiuderà nel 1970, lasciando l’esclusiva del
fumetto cattolico distribuito in chiesa al Giornalino. Che, peraltro,
fondato nel 1924, gode tuttora di discreta salute.
Il clima sessantottino influì anche sul referendum che nel 1969
portò i lettori del Corriere dei Piccoli, creato dal Corriere della
Serra nel 1908, a cambiare il nome della testata in Corriere dei
Ragazzi: anche se la trasformazione sarebbe avvenuta solo nel 1972, e
lasciando un Corriere dei Piccoli effettivamente rivolto a un pubblico
di bambini. Dopo aver vinto la sfida con Vittorioso e Pioniere aver
sciolto definitivamente uno storico nodo tra mercato infantile e mercato
adolescenziale anche il Corriere dei Ragazzi mostrò di soffrire la
concorrenza di altre storiche riviste che a loro volta da un mercato
adolescenziale si stavano evolvendo verso un pubblico adulto:
l’Intrepido, nato nel 1935, e il Monello, del 1933, entrambi
dell’editore Del Duca. E’ poi del 1975 Lanciostory, seguito nel 1977 da
Skorpio: due riviste che fanno conoscere in Italia il ricco mondo degli
autori argentini e latino-americani che in patria erano vittime della
censura. Nel 1976 si trasforma dunque in Corrier Boy, e nel 1979 in
Corrier Boy Music: sostituendo ai contenuti culturali che in precedenza
affiancavano i fumetti lunghi servizi su sport e musica. Appunto, in
stile Monello e Intrepido. Ma la mossa è sbagliata. Così infatti perde
il pubblico elitario che si era affezionato alla vecchia pubblicazione,
senza peraltro intercettare il pubblico di massa di Intrepido e Monello.
Corrier Boy Serie Music chiuderà nel 1984, il Corriere dei Piccoli nel
1995, e gran parte degli autori più promettenti del Corriere dei Ragazzi
finiranno a fecondare altre esperienze. Castelli, in particolare,
diventerà una colonna della Bonelli. Ma anche l’impianto popolare di
Intrepido e Monello soffre rispetto alla concorrenza del prodotto di
maggior classe di Lanciostory e Skorpio. Il Monello chiuderà infatti nel
1990; l’Intrepido nel 1998.
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