E’ morto oggi, all’età di 88 anni, Renato Solmi, germanista, già tra
gli esponenti di spicco della casa editrice Einaudi dove ha lavorato tra
il 1951 e il 1963.
Nato ad Aosta il 27 marzo del 1927, laureatosi a Milano in storia
greca con una tesi su Platone in Sicilia, negli anni ’50 ha completato
la sua formazione alla scuola di Francoforte, seguendo le lezioni
Theodor W. Adorno, che per primo ha introdotto e tradotto in Italia (in
particolare, Minima moralia, nel 1952, appena un anno dopo la prima
edizione tedesca). A lui si deve anche la traduzione di Angelus novus di
Walter Benjamin (1962) e della Dialettica dell’illuminismo di
Horkheimer e Adorno (pubblicata nel 1966 con lo pseudonimo di Lionello
Vinci e solo nel 1980, nell’edizione della collana Einaudi Paperbacks,
accreditata a Solmi).
Dopo l’allontanamento dall’Einaudi, Solmi ha insegnato per circa
trent’anni Storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. Nel 2007
ha pubblicato con Quodlibet la sua Autobiografia documentaria, oltre 800
pagine di scritti saggistici, dai filosofi più amati al ’68, dalla
nuova sinistra americana ai movimenti pacifisti.
...
Renato Solmi
Perché Giulio Einaudi mi licenziò
Corriere della Sera, 6 luglio 1999
Pubblichiamo una parte dell' intervento di Renato Solmi che uscira' nel
prossimo numero dell' "Indice". Il brano si riferisce ai primi anni 60.
Le prime avvisaglie della frattura
vennero dallo scetticismo di Calvino e Bollati di fronte alle posizioni
politiche espresse da me e da Raniero Panzieri il quale rappresentava a
Torino il rinnovamento rispetto alla sinistra tradizionale.
La presenza nella casa editrice e a Torino di una figura singolare di
uomo (e di combattente) politico come quella di Raniero Panzieri, che,
nel frattempo, era uscito definitivamente dal Psi senza entrare a far
parte del Psiup, e conduceva la sua battaglia isolata (ma seguita con
estrema attenzione e partecipazione da un gruppo di giovani militanti
assiduamente impegnati sul terreno sindacale e in un'attività di
inchieste di carattere sociale e di elaborazione teorica autentica), per
una ripresa del movimento rivoluzionario in Italia, su basi
completamente nuove rispetto al passato, e in netto antagonismo con la
linea politica dei grandi partiti di massa, non poteva fare a meno di
suscitare, da un lato, uno stato di tensione e di allarme negli ambienti
della sinistra tradizionale, sindacale e politica, e di dare luogo, per
contro, a un atteggiamento di viva curiosità e di crescente interesse
in tutti quelli che, come me, indipendentemente dalla loro condizione
sociale o dalla loro occupazione lavorativa, erano ancora orientati,
nonostante tutti gli errori commessi e tutte le delusioni sperimentate
in passato, in una prospettiva di carattere rivoluzionario, e che, di
conseguenza, erano pronti a recepire e ad accogliere avidamente, non
appena si rendessero visibili o percettibili, tutti i segnali che
apparivano rivolti in quella direzione, e a rispondere positivamente a
tutte le sollecitazioni in questo senso. Verso uno sbocco finale di
questo segno (e cioe' verso la prospettiva dell' avvento di una societa'
socialista, che avrebbe finito per affermarsi, prima o poi, anche se in
forme di volta in volta diverse, in tutte le parti del mondo)
sembravano convergere, infatti, tutte le elaborazioni filosofiche e
culturali piu' serie e piu' articolate, come tutte le analisi economiche
e sociologiche piu' interessanti e piu' valide: dal pensiero di Lukacs e
dei suoi discepoli, sparsi qua e la' in tutti i paesi europei, a cui mi
sentivo, per tanti aspetti, particolarmente vicino, al lavoro dei
neomarxisti americani che si raccoglievano intorno al gruppo della
"Monthly Review"; dagli sviluppi piu' originali della scuola di
Francoforte ai maggiori esponenti della storiografia economica e sociale
in Inghilterra e nel resto del mondo anglosassone; dalle tendenze piu'
avanzate della pedagogia e della psicologia contemporanea alle forme
piu' critiche e problematiche dell' arte e della letteratura d'
avanguardia. Il fenomeno della contestazione giovanile e studentesca,
che si sarebbe manifestato in forma cosi' drammatica ed esplosiva negli
anni immediatamente successivi, era stato preparato da lunga data da
questo lavoro di carattere culturale e teorico, che si era venuto
compiendo su scala globale e senza alcuna soluzione di continuita' nel
corso degli ultimi decenni, e nel cui ambito si situava, nella sostanza,
anche l' attivita' della casa editrice in tutto cio' che aveva prodotto
di meglio nel corso del secondo dopoguerra. Che tutti questi fattori
contribuissero a spingermi verso un rinnovato impegno di carattere
politico e culturale, ulteriormente accresciuto e rafforzato dall'
assillo costituito dalla minaccia di una conflagrazione atomica sempre
possibile, che, per le ragioni che ho detto, ero forse portato ad
esagerare e a sopravvalutare oltre il lecito, dovrebbe risultare
abbastanza chiaro e comprensibile ...
