Stanotte ci ha lasciato Paolo Terni, una delle colonne di Radio3 e già da prima del Terzo programma.
Alessandro Bartoli
Intervista a Paolo Terni
10 febbraio 2014
Paolo Terni è nato ad Alessandria d’Egitto in un’importante famiglia
italiana di origini ebraiche. Collaboratore di Giulio Einaudi nella sua
avventura editoriale, docente all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica
di Roma, musicologo, critico e consulente musicale, autore e conduttore
radiofonico per la RAI, scrittore e molto altro ancora. Abbiamo chiesto
a Paolo Terni di affrontare ... alcuni aspetti del suo
rapporto con la musica, l’attitudine all’ascolto musicale e la singolare
funzione che la fuga può avere non solo in ambito musicale ma anche
filosofico ed intellettuale. L’intervista si conclude con un personale
ed affascinante ricordo dell’infanzia trascorsa in Egitto, in
un’Alessandria allora raffinata capitale culturale di un Medio Oriente
cosmopolita, non dimenticando alcune importanti figure familiari come il
nonno, il compositore Enrico Terni, e la nonna d’adozione, la
scrittrice vincitrice del premio Strega, Fausta Terni Cialente.
Cos’è per lei la musica?
La musica è per me la vita: da quando ho incominciato a pensare ho
tentato di capirne ragioni e modalità… Della musica, della sua natura e
identità, degli enigmi e misteri di cui è pervasa ho formulato ovunque –
nei miei interventi e nei miei scritti – alcuni tentativi di risposta,
particolarmente per quanto riguarda il grande tema dell’ascolto: una
scorsa alla mia bibliografia ne può in parte fornire testimonianza per
esempio nelle mie due ultime due pubblicazioni, “Il respiro della
musica” e “La melodia nascosta”, entrambe edite da Bompiani.
Quando è nata la sua passione per la musica?
Posso dire che sia stata una passione “innata” e ho più volte ragionato
sulle mie reazioni al mio primo ascolto consapevole in concerto. Vi era
comunque in famiglia un grande rispetto per il fenomeno musicale ed i
miei genitori hanno sempre reagito con affetto e attenzione all’apparire
dei primi sintomi del mio amore per la musica, incoraggiandomi a
studiarla: così, per alcuni anni, ho praticato il violino, il pianoforte
e l’organo, formandomi alla Musica e al suo linguaggio anche nel
magnifico Conservatoire de Musique d’Alexandrie diretto dal Maestro
Piero Guarino. Inoltre andavo a tutti i concerti, spesso partecipando
alla loro organizzazione, da volontario (talvolta anche da recensore
sulla stampa locale!) e disponevo di un gran numero di registrazioni che
ascoltavo continuamente (ho sempre avuto una gran memoria musicale!)…
Quanto ha influito sulla sua formazione avere avuto un nonno compositore?
Mio nonno compositore era ovviamente persona con cui passavo molto tempo
in conversazione ad ascoltare i suoi pensieri, ma anche mia nonna
materna era un’appassionata di opera lirica in quanto, da giovane, aveva
praticato il canto. E poi avevo amici musicisti con cui si parlava
molto di musica, condividendo anche studi ed esercitazioni…
Lei ha scritto che l’ascolto di una fuga in musica ci pone in
allarme, ci suscita emozioni metafisiche, quasi religiose. La fuga in
musica può dunque essere frutto e causa di sublime inquietudine?
Tutta la musica ci pone di fronte alle grandi questioni filosofiche,
esistenziali, intorno alla vita e alla morte, al metafisico e al
trascendentale, alla natura dell’universo, al senso della religione…e
sono questioni ove si vive più inquietudine che certezze! La fuga mi
pare un modo di dominare l’inquietudine ipotizzando un metodo che la
controlli e la risolva riorientandola mediante una sorta di terapia
della speranza, della persistenza, della sopravvivenza…
Cosa significa essere nato ad Alessandria d’Egitto nella prima metà del
Novecento, quando era una raffinata città cosmopolita del Mediterraneo?
