L'ossessione del labirinto
Corriere della Sera La Lettura, 21 giugno 2015
Si potrebbe definire la rete come un labirinto malato, e in ogni modo privo di una delle sue funzioni fondamentali, quell'inversione di marcia che consente di raggiungere l'uscita. Perché, come tutti sappiamo, la rete nonè un organo, e cresce semplicemente per addizione, nodo dopo nodo e connessione dopo connessione. Tutta intenta a estendersi e a replicare a se stessa, non ha previsto nessuna via d'uscita, nessun punto di svolta. Può venire assimilata al labirinto solo in via approssimativa e superficiale, perché volenti o nolenti ci si perde nella sua complessità. Ma la pianta di qualunque labirinto, dalle spirali cinesi a Franco Maria Ricci, vi rivelerà la volontà di produrre una forma, che è sempre qualcosa di limitato, dotato di confini che si oppongono a tutto il resto.
La forza della rete, al contrario consiste proprio nella sua mancanza di forma e di confini, che la rendono particolarmente atta allo scopo che persegue, che è quello di sostituirsi al mondo, relegandolo al ruolo di un semplice supporto materiale, di un gigantesco e obsoleto hardware. E di fronte a questa potenza. [...] la "resa" sembra l'unica possibilità. Perché l'esperienza spirituale sottesa ad ogni labirinto comportava la possibilità di un'esperienza di trasformazione totale, di seconda nascita. Dove c'era l'iniziazione oggi c'è il suo contrario, l'informazione. E non sta scritto da nessuna parte, dopo tutto, che tutto questo sia destinato a impoverire la vita degli uomini. Anche perché tutto quello che accade nel mondo, in senso collettivo, ha certamente la sua verità, ma non necessariamente coincide con quello che accade nei singoli individui. I singoli individui sono sempre più lenti o più veloci dell'umanità alla quale appartengono. Ed è proprio lì che il labirinto ha trovato il suo rifugio [...].
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