Adorno, la salvezza come sogno
Al
di là dei monti. Biancaneve esprime la malinconia in modo più
perfetto di ogni altra fiaba. L'immagine più pura di questo
sentimento è quella della regina che guarda la neve che cade
attraverso i vetri della finestra e si augura di avere una bambina
che somigli alla bellezza senza vita e pur vivente dei fiocchi, alla
tinta nera e luttuosa del telaio della finestra e alla goccia di
sangue che scaturisce dalla puntura; e che muore proprio nel momento
in cui essa nasce. Questa impressione iniziale non può essere
cancellata nemmeno dal lieto fine della favola. Come l'esaudimento
della preghiera non era altro che la morte, così anche il
salvataggio finale rimane una semplice apparenza. Poiché la
percezione più profonda del lettore o dell'ascoltatore non riesce a
credere che sia stata svegliata effetivamente la fanciulla che
giaceva come se dormisse nella sua bara di vetro. E il boccone di
mela avvelenato che le esce dalla gola per effetto delle scosse
subite durante il viaggio non è forse, piuttosto che lo strumento
adoperato per ucciderla, l'ultimo resto della vita sciupata e messa
al bando, da cui essa guarisce veramente soltanto ora, che non è più
esposta alle tentazioni di nessuna falsa messaggera? E come suona
fragile e caduca la felicità espressa nelle parole: "allora
Biancaneve gli volle bene e andò insieme a lui". Come è
smentita, subito dopo, dalla perfidia del trionfo che è celebrato
sulla malvagità*. Così una voce ci dice, quando speriamo nella
salvezza, che la nostra speranza è vana, eppure è soltanto lei, la
speranza impotente, a permetterci anche solo di tirare il fiato. Ogni
contemplazione e speculazione filosofica non può fare altro che
ricalcare pazientemente, in figure e abbozzi sempre nuovi,
l'ambiguità della malinconia. La verità è inseparabile
dall'illusione che un giorno, dalle figure e dai simboli
dell'apparenza, possa emergere, nonostante tutto, libera da ogni
traccia di apparenza, l'immagine reale della salvezza.
(Th.
W. Adorno, Minima Moralia (meditazioni della vita offesa),
Torino, Einaudi, 1994, p. 140-141, traduzione di Renato Solmi)
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