Ricordo bene, a questo
proposito, due episodi che risalgono a questo periodo: una professione
aperta di scetticismo, non del tutto priva di accenti canzonatori, ma
tutt' altro che superficiale o improvvisata (come non ci sarebbe nemmeno
bisogno di precisare, trattandosi di lui), da parte di Italo Calvino,
nei confronti dei timori da me frequentemente espressi in merito alle
riflessioni e alle anticipazioni teoriche sulla guerra atomica e sulle
sue conseguenze che venivano condotte e sviluppate, in quel periodo su
larga scala, e in modi a dir poco impressionanti, da numerosi strateghi e
politologi americani (come il famigerato Herman Kahn), riflessioni ed
anticipazioni che, a suo avviso, non avrebbero mai avuto la minima
possibilita' di tradursi in pratica e di realizzarsi concretamente sul
piano dei fatti (una previsione, come si vede, molto "realistica", che
potrebbe apparire confermata, oggi, da una considerazione retrospettiva
degli sviluppi che hanno avuto, o che non hanno avuto, luogo nel corso
degli ultimi decenni); e una sincera e - per certi aspetti -
sorprendente (data la riservatezza abituale del suo carattere)
manifestazione improvvisa di dispetto e di rincrescimento, da parte di
Giulio Bollati, per il fatto che io, a suo dire, mi fossi schierato
ormai toto corde e senza riserve dalla parte di Raniero Panzieri e
avessi rinunciato a sostenerlo e ad assecondarlo, come gli era sembrato,
invece, che avessi intenzione di fare in precedenza, nei suoi sforzi di
pianificazione complessiva dell' attivita' editoriale in una
prospettiva di lungo respiro (cio' che, in realta' , non era mai stato e
non era affatto nelle mie intenzioni, ma che, evidentemente, era stato
avvertito o presentito da lui come una tendenza imminente e
irreversibile della mia condotta). Avrei fatto meglio a tenere conto di
questa avvisaglia, di per sé fin troppo eloquente, della tempesta che
era destinata a scoppiare di li' a poco e che avrebbe determinato la
fine subitanea e prematura dei miei rapporti di lavoro permanente con la
casa editrice.
Platone e Brecht: le passioni di Renato, il figlio del poeta
Renato
Solmi, nato ad Aosta nel 1927, e' figlio del poeta Sergio. Si laureo' a
Milano in storia greca su Platone. Lavoro' giovanissimo all' Istituto
di studi storici di Napoli, ancora vivo Croce. Entro' all' Einaudi nel '
51 come redattore. Tra il ' 56 e il ' 59 fu a Francoforte, dove conobbe
Adorno e Horkheimer. Nel ' 59 torno' in via Biancamano, da cui venne
allontanato nel ' 63 in seguito al caso Fofi. E' stato insegnante
liceale a Torino e Aosta. Studioso anche di letteratura e filosofia
tedesca, ha proposto, tradotto e curato, per Einaudi, i "Minima moralia"
di Theodor W. Adorno (1954) e l' "Angelus Novus" di Walter Benjamin
(1962). Anche dopo le dimissioni ha collaborato con lo Struzzo,
traducendo, tra l' altro, opere di Seymour Melman, Marcuse, Brecht,
Lukacs, Gunther Anders, Noam Chomsky.
