Il 15 del mese di piovoso dell’anno II (e
cioè il 3 febbraio del 1794) tutti, a Parigi, poterono finalmente vedere
in faccia la Rivoluzione. La faccia era quella di Jean-Baptiste Belley,
primo deputato nero e rappresentante della colonia francese di Santo
Domingo alla Convenzione, cioè al parlamento rivoluzionario. Nel 1789 la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino scaturita dalla
Rivoluzione aveva spaccato in due la storia dell’umanità, scrivendo che
“tutti gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti”. Da
allora in poi, non possiamo non dirci francesi, non possiamo non dirci
rivoluzionari. Niente più re o regine, principi o duchi: solo cittadini,
tutti eguali, tutti liberi. Ma ora, con l’arrivo a Parigi del deputato
Belley, quelle parole avevano finalmente un volto: un volto nero, per la
prima volta eguale ai volti dei bianchi. Il 16 del mese di piovoso
tutta l’assemblea della Convention si alzò in piedi all’ingresso di
Belley, e cominciò ad applaudire. Tutti i deputati, tutti bianchi si
alzarono uno per uno, e abbracciarono il primo deputato nero della
storia. Pochi minuti dopo, l’assemblea votava l’abolizione della
schiavitù: non c’erano più re, e ora non c’erano più schiavi. E il
grande rivoluzionario Danton poté dire: “Fino ad ora non abbiamo che
dichiarato la nostra stessa libertà, una libertà egoista. Oggi
proclamiamo a tutto l’universo, e per tutte le generazioni future, la
Libertà universale”. L’America, figlia di una Rivoluzione ancora più
antica, arrivò a fare altrettanto – solo dopo una guerra civile e grazie
alla sovrumana forza di Abramo Lincoln – approvando il Tredicesimo
Emendamento alla Costituzione l’ 8 aprile del 1864.
Il pittore
Anne-Louis Girodet ritrasse quindi il deputato Belley in questo quadro
indimenticabile. La composizione e la tradizione degli infiniti ritratti
di tiranni sono state redente da questo capolavoro morale. Il magnifico
nero della pelle di Belley è accostato al candido marmo di un busto
all’antica che ritrae uno dei filosofi cari alla Rivoluzione. E il
deputato è stretto in vita dalla fascia con il tricolore della
Rivoluzione. Come dir meglio che il passato serve a costruire il futuro,
che la filosofia serve a cambiare il mondo, che la cultura è un’unica
cosa con la politica? Il cittadino Belley guarda lontano. Guarda fino a
noi: alla nostra società finalmente multietnica. Il suo volto libero è,
per sempre, il ritratto di ogni rivoluzione.
Tomaso Montanari
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Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson (1767-1824)
Jean-Baptiste Belley, ex rappresentante delle colonie (1747-1805), 1797 | | | | | | | | | |
| Il dipinto, realizzato solo sei anni dopo
l’abolizione della schiavitù, è considerato un manifesto della
emancipazione dei Neri. Il quadro verrà poi acquistato dallo Stato francese nel
1818. |
Marie-Guillemine Benoist, Ritratto di negra (1800) |
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| Benoist, Marie-Guillemine Leroux-Delaville. - Pittrice (Parigi 1768 - ivi 1826). Allieva della Vigée Lebrun e di David, collaboratrice di Gérard; autrice
di numerosi ritratti dei familiari di Napoleone; dipinse anche varî
quadri di soggetto storico e di genere. |
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