Ritengo un massimo privilegio l’aver vissuto in Alessandria in un’epoca
ove era ancora ricolma del suo antico splendore. Ho goduto innanzitutto
del privilegio di partecipare alla vita di comunità linguistiche e
culturali tra loro diversissime ma capaci di coesistere in armonia ed
alimentandosi reciprocamente senza alcuna forma di razzismo e
incomprensione. In famiglia parlavo l’italiano ma, rispetto all’Italia
di allora, sapevo perfettamente che i miei – di origine mazziniana – non
ne condividevano affatto l’ideologia fascista. Mio nonno paterno militò
per i repubblicani nella guerra civile spagnola, la mia nonna
d’acquisto – la scrittrice Fausta Terni Cialente – è stata un
personaggio ben noto della lotta contro il fascismo. Per la chiusura
delle locali scuole italiane a causa dello stato di guerra, sono stato
iscritto al Lycée Français d’Alexandrie ove ho vissuto con gioia e
passione tutto quanto mi proveniva – mediante un corpo docente di
grandissima raffinatezza e competenza – dalla grande cultura francese,
specialmente in ambito letterario e filosofico. Ho conseguito il
Baccalauréat con la votazione più alta tra tutti i diplomandi dei Licei
francesi del Medioriente ed ero orgogliosissimo della proposta che
allora mi fu fatta di garantirmi un percorso successivo di studi in
Francia… Ma la vita mi condusse a ridefinire la mia pertinenza alla
cultura e alla vita italiane, riallacciandomi all’Italia ove mi
trasferii diciottenne, piuttosto sorpreso, anzi sgomento, di fronte alle
passioni dei miei coetanei all’Università di Roma ove i più diffusi
argomenti di conversazione erano il calcio e le fattezze di Gina
Lollobrigida… Altro privilegio della vita alessandrina fu la
frequentazione di famiglie e coetanei di lingua e cultura anglo-sassone,
il vedere molti film in inglese, il parlare e conoscere quindi una
terza, fondamentale, lingua di cui appresi ad apprezzare i massimi
capolavori letterari, teatrali e musicali, a partire da Shakespeare,
dall’ascolto quotidiano della locale Egyptian State Broadcasting
(E.S.B.) in lingua inglese, dal partecipare, nelle loro case, ai loro
usi e costumi, anche alimentari… ma fondamentale è stata la convivenza
con la popolazione egiziana, i suoi bellissimi usi e costumi, la lingua
araba – che ho studiato a scuola – la rispettosa partecipazione al
codice morale e culturale della religione musulmana che, accanto alla
cattolica e all’ebraica, si sono reciprocamente alimentate,
arricchendosi, nel mio personale percorso spirituale…E lì era
popolosissima la colonia greca ed ho sofferto il profondo disagio di
chi, ingiustamente, da italiano, doveva subire l’onta di figurare come
aggressore nei confronti di una delle più importanti culture del Mediterraneo…
Cosa pensa di quel che è accaduto in Egitto negli ultimi due anni?
Su quanto stia accadendo in Egitto negli ultimi anni posso solo
aggiungere che, a partire da Neguib e poi Nasser fino a Mubarak la mia
famiglia ed io stesso abbiamo alquanto sofferto nell’assistere
all’incompatibilità crescente tra rivoluzione e tradizioni di operosa e
affettuosa inter-culturalità, un tempo patrimonio genuino della civiltà
araba e alessandrina in particolare… E il morbo dell’integralismo mi
sembra abbia definitivamente eroso quel monumento alla dignità e al
reciproco, mutuo, rispetto che era stato il Medioriente della mia
infanzia… Se penso che, allora, molti raggiungevano l’Italia da
Alessandria con un comodo servizio ferroviario che, negli stessi tempi
della navigazione marittima, percorreva tranquillamente Palestina,
Libano, Siria e Turchia...
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