L'
"affaire" che divise il comitato.
Da una parte Norberto Bobbio dall'
altra Massimo Mila E Cantimori fu drastico
In un bel memoriale uscito
nell' ultimo numero dello "Straniero", la rivista diretta da Goffredo
Fofi, Luca Baranelli racconta un caso editoriale del ' 63 entrato ormai
negli annali della storia editoriale italiana come un vero e proprio
episodio di censura o di autocensura: si tratta della bocciatura
einaudiana del libro dello stesso Fofi intitolato L' immigrazione
meridionale a Torino. Il libro, rifiutato dalla maggioranza del
consiglio editoriale dell' Einaudi per ragioni di opportunita' politico -
economiche (attaccava la Fiat e "la Stampa" di Torino, ma anche i
partiti e il sindacato della sinistra), sarebbe stato pubblicato l' anno
dopo da Feltrinelli. Baranelli era allora redattore dello Struzzo e
racconta "dall' interno" divisioni e fratture che quel caso aveva
provocato nel comitato. Sulle prime lo stesso Einaudi sollecito' all'
autore una profonda revisione del testo. Che "emendato" venne poi
sottoposto ai membri del comitato per le discussioni del 13 e del 27
novembre. Il risultato fu appunto una spaccatura insanabile tra
"conservatori" e "avventuristi", come avrebbe ammesso molti anni dopo
Giulio Einaudi con un non celato "senso di colpa". Da una parte i
"censori": lo storico Delio Cantimori (il piu' drastico oppositore),
Einaudi, il direttore editoriale Giulio Bollati, Italo Calvino, il
caporedattore Daniele Ponchiroli, Norberto Bobbio, gli storici Franco
Venturi e Corrado Vivanti e altri ancora; dall' altra i favorevoli: il
"rivoluzionario" Raniero Panzieri, fondatore dei "Quaderni rossi",
Massimo Mila, lo slavista Vittorio Strada, lo storico dell' arte Enrico
Castelnuovo, lo stesso Baranelli e Renato Solmi. Ora e' proprio Solmi a
raccontare per la prima volta quella vicenda, che porto' a due lettere
di licenziamento inviate da Giulio Einaudi allo stesso Solmi e al
consulente Raniero Panzieri, i due piu' convinti sostenitori della causa
Fofi. Il testo di Solmi, un vero e proprio saggio autobiografico,
uscira' nel nuovo numero dell' "Indice" in occasione della pubblicazione
del monumentale volume di Luisa Mangoni sulla storia dello Struzzo
dagli anni ' 30 agli anni ' 60, Pensare i libri (Bollati Boringhieri,
pagg. 976, lire 100 mila). Ricorda Solmi: "Quello stesso giorno, o
forse il giorno successivo, tornando a casa, ebbi la sorpresa di trovare
la lettera di licenziamento stilata con mano incerta e con scrittura
approssimativa da Giulio Einaudi, che, fra tutti quelli che avevano
preso posizione contro la pubblicazione del libro, era forse quello che
appariva maggiormente irrequieto e che dava l' impressione di essere
tormentato dagli scrupoli di una coscienza non del tutto sicura". Le
ragioni addotte dall' editore: negli aspri scontri sul testo di Fofi,
Solmi si era "espresso in termini offensivi nei confronti Bdi altri
membri della casa...". "Quel giorno" era precedente, come conferma la
Mangoni, alla prima discussione (13 novembre), e dunque la rottura
doveva gia' essere maturata ben prima della decisione definitiva.
"Cosi' - continua Solmi - in modo del tutto imprevisto e del tutto
inatteso per me, si e' consumato l' esito di una vicenda che avrebbe
segnato pesantemente il seguito della mia vita...".
L' "affaire" del '
63 impresse anche una svolta alla politica culturale dell' Einaudi: l'
ala giovane, rivoluzionaria e operaista, che vedeva un maestro in Franco
Fortini, veniva espulsa. Vinceva la "vecchia guardia". Il che fece dire
a Giovanni Pirelli, in una lettera di quei giorni a Einaudi: "Sono
convinto che vi sono filoni di ricerca basati sul marxismo leninismo e
fermenti di cultura rivoluzionaria che devono organizzarsi al di fuori
della Casa editrice e senza legami organici con essa". (Paolo Di Stefano)
Nessun commento:
Posta un commento