Calipso
(gr. Καλυφώ; lat. Calypso)
Utet, Letteratura europea on
line
immoto stupito a guardare il nunzio di Zeus.
Odissea, libro V, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris
Italiam fato profugus Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus et alto
vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram,
multa quoque et bello passus, dum conderet urbem
inferretque deos Latio; genus unde Latinum
Albanique patres atque altae moenia Romae.
Musa, mihi causas memora, quo numine laeso,
quidve dolens, regina deum tot volvere casus
insignem pietate virum, tot adire labores
impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?
traduzione di Annibal Caro
L’armi canto e ’l valor del grand’eroe
Che pria da Troia, per destino, ai liti
D’Italia e di Lavinio errando venne;
E quanto errò, quanto sofferse, in quanti
E di terra e di mar perigli incorse,
Come il traea l’insuperabil forza
Del cielo, e di Giunon l’ira tenace;
E con che dura e sanguinosa guerra
Fondò la sua cittade, e gli suoi Dei
Ripose in Lazio: onde cotanto crebbe
Il nome de’ Latini, il regno d’Alba,
E le mura e l’imperio alto di Roma.
Musa, tu che di ciò sai le cagioni,
Tu le mi detta. Qual dolor, qual’onta
Fece la Dea ch’è pur donna e regina
Degli altri Dei, sì nequitosa ed empia
Contra un sì pio? Qual suo nume l’espose
Per tanti casi a tanti affanni? Ahi! tanto
Possono ancor là su l’ire e gli sdegni?
traduzione di Luca Canali
Canto le armi e l'uomo che per primo dalle terre di Troia
raggiunse esule l'Italia per volere del fato e le sponde
lavinie, molto per forza di dei travagliato in terra
e in mare, e per la memore ira della crudele Giunone,
e molto avendo sofferto in guerra, pur di fondare
la città, e introdurre nel Lazio i Penati, di dove la stirpe
latina, e i padri albani e le mura dell'alta Roma.
O Musa, dimmi le cause, per quali offese al suo nume,
di cosa dolendosi, la regina degli dei costrinse un uomo
insigne per pietà a trascorrere tante sventure, ad imbattersi
in tanti travagli? Tali nell'animo dei celesti le ire?
traduzione di Pier Paolo Pasolini
Canto
la lotta di un uomo che, profugo da Troia
la
storia spinse per primo alle sponde del Lazio:
la
violenza celeste, e il rancore di una dea nemica,
lo
trascinarono da un mare all’altro, da una terra
all’altra,
di guerra in guerra, prima di fondare la sua città
e
di portare nel Lazio la sua religione: origine
del
popolo latino, e albano, e della suprema Roma.
Tu,
spirito, esponi le intime cause: per quale offesa
o
per quale dolore, la regina degli dèi obligò quell’uomo
così
religioso, a dover affrontare tanti casi, tante
fatiche:
miseria di passioni nei cuori celesti!
Traduzione di Enzio Cetrangolo
L'uomo guerriero, il profugo io canto che primo
dalle spiagge di Troia giunse fatalmente in Italia
sui lidi di Lavinio; molto e per terre e per mari
quello fu sbalestrato da Numi celesti a causa dell'ira
lunga di Giunone; e molto in guerra anche sofferse
per fondare la nuova città e condurre i Penati
nel Lazio; da cui la stirpe latina e i padri
Albani provennero e dell'alta Roma le mura.
Musa, e tu dimmi di questo le cause: per quale
offesa o dolore colei ch'è regina dei Numi
costrinse quell'uomo di fede profonda a passare
per tanti pericoli, a subire tanti travagli.
Un'ira sì grave nei petti celesti permane?
Enzio Cetrangolo (1990)
Parla, Musa, tu dell'eroe scaltro a me: di lui
che andò tanto vagando poi che di Troia la rocca
sacra abbatté; di molti uomini vide le terre e conobbe
la mente; e molto l'animo suo patì sul mare
per tenere se stesso e i compagni vivi al ritorno.
