Durante questo nostro breve riesame critico, vorremmo cercare di comprendere l'origine della particolare forma di soddisfazione che in qualche modo l'invidia deve riuscire a produrre per riscuotere tanto successo da tanto tempo, unitamente al peculiare tipo d'infelicità che porta con sé e in cui spesso si risolve. Poiché le è stata da più parti riconosciuta la peculiarità di essere, a differenza degli altri vizi capitali, un «vizio senza piacere», o una «passione triste», cercheremo qui di appurare specialmente [...] se una simile mancanza di piacere sia effettivamente compatibile con la sua diffusione e con le ragioni del suo successo.
... L'invidia, quindi, che «nello stato di natura sarebbe difficilmente comprensibile», nasce specialmente, secondo Nietzsche, là dove «l'uguaglianza è penetrata ed è durevolmente fondata», e ciò perché «l'invidioso avverte ogni innalzarsi di un altro al di sopra della misura comune e lo vuole riabbassare fino ad essa -- o vuole levarsi fino a lui». D'altra parte, accade anche un fenomeno apparentemente inverso, perché man mano che le differenze sociali aumentano, l'invidia tende ad abbandonare il suo status di sentimento basso e strisciante per diventare -- come scrive Remo Bodei -- «ardita e ostentata». Il risentimento che la caratterizza e la nutre, e che consiste in un misto d'impotenza e di desiderio di vendetta, «è per Nietzsche destinato a crescere, perché le differenze sociali appaiono un'offesa cui non si riesce a porre rimedio. [...] Non tollerando ciò che si eleva al di sopra della mediocrità, la coscienza gregaria considera l' 'essere zero' del singolo una virtù. L'uguaglianza, che presuppone il confronto sospettoso di tutti con tutti, conduce perciò a negare l'esistenza di qualsiasi superiorità gerarchica tra gli individui e ad abbassare i forti e i migliori allo stesso livello dei meschini e degli invidiosi, i quali considerano tutti gli uomini sostanzialmente uguali, senza pensare che -- se la loro materia è la stessa -- la loro consistenza è invece profondamente diversa».
... L'invidia è, anche per Kierkegaard, il sintomo di una mancanza di carattere e tende a livellare tutto per celare tale mancanza, elaborando strategie idonee ad abolire -- come osserva Elena Pulcini -- «ogni pretesa di distinzione ed eccellenza». In questo modo, «essa dà origine a una socialità che si costituisce all'insegna di un'aurea mediocritas nella quale a nessuno deve essere concesso di innalzarsi al di sopra della rassicurante uniformità della massa».
... La morale del risentimento, «la morale degli schiavi ha bisogno -- scrive Nietzsche -- sempre e in primo luogo di un mondo opposto ed esteriore, ha bisogno, per esprimerci in termini psicologici, di stimoli esterni per potere in generale agire -- la sua azione è fondamentalmente una reazione. Si ha il contrario nel caso di una maniera aristocratica di valutazione. Questa agisce e cresce spontaneamente, cerca il suo opposto soltanto per dire sì a se stessa con ancora maggior gratitudine e gioia. [...] Mentre l'uomo nobile vive con piena fiducia e schiettezza davanti a se stesso (Ghennaios «nobile di nascita» sottolinea la nuance «schietto» e fors'anche «ingenuo»), l'uomo del ressentiment non è né schietto né ingenuo né onesto e franco con se stesso».
... Sulla scia di Nietzsche, Scheler distingue due tipi fondamentali di uomini: il primo, quello signorile, essendo consapevole del proprio valore, è capace di atti coraggiosi e anche rischiosi, tende ad amare il mondo e la vita e non è incline a confrontarsi con gli altri né a provare invidia nei loro riguardi; il secondo tipo, quello borghese, è invece un essere che tende a svalutarsi, è perennemente impaurito e teme il pericolo, è portato a paragonarsi sempre agli altri, a catalogarli e a interpretarne le azioni in modo da poter giustificare e attenuare la propria invidia nei loro confronti.
«Il piacere triste dell'invidia». Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 14 (2012) [inserito il 10 luglio 2012], disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [102 KB], ISSN 1128-5478.
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