Ma vano fu di salvare i compagni il desiderio
pur grande: ne fece rovina la propria follia;
insensati che i buoi del Sole Iperione mangiarono,
e quello il giorno negò a loro del ritorno.
Tu di queste avventure da un punto qualsiasi movendo,
racconta, o figlia di Zeus, anche a me qualche cosa.
Rosa Calzecchi Onesti (1963)
L'uomo ricco di astuzie raccontami, o Musa, che a lungo
errò dopo ch'ebbe distrutto la rocca sacra di Troia;
di molti uomini le città vide e conobbe la mente,
molti dolori patì in cuore sul mare,
lottando per la sua vita e pel ritorno dei suoi.
Ma non li salvò, benché tanto volesse,
per loro propria follìa si perdettero, pazzi!,
che mangiarono i bovi del Sole Iperione,
e il Sole distrusse il giorno del loro ritorno.
Anche a noi di' qualcosa di queste avventure, o dea, figlia di Zeus.
Giuseppe Aurelio Privitera (1981)
Narrami, o Musa, dell'eroe multiforme, che tanto
vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia:
di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,
molti dolori patì sul mare nell'animo suo,
per acquistare a sé la vita e il ritorno ai compagni.
Ma i compagni neanche così li salvò, pur volendo:
con la loro empietà si perdettero,
stolti, che mangiarono i buoi del Sole
Iperione: ad essi egli tolse il dì del ritorno.
Racconta qualcosa anche a noi, o dea figlia di Zeus.
Emilio Villa (1964)
Era un grand’uomo, straordinario giramondo:
espugnata la sacra rocca di Troia, era andato
pellegrino, ramingo, correndo palmo a palmo
il mare: scoprì città, conobbe l’indole di genti
e nazioni. Ora, o Musica dea, ora ispirami
su costui, sulle inaudite sofferenze ch’egli,
solo con il suo coraggio, ebbe ad affrontare
per porre in salvo la propria vita, e proteggere
la via del ritorno ai suoi seguaci! perché
questo appunto egli fortemente voleva: ma
tuttavia non riuscì a portarli in salvo. Essi
perirono; ma vittime delle loro folli sacrileghe
azioni: insensati! vollero mangiare i manzi
sacri al Sole Iperione, e così avvenne che il Sole
sottrasse dal novero dei giorni proprio il giorno
del loro ritorno. Ebbene, tali eventi evoca
o dea, figlia di Zeus, evoca anche per noi
e dando inizio da qualunque momento vuoi.
Philippe Jaccottet (1955)
Ô Muse, conte-moi l’aventure
de l’Inventif:
celui qui pilla Troie,
qui pendant des années erra,
voyant beaucoup de villes, découvrant
beaucoup d’usages,
souffrant beaucoup d’angoisses dans son
âme
sur la mer
pour défendre sa vie et le retour de ses marins
sans pouvoir en sauver un seul, quoiqu’il en eût;
par leur propre fureur ils furent perdus en effet,
ces enfants qui touchèrent aux troupeaux du dieu d'En Haut,
le Soleil qui leur prit le bonheur du retour...
À nous aussi, Fille de Zeus, conte un peu ces exploits!
Ippolito Pindemonte (1822)
Musa, quell'uom di multiforme ingegno
dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
gittate d'Ilïòn le sacre torri;
che città vide molte, e delle genti
l'indol conobbe; che sovr'esso il mare
molti dentro del cor sofferse affanni,
mentre a guardar la cara vita intende,
e i suoi compagni a ricondur: ma indarno
ricondur desïava i suoi compagni,
ché delle colpe lor tutti perîro.
Stolti! che osâro vïolare i sacri
al Sole Iperïon candidi buoi
con empio dente, ed irritâro il nume,
che del ritorno il dì lor non addusse.
Deh, parte almen di sí ammirande cose
narra anco a noi, di Giove figlia e diva.
Originale